Oggi raccontiamo Tsutomu Nihei, maestro dell’arte visuale e dello show, don’t tell. I suoi intricati universi di metallo fanno di lui un baluardo del cyberpunk orientale
Se c’è ancora qualcuno che dubita che il fumetto sia una forma d’arte, forse dovrebbe provare a sfogliare l’artbook Blame! And So On. Che si tratti di un paesaggio artificiale in un futuro lontano, di mecha, o di androidi dai volti di porcellana, lo stile di Tsutomu Nihei è sempre riconoscibile, e immancabilmente toglie il fiato. Nemico giurato delle didascalie, nelle sue storie parlano le immagini, accompagnandoci in viaggi quasi onirici, attraverso mondi metallici, misteriosi, ostili.
Classe 1971, Nihei è in grado di mettere in campo questa capacità artistica eccezionale grazie alla propria formazione come architetto. I suoi studi sono di livello internazionale – presso la Scuola Parson del design, a New York. Questa connessione con il mondo occidentale beneficerà a Nihei, portandolo a lavorare addirittura con Marvel Comics, per una miniserie con protagonista Wolverine, Wolverine: Snikt!, nel 2003. Ma andiamo con ordine.
Come spesso capita, un grande mangaka nasce come assistente di un altro grande mangaka. Nel caso di Nihei tale figura è Tsutomu Takahashi, autore di Jiraishin (Ice Blade), un seinen dalle atmosfere noir che sicuramente possiamo ritrovare nei primi lavori di Nihei, in cui il protagonista spesso è un agente che conduce una ricerca in un ambiente misterioso.
L’esordio come autore, dopo le one-shot di rito, arriva nel 1997, con Blame!, un titolo che non dovrebbe avere bisogno di presentazioni in quanto entrato nella leggenda come opera must read per gli amanti del cyberpunk, inclusi quelli oltreoceano. Da allora, il sensei ha continuato a produrre lavori di alto livello, mantenendo sempre atmosfere e temi ben riconoscibili, per quanto continuando ad esplorarne aspetti differenti.
Blame! (Tsutomu Nihei, 1997-2003)
In Blame!, Nihei progetta un universo che gli permette di mettere in campo tutta la sua abilità come architetto. Ambientato in un futuro lontanissimo, ci ritroviamo in una megastruttura che è arrivata ad inglobare quasi l’intero sistema solare (fino all’orbita di Saturno), chiamata semplicemente “La Città”. La Città è interamente automatizzata, ma l’umanità ha da tempo perso il controllo dell’intelligenza artificiale che governa su Costruttori, internet, e soprattutto sul sistema di sicurezza, ora ostile agli umani. Priva di controllo, La Città cresce senza limiti, separando in livelli impenetrabili e isolati le ultime frange di umanità e creature transumane.
In questo luogo bizzarro, in cui la tecnologia è avanzata al punto da risultare aliena e incomprensibile, Killy, il protagonista, intraprende un viaggio alla ricerca del gene che può funzionare da “chiave” per riprendere il controllo dell’IA della Città.
La Città, se ci fosse bisogno di dirlo ancora, è un luogo immenso, caotico. Nihei ce lo mostra in doppie pagine nelle quali il nostro sguardo si perde in queste costruzioni ciclopiche e intricate. In Blame! si parla poco, i baloon di rado si presentano a spezzare il disegno. Il risultato è una storia che per essere compresa richiede lo stesso tipo di attenzione critica che si dovrebbe avere quando si ammira un dipinto.
Blame! è sicuramente l’opera che ha fatto conoscere Nihei in tutto il mondo, ed egli ha continuato ad espandere il suo universo con nuovi racconti, tra cui spicca il prequel Noise, che riprende la one-shot originale che diede vita a Blame!.
Biomega (Tsutomu Nihei, 2004-2009)
Dopo aver concluso Blame!, Nihei non perde tempo e propone subito la sua seconda grande serializzazione, Biomega. Ritornano le atmosfere Cyberpunk e, ovviamente, le architetture suggestive tipiche dell’autore. Ma questa volta il viaggio attraverso il deserto artificiale non è meditativo e lento come quello di Killy, bensì frenetico e molto più carico d’azione. La velocità, come per tutte le cose, Nihei la mostra, ad esempio nei movimenti rapidi della pistola di Zoichi Kanoe, il protagonista, che, come un samurai futuristico, ha già rimesso la pistola nella fondina prima ancora che il nemico sconfitto abbia toccato terra.
In Biomega ancora una volta l’umanità, dal punto di vista biologico quanto filosofico, è messa a repentaglio dalla fusione coatta con la macchina, che in questo caso assume i connotati della classica epidemia zombie. Definita infezione N5S, il conflitto si sviluppa tra chi desidera che la forma umana originale venga conservata e chi vuole sfruttare le possibilità offerte dalla forma biomeccanica per ottenere l’immortalità.
Nel mondo di Biomega il confine tra istituzione pubblica e privata è più labile che mai. Zoichi lavora per le Industrie Pesanti TOA, mentre le fila dei transumanisti rappresentano la Fondazione di Recupero Dati e il Dipartimento per la Salute Pubblica. La presenza di intelligenze artificiali in grado di provare emozioni completa un perfetto quadro Cyberpunk.
Knights of Sidonia (Tsutomu Nihei, 2009, 2015)
Knights of Sidonia è il contributo straordinario di Nihei al genere mecha. Altra novità per l’autore, in questo manga entrano in gioco dei veri e propri alieni. I cosiddetti Gauna, hanno distrutto la terra anni prima, e l’umanità è fuggita con gigantesche navi-arca. La Sidonia, sede della vicenda, è una di esse, e rappresenta forse l’ultimo baluardo per la razza umana.
La Sidonia è la megastruttura niheiana che ci accompagna in questo titolo, fonte di meraviglia sia visuale che a livello di progetto. Particolarmente interessante è l’idea che la riserva di acqua e di risorse metalliche della nave sia conservata in forma ghiacciata all’esterno, come se essa stessa fosse una cometa. All’interno, 500.000 persone vivono sviluppandosi in verticale, come lungo un gigantesco cilindro. Ci si affeziona presto a questo ultimo avamposto della civiltà mobile. E quando, sotto i colpi dei Gauna, si perdono dei pezzi e delle vite di esso, si soffre sinceramente.
I Gauna infatti non hanno lasciato in pace l’umanità, per cui in difesa della Sidonia si ergono i Gardes, mecha pilotati da piloti che si addestrano fin dalla tenera età. A riprova dello studio visuale che Nihei conduce per le proprie opere, egli ha costruito personalmente un modellino di Garde. In Giappone non è difficile reperire singole parti per modellini, e il mangaka si è impegnato a raccoglierne centinaia per creare il proprio modello originale.
Knights of Sidonia risulta essere più accessibile e classico, in termini narrativi, rispetto alle altre opere di Nihei. Anche per questo gli ha fruttato il maggior numero di premi, tra cui il premio Kodansha, nel 2015.
Concludendo…
Nihei è un autore che sembra avere sempre qualcosa da raccontare, o meglio da disegnare e mostrare. Appena conclusa una serializzazione, ne comincia subito un’altra. Infatti, al momento è al lavoro su Aposimz, nel quale tutti i classici temi, visuali e narrativi, dell’autore tornano più potenti che mai. Ancora una volta siamo su un mondo artificiale, nel quale gli ultimi esemplari di vita organica lottano per non essere assorbiti.
Questa rappresentazione, nelle opere di Nihei, dell’intelligenza artificiale, nel suo essere avanzatissima, contorta, aliena, senza possibilità di comunicarci, più che ai suoi equivalenti della letteratura sci-fi la rende simile all’orrore cosmico. Gli ambienti immensi e dalle architetture ardite sono uno spazio ostile e sconosciuto, lontano dalle linee pulite della fantascienza classica, ben più vicine alle città non euclidee dell’orrore lovecraftiano.
Nihei si interroga spesso sul concetto di “umanità” e su cosa il transumanesimo possa rappresentare per esso. Ma non è tutto qui: Nihei affronta anche le disuguaglianze sociali, che dopotutto non possono che venire accentuate quando il potenziamento tecnologico trasforma certi uomini in esseri superiori. Sono questi i temi che fanno di Tstutomu Nihei un eccellente esponente del cyberpunk.
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