Se avete giocato The Last Guardian avrete intuito il motivo per il quale il gioco non è stato rilasciato su PlayStation di terza generazione. I vasti (quasi immensi) paesaggi, la mole di poligoni a schermo e l’intelligenza artificiale che guidava Tryco, non erano lavoro per una povera PlayStation 3. La povera che in tutta probabilità si sarebbe fusa nel tentativo di far girare il gioco. Vi presento 5 limiti tecnici delle console diventati iconici!
Ho citato The Last Guardian, ma non per tutti i videogiochi i limiti tecnici delle console sono stati un “brutto affare”. Alcuni sviluppatori sono riusciti a eludere i limiti imposti dall’hardware con stratagemmi diventati poi parte fondamentale dell’ambientazione o addirittura dell’atmosfera e del gameplay. Vediamo 5 videogiochi che hanno fatto di necessita virtù!
Non si può parlare di limiti tecnici “scavalcati” senza menzionare Silent Hill e la nebbia che ha reso celebre il gioco
Silent Hill è diventato celebre per la sua ambientazione. Per il suo stile horror inconfondibile e per l’angoscia che pervadeva i giocatori che si addentravano nella città fantasma.
Un gioco squisitamente angosciante che ha fatto scuola nel mondo dei survival horror è diventato iconico per una peculiarità che è diventata poi insostituibile. Ovviamente sto parlando della fitta nebbia che pervade tutta la città fantasma. Tutti i giocatori che hanno almeno una volta provato questo videogioco sanno a cosa mi sto riferendo. Ma probabilmente non tutti sanno che la stessa nebbia che donava un tocco di mistero e di angoscia in più al titolo è stata aggiunta solamente a gioco finito. Il titolo non era stato concepito con quella foschia che però è stata aggiunta successivamente per nascondere i limiti tecnici della prima famosissima PlayStation. La console di casa Sony non riusciva a caricare per tempo tutti i dettagli della mappa di gioco, mostrando sgradevoli pop-up delle texture che si caricavano in notevole ritardo. Creando davvero un brutto effetto. Per ovviare al problema delle texture e per evitare di vedere palazzi, alberi e panchine caricarsi solamente mentre il giocatore gli si avvicinava, il buon Keiichiro Toyama (designer del gioco) pensò bene di inserire questa fitta nebbia che, oltre a limitare i problemi visivi, diventò un vero e proprio marchio di riconoscimento del gioco.
Un altro videogioco horror con limiti tecnici superati brillantemente è sicuramente Resident Evil 2
Continuiamo con un altro gioco horror che ha dovuto fare di necessità virtù. In Resident Evil 2 sono un paio i limiti tecnici aggirati e in seguito diventati famosi. Il primo è la gestione della telecamera. In principio il videogioco era stato pensato per offrire una telecamera sempre alle spalle del giocatore, in modo da offrire il massimo risultato nei momenti più angoscianti e frenetici. Purtroppo (o per fortuna) gestire una telecamera alle spalle del giocatore era impossibile su una console così poco potente. Infatti, a detta dello stesso Shinji Mikami (art director del gioco), la telecamera continuava a “impazzire” ogni volta che si doveva svoltare un angolo della casa o della mappa di gioco. Di conseguenza si è optato per una serie di telecamere fisse che in seguito si è scoperto offrire un senso di angoscia maggiore nel giocatore, che non sapeva mai cosa aspettarsi una volta svoltato l’angolo.
Il secondo ostacolo che si è presentato alla coppia Shinji Mihami/Hideki Kamiya veniva rappresentato dai continui caricamenti che spezzavano il ritmo di gioco. Per ovviare al problema della transizione da una parte all’altra della mappa (o meglio anche solo fra una stanza e l’altra) si è ben pensato di inserire dei “micro-caricamenti” mascherati sotto le celebri lente aperture delle porte. In questo modo oltre a non spezzare il ritmo di gioco si dava la possibilità alla console di caricare in tutta tranquillità la porzione successiva di mappa, oltre a instillare un senso di angoscia ancora maggiore nel giocatore che non sapeva cosa l’attendesse una volta varcata la soglia.
Il celebre “picchia-duro” Street Fighter, durante la sua lunghissima e onorata carriera, ha avuto bisogno di qualche trucco per andare avanti
Se dico Street Fighter sicuramente al 90% di voi verrà in mente un videogioco usato anche a livello competitivo per “menare le mani” e altrettanto ovviamente penserete al suo inconfondibile stile grafico con colori accesi. Il tutto rigorosamente in due dimensioni.
Ma non è stato sempre così. Infatti c’è stato un capitolo di Street Fighter che ha riscontrato più fischi che applausi, realizzato interemanete in tre dimensioni. Il capitolo ormai dimenticato e ripudiato da Capcom stessa non ha avuto un buon riscontro. Per molti dei giocatori il problema è da ricercare nel cambio del sistema di gioco da bidimensionale a tridimensionale, ma in realtà non è così!
Il videogioco uscito per PlayStation 3, Xbox 360 e Nintendo 3DS, aveva un unico comune denominatore: un frame rate imbarazzante su tutte e tre le console causato dalla scarsa potenza di calcolo dell’hardware in dotazione. Accolto con grande calore dei fan e subito dopo “ucciso” da critica e pubblico, il gioco comportava dei cali di frame che costringevano spesso i giocatori ad abbandonare le sessioni di gioco. Un titolo, dove la velocità è tutto e dove ogni frame è fondamentale per interrompere una combo o parare una attacco, era diventato impossibile da giocare. Dopo questa brutta caduta Capcom ha deciso di tornare in fretta e furia a fare videogiochi bidimensionali (ovviamente per la serie citata) che ancora adesso piacciono molto. Ma in tutta probabilità se Street fighter non avesse riscontrato questo problema staremmo giocando in tre dimensioni. Insomma tutto bene quello che finisce bene.
Tornando a tempi recenti, non si può evitare di citare un aggiramento dei limiti tecnici delle console riguardante Deus Ex Mankind Divided
Uno dei limiti tecnici citato già un paio di volte in questo articolo è la “rottura” della continuità di gioco che si viene a creare durante i caricamenti della mappa.
In Deus Ex Mankind Divided è stato creato uno stratagemma molto intelligente per far sì che il giocatore si sposti da una parte all’altra della città senza mai interrompere il gioco. La mappa di gioco in questo titolo è molto estesa e più di una volta (in realtà molto spesso) si è obbligati a spostarsi da una parte di città all’altra. Ad esempio se si vogliono completare le sub-quest spesso bisognerà seguire degli indizi per arrivare a compimento dell’indagine, e questo porta a doversi spostare di continuo. Invece di interrompere il gioco, e magari inserire qualche screen con consigli più inutili che interessanti, è stato pensato bene di far percorrere il tragitto al buon Adam Jensen in metropolitana. Così facendo ogni volta che ci si dovrà spostare partirà una breve cut-schene che ci vedrà salire sulla carrozza passeggeri e guardarci intorno o ancora ad essere guardati con paura o sospetto da chi condivide con noi il tragitto. Tutto in linea con la trama del gioco.
Inoltre avanzando nel gioco (per un motivo che non vi spiegherò per evitare spoiler sulla trama) non si potrà più utilizzare il servizio pubblico e vedremo Adam cimentarsi in una bella passeggiata fra i binari in disuso. Probabilmente questo stratagemma non è al pari degli altri ma, sinceramente, lo ho apprezzato ugualmente.
Per concludere questa carrellata di limiti tecnici aggirati non potevamo non citare il mitico Dark Souls
C’è chi lo ama e c’è chi lo odia, ma rimane certo il fatto che Dark Souls abbia le idee chiare su come aggirare i limiti tecnici delle console.
Ci risiamo. Caricamenti che possono interrompere l’enfasi della battaglia, interruzioni che possono infastidire i giocatori alle prese con nemici mortali. D’altronde se la console non ha la potenza necessaria per caricare la Boss-Fight senza interrompere il gioco oppure non riesce a caricare per tempo la prossima area di gioco o la prossima cut-schene bisogna trovare un escamotage. Allora ecco che si presentano porte che per essere aperte necessitano di uno sforzo inumano e Boss che per essere uccisi ci costringono ad attraversare coltri di nebbia che neanche a colpi di ascia si diradano.
L’apertura di un portone in Dark Souls è qualcosa di mistico. Sistema talvolta preso in giro dai giocatori, che si chiedono come facciano le creature più minute del gioco a varcare la soglia di navate colossali che perfino noi guerrieri senza tempo spingiamo a fatica. Questa è in realtà una trovata geniale per nascondere qualche secondo di preparazione delle texture non ancora caricatesi del tutto, senza infastidire (anzi dando profondità al gioco) si riesce a caricare la porzione di videogioco mancante. Esattamente come succede per le porte, anche per la coltre di nebbia che precede un combattimento (spesso mortale) si richiede al campione non morto di attraversare la nebbia con un valore senza pari. Di conseguenza come per gli altri aggiramenti tecnici non è importante il caricamento mascherato o il limite aggirato, importa solo che quel dato aggiramento sia diventato una peculiarità. Un segno distintivo della produzione stessa.
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