Manhunt è una miniserie drammatica, distribuita in Italia da Netflix, che in otto puntate racconta la caccia ad Unabomber e del lavoro fatto da alcuni agenti dell’FBI per scoprire la sua reale identità , ecco la nostra recensione
TITOLO: Manhunt: Unabomber. GENERE: Dramatico. NAZIONE: USA. CAST: Paul Bettany, Jane Lynch, Sam Worthington, Katja Herbers, Chris Noth, Michael Nouri e BrÃan F. O’Byrne. REGIA: Greg Yaitanes. DURATA: 8 episodi, 42′ ciascuno. USCITA: agosto 2017.
Manhunt: Unabomber, una miniserie di alto livello | Recensione
Manhunt è una miniserie composta da otto episodi che racconta, romanzandola, la storia della caccia ad Unabomber nel 1996, dopo vent’anni di terrore. La serie riesce immediatamente a catturare l’attenzione grazie alla scelta di un cast di alto livello, il personaggio di Unabomber è infatti ricoperto da Paul Bettany, mentre il ruolo dell’agente che lo catturò è stato affidato a Sam Worthington. Il punto di vista con cui è affrontata la caccia al criminale è quello dell’agente Jim Fitzgerald detto “Fitz”. La sceneggiatura risulta scorrevole, ma senza picchi degni di riguardo; l’aspetto tecnico che invece salta subito all’occhio è lo stile registico di Greg Yaitanes che permette allo spettatore di rimanere sempre all’erta, ricreando la sensazione di pericolo vissuta durante quegli anni.
Il regista stesso ha dichiarato:
Una figura che mi ha ossessionato a lungo. Aveva il potere di entrare metaforicamente in casa tua ogni volta che suonava il campanello della posta.
Manhunt: Unabomber, un trailer al cardiopalma
Manhunt: Unabomber, la sinossi
 Jim è un profiler molto dotato che viene ingaggiato da una squadra speciale che lavora per l’identificazione e la cattura di Unabomber. L’agente ovviamente verrà ostacolato dai suoi superiori in quando promotore di un metodo non certificato per rintracciarlo, Jim infatti vuole identificarlo attraverso la linguistica utilizzata da Unabomber nelle sue lettere e nel suo celebre manifesto. Il punto di vista dell’intera storia è quello dell’agente e vengono portati alla luce anche dettagli della sua vita privata, in pieno stile serie crime statunitense, una moglie insoddisfatta dal continuo lavoro del marito, la paura del governo e molti altri particolari di contorno.
Manhunt: Unabomber, la caccia al genio criminale | Recensione
La serie distribuita da Netflix è da guardare tutta d’un fiato, avvincente, ben strutturata e con interpreti di alto livello. L’intento della serie al di là del voler raccontare la caccia, vuole entrare nella mente di Ted Kaczynski, vero nome di Unabomber. Tutto viene costruito come a creare un parallelo, talvolta inquietante, fra la brillante mente di Ted e le intuizioni di Jim. Jim ammette più volte di ammirare Unabomber, per le sue idee e per come le espone senza timore del giudizio altrui. La storia si evolve in modo da portare lo spettatore a provare qualcosa di simile all’empatia per il famigerato criminale. Le musiche portano ad un’immersione totale nella serie, quasi ipnotiche. Anche il montaggio contribuisce a creare un ritmo incalzante che non permette di rilassarsi nemmeno un secondo.
Manhunt: Unabomber, il lupo non così solitario | Recensione
Quello che alla fine della visione della serie emerge è che Unabomber per quanto emarginato sia stato descritto, non è mai stato realmente solo. Ha sempre cercato conferme e appoggi da chi aveva intorno per sentirsi meno solo, ciò che lo ha portato ad agire in modo folle è criminale è il risultato di un trattamento riservatogli negli anni dell’università affrontati troppo presto, grazie alla sua incredibile intelligenza. La serie non punta a condannare un folle, ma a creare una sorta di collegamento impercettibile fra coloro che gli hanno dato la caccia e lui, rendendo evidente che l’alienazione di Ted non era poi tanto diversa da quella raggiunta da Jim durante e dopo le indagini.Â
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Punti a favore
- Regia
- Musiche
- Paul Bettany
- Punto di vista innovativo
Punti a sfavore
- Sceneggiatura un po' troppo lineare
- Fotografia non d'impatto
- Puntate lunghe
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