Finalmente abbiamo messo le mani sul porting per Nintendo Switch di Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, indie d’esordio del team Prideful Sloth, che di “prideful” però (ahimè) ha ben poco. Scopriamolo in questa recensione
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles (che da ora in poi chiameremo soltanto Yonder), è un videogioco indie sviluppato dal team Prideful Sloth, uscito nel corso del 2017 per PlayStation 4 e Microsoft Windows, e solo di recente approdato su Nintendo Switch. Nonostante l’impatto visivo sia particolarmente d’effetto, e alcune scelte stilistiche siano interessanti quanto azzeccate, Yonder soffre di alcune problematiche di fondo che rendono l’esperienza godibile solo fino ad un certo punto. Ma andiamo per gradi.
Benvenuti a Gemea – Recensione Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
La storia di Yonder racconta di un giovane che, in seguito ad una tempesta, naufraga sulle spiagge di Gemea. Questa bellissima terra è contaminata dal Miasma, una nube tossica conseguenza del male che colpì Gemea anni prima. Lo scopo principale del nostro prescelto, quindi, è quello di debellare il Miasma tramite l’aiuto di alcuni spiritelli (che ricordano vagamente la fatina Navi in Legend of Zelda), per riportare la pace su Gemea. Oltre alla storia principale, il mondo di gioco è completamente esplorabile e disseminato di quest secondarie attivabili tramite gli abitanti di Gemea.
L’impatto visivo (il motore grafico è lo stesso di Breath of the Wild) e la cura nei dettagli del mondo di gioco sono sicuramente i punti di forza di Yonder, mettendo da subito in chiaro il fatto che il team non mira tanto ad intrattenere col gameplay in sè (totalmente assente la componente action), quanto con l’esplorazione. La fauna è curata, i materiali da raccogliere non sono moltissimi ma sono ben distribuiti nello spazio, e la variazione giorno-notte dinamica (collegata ai rispettivi cambi di scenario) rende il tutto molto armonioso.
https://www.youtube.com/watch?v=aaEJwsjS5JQ
E nel tempo libero? – Recensione Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
Come detto in precedenza, il team di Prideful Sloth mette da subito in chiaro il fatto che Yonder non punta tutto sulla storyline principale ma, anzi, tende ad occupare il giocatore con una marea di attività secondarie. Oltre all’esplorazione, i personaggi secondari del mondo di gioco sono sempre pronti ad affidare al nostro eroe qualche compito in cambio di ricompense (classico clichè RPG), obbligandoci anche a spostarci da una regione all’altra di Gemea.
Aldilà del ricercare o trasportare materiali, craftare e parlare con i vari abitanti, ci troveremo spesso impegnati a pescare, trovare tutti gli spiritelli nascosti e saremo impegnati nello sviluppo della nostra fattoria. Probabilmente è proprio quest’ultima l’attività più carina, che terrà il giocatore impegnato con il sistema di azione/ricompensa più bilanciato e appagante del gioco. Costruire mangiatoie per gli animali, recinti e coltivare piante, sono solo alcune delle attività svolgibili per la nostra fattoria, automatizzando oltretutto molte delle mansioni più noiose, assegnabili ai vari (altrimenti inutili) cittadini.
Ma allora qual è il problema? – Recensione Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
Se Yonder trova il suo punto di forza nell’esplorazione, nelle scelte stilistiche e nel fattore “relax”, il gameplay lascia un po a desiderare. Qui sorgono i primi problemi del gioco; innanzitutto, la totale assenza di una componente action rende la storia principale scialba e leggermente monotona, dal momento che le quest principali consistono esclusivamente nel recuperare materie prime da trasportare tra le varie regioni, parlare o svolgere compiti assegnati da personaggi secondari, o addirittura aspettare che passino un tot. di giorni “virtuali” per completare la missione.
Le attività secondarie sono anch’esse abbastanza monotone e dopo qualche ora di pura esplorazione, intermezzata da qualche missione secondaria, ci si inizia ad annoiare. Inoltre, il ristretto spazio dell’inventario contribuisce a rendere lo svolgimento dei compiti assegnati particolarmente problematico. Spesso capita di trovare materiali utili (che ci serviranno in seguito) e doverli lasciare per far spazio a ciò che serve per la quest in corso, rendendo il gameplay decisamente macchinoso.
Oltre al passatempo offerto dalle attività della fattoria, e dalla componente crafting-baratto dei materiali, mista all’esplorazione, il gioco tende a stancare presto e di conseguenza completare anche la storyline principale diventa faticoso. Infine, nonostante il mondo sia bellissimo e visivamente d’impatto, e la fauna sia abbastanza curata, la caratterizzazione dei personaggi è stata curata davvero poco (sembrano tutti avatar Mii), e risultano tutti molto simili tra loro.
Alcune texture ogni tanto risultano leggermente slavate e ogni tanto capita di incappare in leggerissimi drop di FPS, che però non intaccano più di tanto il risultato scenico finale. Anche il comparto audio non spicca particolarmente; i dialoghi sono praticamente inesistenti (i personaggi – Mii quando interpellati emettono solo dei versi, aiutati dai sottotitoli), e a parte un main theme simpatico ed orecchiabile, il sound design è abbastanza coerente con l’ambiente di gioco senza però spiccare per originalità.
Riepilogando – Recensione Yonder: The Cloud Catcher Chronicles
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles è un titolo fresco, interessante per alcune scelte, ma troppo penalizzato dalle mancanze. La volontà di somigliare a “The Legend of Zelda: Breath of the Wild” nella componente esplorativa, senza però la sua caratteristica componente action, rende il tutto macchinoso, scialbo e inconsistente. Come ripetuto più volte, oltre al passatempo offerto dalla fattoria e dall’esplorazione di un mondo di gioco decisamente curato, Yonder non offre un intrattenimento che giustifichi il prezzo di listino, portando l’utenza a virare su qualcosa di più allettante.
In sintesi, Yonder è il titolo perfetto per chi vuole staccare dalla monotonia delle mazzate, per dedicarsi all’esplorazione più innocente e spensierata senza troppi fronzoli, stancando però dopo solo qualche ora di gioco.
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