Un soulsike con visuale isometrica che fatica a catturare il giocatore. Scopriamo perché con la recensione di Morbid: The Seven Acolytes
Il filone dei soulslike è ormai uno dei più diffusi, e più amati, degli ultimi anni nell’industria videoludica. Questo sottogenere è apprezzatissimo sia dalla critica che dal pubblico e lo fa con delle meccaniche che si sono radicate sempre di più in questo tipo di produzioni. Da Demon’s Souls (che molti giocatori stanno riscoprendo oggi su PS5, qui la nostra recensione) a Salt and Sanctuary, fino a Morbid: The Seven Acolytes; tutti giochi che declinano il soulslike in un modo differente. Andiamo allora ad analizzare quest’ultimo che, purtroppo, non ci ha convinto fino in fondo.
Una prospettiva diversa
Morbid: The Seven Acolytes unisce le meccaniche tipiche dei soulslike con la visuale isometrica, tanto cara ai giocatori più navigati. Un’idea senza dubbio vincente a nostro modo di vedere, in particolare quando si vanno a riprendere meccaniche che fin troppo spesso sono ignorate da altri “colleghi” che si fregiano di questa etichetta (che va ormai molto di moda). Nel caso in questione la componente GDR viene messa da parte: ci si limita alle statistiche delle armi e all’inserimento bonus passivi attraverso l’esperienza accumulata. Quest’ultima non si perde subendo una sconfitta, cosa che vi potreste aspettare da un titolo di questo genere.
Allora perché ci ostiniamo a chiamare Morbid: The Seven Acolydes un soulslike? Il motivo è nel suo tentativo di restituire una narrazione silenziosa. Una storia in grado di raccontare le vicende passate e presenti attraverso l’uso dell’ambiente e delle descrizioni presenti in tutti gli oggetti. Queste pongono le fondamenta allo sviluppo di una lore che vuole essere coinvolgente, anche grazie all’affascinante estetica del setting proposto. L’obiettivo però è riuscito solo a metà: se la lore messa in piedi dai ragazzi di Still Running è interessante, il resto della narrativa è impalpabile e si fa spesso fatica a capire quali sono le motivazioni che portano il giocatore a compiere certe azioni.
Il terrore cosmico – Recensione Morbid: The Seven Acolytes
Passiamo ad uno dei pregi della produzione: l’ambientazione. Come detto poco sopra, il mondo di gioco è convincente nel suo essere così dannatamente Lovecraftiano. I rimandi sono evidenti, ma al contempo Morbid: The Seven Acolydes riesce a sviluppare un’identità estetica propria. Una piaga ha corrotto il mondo, ormai alla rovina, e tutte le creature che lo popolano. Ogni anfratto trasuda orrore attraverso la sua pixel art, mentre i paesaggi, senza più un briciolo di vita, restituiscono solamente morte e desolazione.
Laddove il giocatore ha piacere nell’ammirare la mappa, lo stesso non può dire della navigazione all’interno di essa. Il level design è piuttosto confusionario e capiterà più volte non solo di non sapere dove andare, ma anche di non riuscire a distinguere una via dall’altra. Le singole aree presentano poche variazioni, mettendo a dura prova anche i giocatori con grande senso dell’orientamento. La conformazione della mappa non riesce a fornire l’indicazione, che diventa necessaria nel momento in cui non ne è presente una più esplicita.
I tempi sbagliati – Recensione Morbid: The Seven Acolytes
Proseguiamo la recensione di Morbid: The Seven Acolytes con ciò che ci ha deluso di più del gioco. Il protagonista ha a disposizione un attacco leggero, uno pesante ed una schivata, oltre ad un attacco a distanza con un’arma da fuoco. La legnosità dei comandi influenza pesantemente la riuscita del combat system, che appare da subito frustrante e di difficile gestione. Le finestre lasciate dagli avversari sono brevi e la lentezza del protagonista eccessiva. Ogni animazione ha dei tempi di recupero troppo elevati, a meno che non si effettui una schivata. Di conseguenza l’attacco pesante è nettamente più utile di quello leggero e tutti i combattimenti, dai nemici comuni ai boss, si riducono ad un hit and run tedioso, con l’ulteriore accorgimento da fare riguardo il consumo della stamina.
Difficile non vuol dire complesso: il soulslike di Still Running risulta artificialmente difficile, nonostante abbia un gameplay tutto sommato basilare. I boss hanno pochi attacchi a loro disposizione e spesso sono difficili da leggere. Tutti questi fattori si sommano e rendono i combattimenti, che dovrebbero essere il punto forte dell’avventura, tediosi.
E tutto il resto? – Recensione Morbid: The Seven Acolytes
Tutto il resto è insospettabilmente scarno. Se la lore del gioco è minuziosamente raccontata, lo stesso non si può dire delle quest secondarie. Queste vengono date attraverso una o due linee di dialogo e segnalate in un menù che non fa nulla per aiutarci nella comprensione di cosa stia succedendo. Gli stessi menù sono difficili da utilizzare, fin troppo macchinosi sia nell’organizzazione che nella chiarezza. Per fare un esempio, il numero di rune da applicare alle armi si sovrappongono allo sprite della stessa e non si riesce a capire quanti potenziamenti si hanno a disposizione.
La colonna sonora è praticamente assente, limitata per la gran parte del tempo ad una melodia di sottofondo che, per quanto cupa e diegetica all’atmosfera, dopo poco diventa stucchevole. Qualche accortezza in più avrebbe aiutato ad aumentare gli stimoli per continuare la partita.
Persi e confusi
Riuscire a sviluppare un soulslike di qualità non è un impresa facile. L’impressione che si ha giocando Morbid: The Seven Acolytes è che gli sviluppatori abbiano tentato di riproporre un titolo in cui sentirsi dispersi, per poi scoprire pian piano cosa sta succedendo. Non basta però la semplice rimozione di indicazioni e di trama se non è accompagnata da un level design in grado di guidare silenziosamente il giocatore durante il gameplay.
Davvero un peccato, considerando che l’idea di fondo è potenzialmente interessante e l’atmosfera generale, come la lore, sono ben costruiti. Lo scrittore di Providence sarà fiero del lavoro fatto sull’ambientazione, ma un gioco di questo tipo necessità anche, e soprattutto, di un gameplay all’altezza. Ad affossare il giudizio finale ci pensa un combat system calibrato male nei tempi delle animazioni e legnoso nei comandi che rendono il tutto frustrante. Consigliamo il gioco solamente agli appassionati del genere, pronti ad soprassedere su una serie di scivoloni che non gli permettono di raggiungere la sufficienza.
Finisce qui la nostra recensione di Morbid: The Seven Acolytes. Il gioco è disponibile ora su PC, PS4, Xbox One e Nintendo Switch, con testi unicamente in inglese. Vi invitiamo a seguirci sulle pagine di tuttoteK per rimanere sempre aggiornati su tutte le novità dal mondo dei videogiochi e non solo!
Punti a favore
- Ambientazione affascinante
- Lore ben costruita
Punti a sfavore
- Comandi legnosi
- Combat system sbilanciato
- Spesso non si ha idea di cosa si stia facendo
- Menù abbozzati
Lascia un commento