D&D Quinta Edizione è spesso criticato per un’apparente mancanza di personalizzazione nel creare il proprio personaggio. Ma sarà davvero così? Scopriamolo nel nostro approfondimento
Una delle critiche che più spesso capita di leggere nelle varie community è che la Quinta Edizione di D&D permetta poca personalizzazione dei propri personaggi. Per quanto sia vero (ma solo in parte), oggi sono qui per sfatare questo mito e proporre la mia visione della Quinta Edizione; andremo ad approfondire nello specifico la questione riguardante i talenti, i background e le regole narrative e la questione classi di prestigio versus archetipi.
Personalizzazione in D&D 5e: mancano i talenti?
La questione principale per cui tanti ancora preferiscono giocare alla 3.5 rispetto alla Quinta Edizione è sicuramente i talenti. Se infatti nel manuale base di D&D 3.5 essi erano più di 100 (senza contare le uscite successive), in D&D 5e ce ne sono appena 40; per non contare il fatto che i talenti in 5e sono specificati come regola opzionale da manuale. E’ chiaro come la Wizards of the Coast abbia adottato una diversa filosofia per l’ultima edizione di D&D, votata alla velocità e alla semplicità.
Nonostante possa sembrare che molti dei talenti siano stati accantonati, è invece possibile ritrovarli in altre parti del manuale; ad esempio il talento “arma accurata” è divenuto la proprietà “accurata” di armi come stocchi e pugnali. Evidenziamo anche la questione dei talenti di metamagia: spariti completamente dalla Quinta Edizione, sono stati integrati direttamente nella classe dello stregone. Questo ha da una parte diminuito la personalizzazione degli incantatori, ma dall’altra ha dato un’identità allo stregone; se infatti in 3.5 mago e stregone erano due classi fondamentalmente sovrapponibili se non per alcuni dettagli; in 5e lo Stregone e il mago hanno una loro identità, rendendole due classi ben diverse.
Un altro esempio di questo è il privilegio “Stile di Combattimento” di alcune classi come il guerriero; privilegio che non è altro che una lista di talenti di combattimento tra cui scegliere. Quindi tirando le somme i talenti sono sì diminuiti, ma questo perché molti di essi sono stati inglobati in altre parti del manuale; rendendone la fruizione più semplice e veloce, in stile 5e.
La Quinta Edizione ha poi il pregio di non limitarsi a personalizzare i personaggi con i talenti, infatti altre meccaniche di personalizzazione di questa edizione sono gli archetipi e i background; che aggiungono un livello di personalizzazione molto più profondo di quanto non si potrebbe credere.
Personalizzazione narrativa
Cosa fa di un personaggio il tuo personaggio? Siamo proprio sicuri che per definirlo ci serva un talento che ci faccia infliggere +1d6 danni con la spada? A mio avviso no, ed è per questo che trovo la 5e superiore rispetto alla 3.5; se infatti quest’ultima si è concentrata maggiormente sugli aspetti delle regole più meccaniche, la 5e ha enfatizzato la parte del roleplay, grazie all’implementazione di regole narrative.
Una di queste regole è quella dei background, che permettono una vera personalizzazione a livello di interpretazione al tavolo. Spesso sottovalutata, i background sono ciò che rende un personaggio che si crea ciò che è; due guerrieri umani di livello 1 ma con background diversi, saranno due personaggi completamente diversi nella loro interpretazione al tavolo. Ed è questo che secondo me conta all’interno di un gioco dove non si vince, ma si tenta di creare una storia condivisa.
I background forniscono linee guida sugli atteggiamenti, le passioni e i difetti di un personaggio; interpretarle correttamente garantirà l’accesso all’Ispirazione (altra regola narrativa della 5e), andando a premiare quei giocatori che mettono l’interpretazione al primo posto.
Se vogliamo parlare della personalizzazione narrativa, in 3.5 vi era anche la problematica legata agli allineamenti obbligatori delle classi. Il paladino doveva forzatamente essere legale buono, il barbaro caotico e così via. Questo è stato eliminato dalla 5e, rendendo possibile ogni allineamento per ogni classe. E qui possiamo tornare al discorso dei background: un barbaro caotico neutrale e uno legale malvagio (anche se statisticamente identici) sono due personaggi completamente diversi.
Personalizzazione in D&D 5e: classi di prestigio o archetipi?
Un’altra grande differenza rispetto alla 3.5 per la 5e è la mancanza delle Classi di Prestigio. Per chi non lo sapesse, esse sono delle classi speciali che si potevano ottenere una volta che il nostro personaggio avesse soddisfatto certi requisiti. In 5e esse sono state eliminate, spesso per essere accorpate in quelli che sono gli archetipi.
Un archetipo in 5e non è altro che un pacchetto di talenti tematici che si sbloccano con il proseguimento dei livelli in una classe. A mio avviso anche la sostituzione delle classi di prestigio con gli archetipi ha aiutato l’aspetto ruolistico della 5e; spesso in 3.5 i personaggi nascevano già con l’idea della classe di prestigio da ottenere ad un certo punto della loro “vita”; gli archetipi della 5e invece tematizzano fin da subito la classe (e qui troviamo altra personalizzazione), rendendo il tutto anche più naturale durante il roleplay.
Possiamo quindi affermare che la 5e abbia ridotto drasticamente la personalizzazione meccanica maggiormente relativa al combattimento ed abbia tentato di bilanciarli con gli aspetti interpretativi del gioco di ruolo. Chi preferisce costruirsi personaggi articolati e complessi enfatizzando l’aspetto strategico dei combattimenti, continuerà a preferire la 3.5; chi invece vuole un gioco più fresco e incentrato anche su meccaniche di interpretazione opterà per la 5e, sfatando il mito della sua poca possibilità di personalizzazione.
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