L‘ultima prova da regista di Terry Gilliam è il compimento di un progetto iniziato quasi trent’anni fa: il risultato è L’uomo che uccise Don Chisciotte, un film per molti versi unico che costantemente gioca sul confine tra il miraggio e la realtà
TITOLO ORIGINALE: The Man Who Killed Don Quixote. GENERE: Avventura/Fantasy/Commedia. NAZIONE: Regno Unito, Spagna, Francia, Portogallo. REGIA: Terry Gilliam. CAST: Adam Driver, Jonathan Pryce, Stellan Skarsgård, Olga Kurylenko, Joana Ribeiro, Jordi Mollà, Óscar Jaenada. DURATA: 132 min. DISTRIBUTORE: M2 Pictures. USCITA CINEMA: 27/09/2018.
Toby (Adam Driver) è un regista pubblicitario insensibile, arrogante e sessuomane, l’ombra dello studente di cinema avido di avventure che era diversi anni prima. Il tempo ha corrotto il suo talento e ora si ritrova a girare squallidi spot col solo obiettivo di intascare quanto più denaro possibile. Un giorno, mentre lavora ad un soggetto legato a Don Chisciotte su un set spagnolo, viene avvicinato da un gitano (Óscar Jaenada) che gli vende un DVD pirata: in questo è riprodotto il progetto di laurea di Toby (intitolato, appunto, L’uomo che uccise Don Chisciotte), una pellicola girata in un paesino poco distante.
Questo evento casuale porta Toby a confrontarsi con il suo passato, e con gli effetti che il suo cinismo ha avuto sulle vite delle persone che gli sono passate vicino. A cominciare dall’anziano calzolaio (Jonathan Pryce) che, improvvisandosi attore, interpretava Don Chisciotte nella sua opera giovanile e che, dopo il film, è diventato completamente pazzo ed è convinto di essere il vero cavaliere seicentesco. Il vecchio sognatore scambia Toby per Sancho, suo fedele scudiero, e lo trascina in giro tra mille pericoli alla ricerca dell’amata Dulcinea.
Terry Gilliam utilizza l’espediente del viaggio farsesco per affrontare con leggerezza le spinose conseguenze delle scelte (moralmente discutibili) di Toby. L’uomo che uccise Don Chisciotte è un prodotto sospeso tra la commedia e il dramma, in cui le sfortunate gesta del cavaliere dalla triste figura fanno da sfondo al percorso di redenzione di un artista che per troppo tempo è fuggito dalle proprie responsabilità.
L’uomo che uccise Don Chisciotte: l’avventura di una vita | Recensione
Se è vero che un persona è la somma di tutte le sue disavventure, lo stesso si può dire per questo film. In effetti, L’uomo che uccise Don Chisciotte non si potrebbe capire pienamente senza conoscere le vicissitudini che ne hanno influenzato l’uscita.
Terry Gilliam lesse il celebre testo di Miguel de Cervantes nel 1989 e fu subito affascinato dall’idea di portarlo sul grande schermo. Il progetto partì, ma presto il regista si rese conto dell’impossibilità di trasporre plasticamente il romanzo. Si prese così una diversa direzione: il nuovo progetto si intitola Lost in La Mancha e parla di un giovane regista di spot pubblicitari che, come nel twainiano Un americano alla corte di re Artù, viene scaraventato indietro nel tempo e scambiato per Don Chisciotte. Tra i problemi di salute del protagonista e un nubifragio che spazzò via buona parte del set, il film non si fece. La storia fu talmente singolare da dar vita a un documentario.
Tutto lasciava presagire che si sarebbe ripetuta la sfortunata vicenda del Don Chisciotte ideato da Orson Wells, film che rimase incompiuto alla morte del regista americano. Probabilmente qualsiasi persona ragionevole si sarebbe fermata, ma Terry Gilliam ha creduto nell’irragionevolezza, nella follia trasmessagli da Don Chisciotte (che, ammette il regista, “è un personaggio pericoloso: diventi un sognatore come lui e non riesci a smettere di sognare fino alla morte”). Così, dopo venticinque anni a “fare e a disfare” (come si confessa nei titoli di testa), vede la luce L’uomo che uccise Don Chisciotte. Un film che, ironicamente, mette in scena il viaggio funambolico di un sognatore.
L’uomo che uccise Don Chisciotte: un Jonathan Pryce impagabile | Recensione
Nel bene e nel male, il film è frutto di anni di disavventure: possiamo dire con sicurezza che il risultato non sarebbe stato lo stesso venticinque anni fa, perché non sarebbero state le stesse le persone che hanno dato vita al film. In primis Terry Gilliam che, con encomiabile maturità di previsione sull’imprevedibile fattore umano, ha azzeccato in pieno la scelta dell’improbabile duo di protagonisti.
Da una parte c’è Adam Driver, assunto d’istinto dopo un incontro casuale in un pub. Il regista rimase colpito dal fatto che l’attore “non aveva l’aspetto di una star, né, a dirla tutta di un attore”. In effetti Driver è entrato perfettamente nelle diverse personalità che gli è stato chiesto di approfondire nel film, rappresentando in modo genuino e credibile l’evoluzione del suo personaggio.
Dall’altra parte c’è Jonathan Pryce, il vero fiore all’occhiello di L’uomo che uccise Don Chisciotte. La scelta in questo caso è stata più ragionata, considerando che (come ammesso da Terry Gilliam in occasione dell’anteprima italiana del film) l’attore volle fortemente la parte del cavaliere per 15 anni. Il risultato dell’attesa è una performance in cui si è riversata ogni esperienza di recitazione ad altissimi livelli: la personificazione di un cavaliere pazzo è talmente verosimile che sembra di poterlo incontrare su una strada di campagna, in carne ed ossa e in sella al suo Ronzinante.
Al di là della bravura dei protagonisti, comunque, l’impressione è che nessun attore che compare nel film sia fuori posto. E buona parte del merito sembra potersi attribuire al regista.
L’uomo che uccise Don Chisciotte: la folle impresa di Terry Gilliam | Recensione
Il film, in una parola, è Terry Gilliam. Un’artista che, invecchiando, non è diventato ragionevole e noioso come Sancho Panza, bensì un sognatore come Don Chisciotte. L’ex Monty Python si diverte e fa divertire svelando le farsesche avventure dei protagonisti e accompagnando lo spettatore in coinvolgenti atmosfere oniriche.
L’uomo che uccise Don Chisciotte è però anche un gioco serio. Quello che interessa a Gilliam non è rifugiarsi nella fantasia, ma raccontare il conflitto tra quest’ultima e la realtà: una dualità che è universale. Si finisce con il parlare dell’ipocrisia del cinema moderno, esageratamente legato ai profitti, e degli uomini che trattano le donne come oggetti di proprietà.
Nel suo complesso il film è un caos visivo e narrativo, ricco di buone intenzioni e con qualche momento efficace e appassionante. Difficile dire se sia geniale o sconclusionato. Difficile tenere il filo della trama, che peraltro sembra arenarsi nel finale, appesantita dall’invadente presenza di una storia d’amore con tutti i crismi della favola.
Sta di fatto che L’uomo che uccise Don Chisciotte non è un film di pura fantasia. Ironicamente Terry Gilliam giustifica questo dato con la mancanza di un budget come quello degli Avengers, che potesse permetterlo. In verità si tratta di una scelta di un regista consapevole della limitatezza di una storia unidimensionale.
L’uomo che uccise Don Chisciotte, piuttosto, gioca nel campo del sogno, ma affonda radici anche nella realtà. In sintesi è la realizzazione di un sogno, proprio come lo è stato per Terry Gilliam.
Punti a favore
- Il cast, al posto giusto e nel momento giusto
- Il percorso di produzione, fra i più lunghi e tortuosi della storia del cinema
- Terry Gilliam, e la sua stoffa da Monty Python
Punti a sfavore
- La trama, eccessivamente difficile da seguire
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