Provate ad immaginare un dungeon crawler in cui i nemici che affrontate sono impiegati trasformati in zombie. Vi sembra folle? Pensate che un gioco così esiste già, si chiama Going Under e questa che leggete è la nostra recensione a riguardo
Quello di Going Under è un esperimento degno di nota. Il titolo offre uno spaccato dell’attuale situazione lavorativa di molti paesi (qualcosa che di per sé ha ben poco di divertente) e lo trasforma in materiale da dungeon crawler. Sì, in Going Under orde di impiegati e stagisti assetati di sangue vi si scaglieranno contro e dovrete fare appello a tutta la caffeina che avete in circolo per respingerli.
Abbiamo avuto modo di provare quest’insolita creatura su Nintendo Switch e siamo qui a riportarvi le nostre impressioni. Non indugiate oltre e preparatevi a scendere sempre più in basso con noi in questa recensione di Going Under!
Dungeon urbano
C’era una volta una piccola software house indipendente di Seattle. Aggro Crab, (questo il nome della software house) era stata fondata da Nick Kaman e Caelan Pollock, due giovani con alle spalle diverse esperienze di programmazione. I due avevano l’idea di trasformare in un gioco il loro passato fitto di militanze in startup di ogni sorta.
Seattle, la loro città natale, dal 2019 si trasformò nella mente dei due giovani in un grande dungeon selvaggio e opprimente. I due lo popolarono di personaggi nevrotici e caricaturali, controparti di tanti lavoratori esasperati. Fu così che nacque il progetto Going Under, un insolito titolo di esplorazione e sopravvivenza nutrito di satira pungente.
All’opera ha preso parte anche Team17 in qualità di publisher. Chi ricorda una certa serie videoludica intitolata Worms sa che questa software house ha una certa esperienza in fatto di titoli insoliti ma pieni di potenziale. Going Under ha debuttato su Nintendo Switch, PS4, Xbox One e Steam il 24 settembre. In questa recensione andremo a sviscerare la mefistofelica creatura di Aggro Crab a partire dalla sua componente narrativa.
Sorriso amaro – Recensione Going Under: satira interattiva
In Going Under sarete Jacqueline Fiasco, una stagista appena assunta nello sgangherato reparto marketing della Fizzle, l’azienda che produce l’omonima bibita dal gusto non meglio definito. La Fizzle, a sua volta, è stata appena acquisita dalla Cubicle, una sorta di multinazionale multimilionaria che non potrà non riportarvi alla mente la Megaditta Fantozziana.
Ben presto Jacqueline si accorgerà che il lavoro che dovrà svolgere nell’azienda ha poco a che fare con marketing e comunicazione e molto più col menare le mani. Già, perché i piani bassi della ditta (bassi in senso letterale), sono popolati dalle vecchie startup inglobate dalla Cubicle. Quest’ultima le ha ormai munte fino al prosciugamento come vere e proprie mucche.
Gli impiegati delle piccole startup semi-fallite, sotto l’influenza sfruttatrice della Cubicle si sono trasformati in zombie e creature demoniache. Jacqueline, totalmente incredula e contrariata viene spinta dal responsabile dell’ufficio, Marv, a ripulire i sotterranei dell’azienda dall’ingombrante presenza dei lavoratori infernali. La ragazza, mossa dalla paura di perdere l’impiego appena guadagnato e nella cieca speranza di svolgere tale mansione solo per i primi tempi, si avventura nei dungeon aziendali.
L’intreccio messo in scena da Aggro Crab, seppur semplice e lineare risulta convincente. Tra un dungeon e l’altro, la storia di Jacqueline fila in modo interessante e credibile (nella sua assurdità). La ragazza ha modo di approfondire il rapporto con gli altri colleghi dell’azienda. Questi sono tutti più o meno memorabili, ben costruiti e non tarderete ad affezionarvici. Aggro Crab, inoltre, ha riempito fino all’inverosimile le varie scene di scambi sarcastici, surreali, irriverenti e spesso decisamente esilaranti che vi strapperanno diversi sorrisi (di cui qualcuno amaro). Procediamo ora nella nostra recensione di Going Under con le considerazioni inerenti al gameplay.
Quando un uomo con la racchetta da ping pong incontra un uomo con la pistola ad acqua – Recensione Going Under: satira interattiva
Una volta schiuso l’involucro satirico in cui Going Under è sigillato si arriva al cuore dell’esperienza. Nonostante l’apparenza lo mascheri in qualche modo, Going Under è un roguelike.
Nei panni di Jacqueline avrete modo di esplorare i vari sotterranei della ditta. Ognuno di questi è organizzato in 3 differenti livelli i cui ambienti sono generati in modo procedurale. Ciò implica, in sostanza, il fatto che la mappa dei vari dungeon è creata in tempo reale di volta in volta. Ok, abbiamo capito che Going Under è un roguelike ma è originale in qualche modo? Si, decisamente.
La maggiore feature del titolo consiste nella libertà di approccio al combattimento. Quest’ultimo è decisamente basilare e intuitivo (tanto che non ci sono neanche tutorial ad introdurlo), e punta tutto sulle armi. E pensate che nel titolo non ci sono neanche armi prestabilite! Tutto ciò di abbastanza contundente che vi capiterà a tiro si trasformerà in mezzo di offesa. Ognuno di questi avrà punti di forza e specifici valori di attacco. Ognuno, da ultimo, sarà in grado di trasformare la vostra esperienza di gioco.
Le pistole ad acqua sparano getti sui nemici e renderanno i vostri movimenti compassati e pigri. Con una racchetta da ping pong in mano, al contrario, diventerete proiettili umani supersonici e placcherete i villain come piovre. In questo certamente Aggro Crab è riuscita in qualche modo a dare freschezza e varietà al combat system. Esso poggia su basi fin troppo elementari e le armi riescono a impreziosirlo.
Quello che pesa, tuttavia, sono le ambientazioni che alla lunga diventeranno un po’ ripetitive e rendono l’esplorazione molto meccanica e prevedibile nonostante il criterio procedurale. Difetto comune a tanti altri roguelike. La recensione prosegue con gli altri elementi di gameplay di Going Under.
A qualcuno piace difficile – Recensione Going Under: satira interattiva
In cos’altro Going Under rispecchia l’indole dei roguelike? Nella difficoltà, ovvio. Il titolo di Aggro Crab è un’autentica sfida. Fin dal secondo piano del primo dungeon cominceranno a piovere scroscianti randellate su di voi.
Vi converrà imparare a padroneggiare quanto prima i vari scopettoni, penne da tablet e tastiere che troverete in giro. Altrimenti i cuori della vostra health bar diventeranno un ricordo. I boss del gioco sono lo specchio dei dirigenti bastardi e disumanizzati. Vuoi per i quantitativi di caffeina ingeriti o per puro sadismo, essi sono vere e proprie mine vaganti. Sconfiggerli, oltre all’appagamento più puro, vi garantirà dei power up permanenti decisamente interessanti. In sostanza, ogni racchettata che gli tirerete sarà ben spesa.
Man mano che giocherete (e perirete) otterrete nuovi bonus acquistabili con specifici punti ottenibili affrontando i dungeon. Anche quando non riuscirete ad arrivare ai fatidici boss potrete portare comunque a casa una manciata di punti. Mettendo le mani sui vari bonus riuscirete pian piano ad ammorbidire in qualche modo l’esperienza.
Presenti anche varie abilità lootabili nei dungeon e migliorabili grazie all’utilizzo. Alcune di queste sono veramente utili come la possibilità di stordire i nemici dopo aver lanciato un colpo critico. Disponibili anche alcune “app“, una sorta di bonus (anche questi lootabili nei dungeon), utilizzabili solo da 1 o 3 volte ciascuno.
La nota dolente è che, probabilmente, per una scelta stilistica estrema, le descrizioni di questi bonus sono in una sorta di strambissimo tedesco inventato. Aggro Crab, in questo modo, ha forse voluto suggerire l’idea che lo smartphone aziendale di Jacqueline abbia malfunzionamenti. Va da sé che i primi tempi utilizzerete queste app quasi a caso cercando di imparare presto i significati delle loro icone per usarle in modo più ponderato le volte successive.
Se anche con questi power up vi risulterà comunque impossibile raggiungere o sconfiggere i boss allora, nel menu principale, avrete modo di modificare vari setting relativi alla difficoltà di gioco. In questo modo potrete istantaneamente rendere meno severo il gioco. Da ultimo, la longevità non è ai massimi storici e (con la difficoltà al minimo) vi sarà sufficiente una quindicina di ore per portarlo a termine. Vediamo ora l’ultima parte della recensione con le considerazioni tecniche su Going Under.
Gaiamente deprimente – Recensione Going Under: satira interattiva
Vi basta un’occhiata agli screen di gioco che vedete quà e là in questa recensione per capire quanto Going Under sia riuscito dal punto di vista estetico. I designer di Aggro Crab hanno reso la deprimente e piatta realtà di Jacqueline un’esplosione di colore.
Quella inscenata è una vicenda piuttosto infausta in un universo distopico eppure tutto sembra uscito da un libro illustrato per bambini. Il cell shading da vita a personaggi super deformed graziosi e buffissimi. Il mondo di gioco, stilizzato e caricaturizzato, appare fresco, vibrante. I colori e le illuminazioni sono utilizzati in modo sofisticato e rendono il tutto piacevolissimo alla vista. Ottime anche le illustrazioni 2D dei personaggi.
Il contrasto tra l’essenza amara della storia e la gaiezza della componente visiva è praticamente irresistibile. Quest’ultima, insieme al continuo sarcasmo dei dialoghi, riescono a stemperare l’intrinseca amarezza della vicenda di Jacqueline.
Meno memorabile la componente audio che, pur nella sua ripetitività esasperante, riesce comunque a contribuire alla resa piacevolmente sofisticata del titolo.
Su Switch tutto fila liscio, niente cali di frame da registrare, neanche nelle fasi più concitate. La funzione HD rumble della console, inoltre, rende divertenti e piacevoli gli scontri dato che ogni arma ha un feedback diverso e vi diletterete senz’altro a provarle tutte.
Oltre il videoludico
Going Under è una piacevole sorpresa. Il titolo di Aggro Crab è intelligente, originale, dissacrante, divertente e piacevole. Tra le pieghe della solida struttura da roguelike c’è qualcosa che va oltre il videoludico. La software house di Seattle è riuscita a trasformare una realtà quantomai scomoda e delicatissima in concetto di gioco e oggetto di satira. Il gioco indossa la maschera videoludica per offrire una panoramica spietata e crudele di una realtà altrettanto spietata e crudele: lo sfruttamento lavorativo.
I lavoratori, resi schiavi dal loro impiego, perdono la loro umanità e diventano zombie. Gli stagisti finiscono a fare lavori totalmente diversi dalle loro aspettative, lavori sporchi. Al netto di alcune pecche come una durata breve e la ripetitività della striminzita fase esplorativa (la proceduralità non basta a rendere interessante l’esplorazione) il gioco merita. Going Under sprizza carisma visivo e concettuale e noi non possiamo fare a meno di consigliarvelo, sopratutto se siete alla ricerca di un roguelike fresco e diverso dal solito.
Vi ringraziamo per aver dedicato tempo alla lettura di questa recensione su Going Under. Restate sintonizzati con noi di tuttoteK per tutte le altre notizie e curiosità dal mondo del gaming e non solo.
Punti a favore
- Divertente, intelligente e originale
- Combat system vario e libero
- Visivamente pieno di carisma
- Personaggi e dialoghi riusciti
Punti a sfavore
- Alla lunga l'esplorazione perde appeal
- Bassa longevità
- Le descrizioni delle "app" sono incomprensibili
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