Oggi parliamo di fotografia digitaleĀ e gestione del colore grazie a Raamiel, che abbiamo intervistato per approfondire l’argomento. Raamiel, per chi non lo conoscesse, ĆØ un tecnico del colore che lavora attivamente nell’ambito della gestione dello stesso all’interno della fotografia digitale e non soloĀ
Abbiamo deciso di intervistare Raamiel perchĆ© in Italia ĆØ uno dei pochi tecnici del colore attivi nei forumĀ e che lavora a stretto contatto con gli utenti. Questo ĆØ qualcosa di unico e prezioso che a nostro avviso fa la differenza, proprio a livello di approccio, rispetto a tutti gli altri tecnici che operano nel settore. Per noi ĆØ un grande onore poter discutere un po con lui di un tema vasto come quello della fotografia digitale e gestione del colore. Tale tema spesso ĆØ trascurato da tante persone che, seppur attive nell’ambito della fotografia, non approfondiscono per nulla questo importante aspetto. Ma bando alle ciance e partiamo con l’intervista!
Ciao Raamiel! Tutti ti conosciamo con questo nome, che ĆØ il tuo nickname su Juzaphoto, ma quale ĆØ il tuo vero nome? Chi si ācelaā dietro i famosi profili colore?
Eā la prima volta che rispondo ad una intervista in vita mia; non avrei mai pensato che un giorno sarei stato noto per i miei lavori nel colore.Ā Nel tempo il nick Raamiel ĆØ diventato per me familiare come un secondo nome; ma allāanagrafe sono Enrico Scaramelli.Ā
Sappiamo in molti che ti occupi della gestione colore nella fotografia digitale, ma come hai iniziato ad avvicinarti a questo mondo?
In veritĆ ? Quasi per caso; come spesso accade di molte cose.
Iniziò tutto nel 2006, in occasione di un viaggio a New York. Era la prima volta che visitavo la Grande Mela, la cittĆ che non dorme mai. Allāepoca possedevo solo una compatta a pellicola, retaggio di una comunione.
Mi dissi che sarebbe stato un peccato non avere ricordi e fotografie di un viaggio che probabilmente non si sarebbe più ripetuto nella mia vita e così mi decisi a comprare una macchina fotografica moderna e digitale. Scelsi una Canon 350D; non fu una scelta dettata da particolari conoscenze. Era una reflex, quindi doveva fare belle foto! Il ragionamento, allora, mi sembrava corretto.
Misi le mani sulla macchina e sullāottica da kit meno di una settimana prima della partenza.. panico. Non sapevo nulla, iso, diaframma, tempi. I menù vomitavano una serie di settaggi in cui non sapevo dove mettere mano. Raw? Jpg? E cosa diavolo sono sRGB o AdobeRGB? Ma io volevo solo fare delle fotoā¦.
Salii in aereo portandomi il manuale dietro, imparando a scattare ritraendo le hostess e il panorama dagli oblò. Le prime foto di New York furono le panoramiche notturne sopra il cielo del JFK; tutte mosse ovviamente. Ma erano le 6 del mattino ora italiana e non avevo dormito nemmeno un poco durante il volo. Alla dogana mi fecero delle domande a cui non so bene che risposte abbia fornito⦠però mi fecero entrare.
Ero giĆ nelle spire della fotografia; la mia prima tappa a Manhattan fu da B&H. Sembrava il paese della cuccagna; mi portai via un 70-200 2.8 IS ed ero il bambino più felice del mondo. Su di una APS-C era perfino troppo lungo⦠ma non importava, ero contento uguale; avevo un biancone in mano e un tizio americano mi fece pure i complimenti per la fotocamera quando visitai lāEmpire State Building. In meno di due settimane ero diventato un pro; potere dellāillusione.
Avevo una reflex, un biancone e un coso di plastica. Mi resi presto conto che ero ferocemente ignorante; sia di fotografia che di tecnica. I primi passi veri li feci grazie a un amico, un fotografo vero, Fabrizio. Che mi insegnò a fare qualcosa, perlomeno a fare meno schifo. Rimanevo però privo delle conoscenze più tecniche legate al colore e allo sviluppo dei dati. Non avendo nessuno a cui chiedere adottai lāunica soluzione disponibile: studiare.
Nel digitale molti si limitano a scattare in JPG, a tuo avviso limitarsi al formato JPG ĆØ un errore oppure una scelta valida?
Limitarsi solo al JPG, ignorando cosa può essere uno sviluppo completo è sicuramente un errore. Sarebbe come scattare a pellicola e poi delegare lo sviluppo sempre al service sotto casa. Magari fanno un buon lavoro; ma non si riesce a dare il tocco personale alle proprie foto.
Il Jpg è una scelta valida quando serve velocità ; ma se si ha tempo e modo di poter lavorare i file RAW è sicuramente una strada più valida per giungere a una qualità più elevata.
Si vedono ancora oggi associazioni fra il colore in una foto ed il marchio di una fotocamera anche fra chi scatta in RAW. Le discussioni su quale marchio abbia il migliore incarnato nel ritratto si sprecano. Ti andrebbe di sfatare questo mito e spiegarci come uniformare la resa del colore fra macchine diverse?
Questa è una delle leggende metropolitane più dure a morire; e come tutte le leggende ha un fondo di verità .
Per sfatare il mito dobbiamo fare una digressione veloce su cosa ĆØ il colore.
Il colore non esiste; non in fisica almeno. Fintanto che rimaniamo nellāambito della fisica possiamo attribuire ad uno oggetto una quantitĆ di caratteristiche⦠peso, massa, dimensioni, ecc.. ma non il colore.
Il colore è una entità psicologica, esiste nella nostra mente come percezione. Ed è un  fenomeno molto complesso, per certi aspetti ancora non completamente chiarito. Un sensore è un dispositivo che non può percepire, deve misurare.
Tutti i sensori odierni, di ogni tecnologia, sia essa CMOS, CCD, con filtro colore Bayer o X-Trans e persino i Foveon; sono dispositivi lineari analogici. Detto in modo semplicistico convertono i fotoni in carica elettrica; doppio dei fotoni uguale doppio della carica. Non possono percepire direttamente il colore, possono solo fornire un segnale.
Il Bayer, il tipo più diffuso, riesce a ricavare le informazioni sul colore dividendo la superficie del sensore in una griglia periodica RGB:
Il filtro colore seleziona solo determinate lunghezze dāonda della radiazione incidente ottenendo un mosaico dei vari canali RGB :
La successiva fase di interpolazione ricaverĆ le componenti complete dei canali RGB per ogni pixel; questa fase ĆØ detta demosaicizzazione.
Questo però non è sufficiente a darci una foto a colori; non con colori coerenti almeno. Il filtro colore non ha infatti la nostra capacità adattiva; il nostro sistema visivo si adatta alla realtà circostante, compensando in maniera autonoma e trasparente i cambiamenti di luce, sia di intensità che natura.
Il filtro colore non può farlo ĆØ fisso; come un orologio fermo che segna lāora giusta solo due volte al giorno, il filtro colore (Color Filter Array) ci darĆ un colore giusto solo e soltanto per un tipo di illuminante.
Per aggirare questo limite ĆØ necessaria unāaltra fase, successiva alla demosaicizzazione, che viene detta caratterizzazione. Lāidea ĆØ semplice: conoscere le caratteristiche intrinseche del sensore per costruire una associazione tra coordinate grezze e colore reale. Potete immaginarla come una tabella a cui un valore A deve corrispondere un valore B.
Nella pratica questa immaginaria tabella viene codificata in quello che ĆØ il profilo di caratterizzazione; un file a cui il programma che usiamo per editare le foto fa riferimento per capire come deve trattare i dati grezzi che il sensore gli ha fornito.
Questo profilo può essere una semplice matrice, una tabella più o meno densa ed essere concepito con diverse tecniche, ma il compito principale ĆØ quello di colmare il gap tra un sensore e la percezione umana. Non ĆØ un compito facile, ma soprattutto in questo caso che analizziamo, non ĆØ lāunico.
I profili che si occupano solo e soltanto di arrivare a un colore reale sono detti di riproduzione. Se tali profili sono ben costruiti e operano da dati raccolti da un sensore sufficientemente evoluto (ed ormai lo sono tutti, di qualsiasi brand), allora otteniamo i colori presenti in scena. Abbiamo realizzato quello che in colorimetria si chiama conversione da dati device-dipendent, ossia dati che hanno un senso solo per lāhardware, a dati scene-referred, cioĆØ dati riferiti alla scena fotografata. Una conversione idealmente perfetta. In questo stato ogni sensore, ogni fotocamera, produce gli stessi colori. I margini di variazione sono ben al di sotto della soglia di percezione.
Ma come detto prima i profili possono adempiere anche a un compito diverso; la color correction. Possono cioĆØ alterare la conversione colorimetrica per introdurre una variazione aleatoria, di qualsiasi tipo. Più rosso.. più giallo.. incarnati più rosati.. rossi più accesi.. verdi più squillanti. Ogni brand fotografico ha la consuetudine di condensare nei profili di caratterizzazione un certo mood cromatico, uno stile deciso a tavolino. Non cāĆØ un vero interesse a fornire colori realistici.
In sostanza le differenze cromatiche tra i vari brand sono tutte originate qui; dai profili usati per trattare i dati del RAW. Volendo possiamo alterare o sostituire tali profili per ottenere la resa che vogliamo; una conversione colorimetrica, un look diverso, lo stesso look di unāaltro brand, lāemulazione di una pellicola.
A proposito di colori, se ci riferiamo agli schermi secondo te perché è importante calibrare il monitor regolarmente? E ogni quanto andrebbe calibrato?
La calibrazione ĆØ soltanto la fase iniziale in realtĆ , da sola non ĆØ sufficiente ad inserire propriamente il monitor nella gestione del colore digitale moderna secondo gli standard ICC.
Calibrando il monitor ne modifichiamo le caratteristiche fisiche e scegliamo il target di calibrazione in funzione dellāuso del monitor. Tipicamente viene scelto un valore di luminanza, un punto di bianco e una gamma; una volta posto il monitor in questo stato noto e misurato, esso va caratterizzato. La caratterizzazione ĆØ una esplorazione delle sue capacitĆ per costruirne una mappa; il profilo.
Il profilo colore del monitor ĆØ essenziale se vogliamo che le foto visualizzate non ci appaiano alterate nei colori o nei contrasti.
Sfortunatamente nessun monitor mantiene lo stato di calibrazione in modo indefinito, periodicamente va ricalibrato. La frequenza di questa operazione dipende da molti fattori, in primis la qualità del monitor; uno schermo professionale ha una elettronica molto più resiliente rispetto ai modelli economici.
Per uno schermo di media qualitĆ la frequenza di ricalibrazione potrebbe essere mensile; ma possiamo sempre eseguire una diagnosi (validazione del profilo) per capire quando sia effettivamente necessaria.
Nel digitale, dove cambiare il punto del bianco in RAW ĆØ semplicissimo, conviene usare la pre-misurazione del bianco per avere giĆ in RAW un file con il bilanciamento corretto? Se si, quali sono i vantaggi di questa scelta rispetto al sistemare il punto di bianco in post produzione?
In realtĆ nessuno. Tutte le fotocamere odierne hanno un bilanciamento del bianco puramente software; quindi la sostanza dei dati RAW non viene alterata. Qualsiasi WB sia impostato al momento dello scatto, sarĆ possibile variarlo a piacimento in post-produzione.
RAW a 12bit vs 14bit vs 16bit, ci sono differenze pratiche importanti nel file finale e nella lavorabilitĆ dello stesso?
Bella domanda⦠In questi casi vige la regola del ābigger is betterā. Più bit ci sono e meglio ĆØ; lo standard ĆØ 14bit, mentre i 16 sono appannaggio solo dei dorsi digitali.
Da alcune indiscrezioni (non verificabili) pare che il software di PhaseOne, CaptureOne, ignori i due bit finali dei raw 16bit dei loro stessi dorsi, in quanto contenenti solo rumore di fondo.
Si presume però che l’elettronica di un dorso da trentamila euro sia più raffinata di una macchina pro-sumer da tremila. In sostanza ci sono 14bit e 14bit, la mera profonditĆ della quantizzazione non dice tutto.
Nel digitale poche sono le persone che stampano e che quindi arrivano fino in fondo nella ācatena del coloreā. Cosa consigli a queste persone per ottenere la massima fedeltĆ fra schermo e stampa?
Questo ĆØ un argomento spinoso, perchĆ© gli utenti si aspettano appunto questo; una fedeltĆ tra schermo e stampa. Ma il termine ĆØ scivoloso, perchĆ© di fatto non cāĆØ una relazione diretta tra lo schermo e la stampa.
Quello che vediamo a monitor ĆØ la compensazione del file, il suo contenuto oggettivo, verso le capacitĆ del monitor, nello stato di calibrazione scelto.
Quello che vedremo stampato ĆØ la compensazione del file verso le capacitĆ della stampante con quella data carta.
Il monitor ĆØ una periferica emissiva a sintesi additiva; emette luce, con un punto di bianco noto e definito, con una intensitĆ che abbiamo scelto e con un contrasto previsto.
La stampa ĆØ un mezzo che lavora per riflessione in sintesi sottrattiva; il punto di bianco dipende dalla luce sotto cui la osserviamo e dalle caratteristiche fisiche della carta. Potrebbe essere più calda o più fredda del monitor, cosƬ come per lāintensitĆ della luce riflessa, dipende da quanto intensa ĆØ la luce che la illumina.
In questo caso, a meno di non lavorare con severi standard, si possono solo consigliare dei parametri di calibrazione del monitor, tali che possano essere compatibili con le condizioni di visualizzazione tipiche di stampe fotografiche.
- La luminanza dovrebbe avere un valore tra 70 e 90 cd/m2.
- Il punto di bianco D50 (il bianco cardine del sistema ICC, lo stesso previsto per i normali profili di stampa).
- La gamma deve essere 2.2.
Tutto il resto lo fa lāabilitĆ dello stampatore.
Ti andrebbe di parlarci un po’ del tuo lavoro e dei servizi che offri per aiutare i fotografi digitali a gestire correttamente il colore?
Cobalt, la mia azienda, nasce da poco. I profili di caratterizzazione sono il primo dei servizi offerti.
Se otterranno il successo sperato, Cobalt si espanderĆ verso i servizi di stampa.
Si sente spesso parlare dei profili lineari, quando conviene usarli rispetto ai profili con curva di contrasto non lineare?
Per comprendere questo aspetto va prima spiegato il perchĆ© dellāesistenza dei profili non lineari.
La non linearitĆ della stragrande maggioranza dei profili usati in fotografia ĆØ una necessitĆ dettata dalle capacitĆ dei mezzi di output; monitor, proiettori e stampanti. Tali mezzi offrono una gamma dinamica (nei monitor si parla di contrasto) limitata, spesso insufficiente a coprire la dinamica della scena ripresa.
Se infatti un sensore di ultima generazione è capace di offrire quasi 14 stop di gamma dinamica, lo stesso non si può dire di un monitor, né tantomeno di una stampante.
Un buon monitor può arrivare a 10 stop. Può sembrare una differenza limitata ma tra 10 e 14 stop cāĆØ una differenza di 16 volte tanto.
Il problema quindi ĆØ : ācome infiliamo una gamma dinamica potenzialmente cosƬ grande in qualcosa di molto più limitato?ā. La risposta ĆØ un tone mapping realizzato con una curva di contrasto che funziona da compressore.
Questa ĆØ la curva tipica presente in quasi tutti i profili Adobe e anche nei profili Cobalt Standard:
Si tratta di una curva a S più pronunciata sui toni chiari che aumenta lāesposizione e comprime le ombre, i mezzi toni e specialmente le alte luci.
Il risultato a monitor è una immagine più credibile; con un contrasto che ci ricorda la scena originale. Tuttavia questo metodo ha i suoi svantaggi:
- La curva di contrasto altera la funzione colorimetrica del profilo.
- La compressione fa perdere dettagli sulle ombre e specialmente sulle alte luci.
- Questa compressione ĆØ fissa, non si adatta.
Quindi nessun profilo che incorpora una curva di contrasto può dirsi perfettamente colorimetrico; in ogni caso viene introdotta una perturbazione. Perdiamo anche alcuni dettagli che il sensore era riuscito a leggere. In ultimo, questa compressione ĆØ cristallizzata allāinterno dei profili, non cambia a seconda della dinamica presente nello scatto. Ci sono situazioni in cui si dovrebbe comprimere di più, altre di meno, altre ancora non si dovrebbe comprimere affatto.
Se ad esempio la scena ripresa ed il monitor hanno una dinamica simile, allora un profilo lineare ci fornirĆ un’immagine che percepiremmo come realistica.
Quando si fanno lavori di riproduzione, ad esempio di opere dāarte, i profili sono sempre lineari. La cosa più importante, in quel contesto, ĆØ la conservazione del giusto colore.
Per meglio comprendere la differenza tra profili lineari e non la cosa migliore ĆØ un esempio. Questa ĆØ una foto fatta in condizioni difficili; luce artificiale con spettro di emissione ristretto, forte contrasto e iso elevati :
Sviluppata con il profilo Adobe Color (il più recente)
Notate come in questa situazione il colore fucsia sia arrivato al clipping e il dettaglio non è più presente in molte sezioni della foto. Ma è un limite della macchina? Oppure è stato il profilo a fare il danno?
Ecco come appare lo stesso RAW sviluppato con il profilo Cobalt Repro; profilo lineare full 3D
Ecco che i dettagli ritornano; non era il sensore il colpevole. Il profilo di Adobe era semplicemente inadeguato al compito.
Il bianco e nero in digitale divide molto i fotografi, quali sono le metodologie più adatte per lavorare al meglio un file in bianco e nero? Macchine con sensore monocromatico che vantaggi offrono?
Il bianco e nero ĆØ sempre una sfida per il digitale; pare scontato ma non ĆØ facile gestire un corretto flusso acromatico.
Le comuni macchine fotografiche scattano sempre ottenendo informazioni sul colore; quando decidiamo di ottenere un file in bianco e nero le tecniche possono essere le più varie. Si va dallā azzeramento della saturazione, passando per la miscelazione canali, metodo Lab, ecc⦠non esiste un metodo assolutamente migliore di altri.
Uno degli aspetti più cruciali riguarda però la quantizzazione digitale. In un file a 8bit per canale (come nei comuni Jpg) possiamo indirizzare 2^24 possibili permutazioni, ossia 16.777.216. I famosi sedici milioni di colori che troviamo scritti un po ovunque. Nel BW però rimane un solo canale monocromatico e se il file è sempre a 8bit, allora abbiamo solo 2^8 livelli, solo 256 scalini dal nero al bianco.
In confronto al BW analogico, con potenzialmente infinite variazioni, i 256 livelli sono davvero pochini. Sembra di tornare ai tempi dei computer anni 80ā¦
Per questo ĆØ altamente raccomandato seguire un flusso di lavoro Tiff a 16bit, senza mai ridurlo a 8bit. In questo modo passiamo da 256 livelli a ben 65.536, che sono decisamente più adeguati per gestire le sfumature del BW. Ovviamente ĆØ essenziale che tutta la catena mantenga lāinformazione, anche la stampa deve essere effettuata a 16bit.
Cobalt offre dei profili di conversione BW modulari chiamati Scientific BW e Repro BW. Il modello di conversione ĆØ basato su di un modello di color appareance evoluto e, idealmente, scarta la componente cromatica mantenendo la nostra naturale percezione della luminanza.
Le foto convertite con questi profili potrebbero essere definite ciò che noi vedremmo se ci fosse tolta la capacitĆ di percepire il colore. Non ĆØ detto che sia il risultato più piacevole, ma ĆØ un metodo non replicabile con i controlli disponibili normalmente allāinterno dei software di sviluppo RAW. Neanche in Photoshop ĆØ possibile replicare lāeffetto di tali profili.
Tutti i clienti Cobalt che hanno acquistato i profili base Repro o Standard hanno gratuitamente accesso ai profili di conversione BW.
Esistono poi sul mercato anche modelli di fotocamere e dorsi digitali concepiti per scattare immagini acromatiche. Sono sensori privi di un CFA e quindi incapaci di ottenere informazioni riguardo il colore. Questo preclude ogni controllo in post produzione che sia basato sullāinformazione cromatica; niente miscelatore canali quindi⦠Il BW uscito dallo scatto può essere manipolato solo nei contrasti; esattamente come una pellicola in bianco e nero.
Il vantaggio di tali sensori ĆØ quello di non aver bisogno di una demosaicizzazione e sono sicuramente migliori nella definizione dei dettagli fini. Inoltre, lāassenza del filtro CFA, fa arrivare sul sensore molta più luce e questo migliora notevolmente la qualitĆ del segnale.
Hai dei consigli particolari sul come sfruttare al meglio la propria attrezzatura?
Io sono un tecnico. Mi sono divertito a fare fotografie, ma non posso dirmi fotografo.
Il consiglio che posso dare ĆØ: approfondite le questioni tecniche, siate curiosi. Aspetti apparentemente marginali o astrusi possono rivelarsi di importanza cruciale. La gestione del colore digitale ĆØ la moderna camera oscura; se volete una qualitĆ elevata dal vostro lavoro, dovete avere delle conoscenze in merito.
La qualitĆ delle vostre foto non ĆØ fatta dal prezzo di listino della vostra fotocamera.
Siamo giunti alla fine di questa intervista, lāultima domanda non può che riguardare il futuro. Quali sono i progetti e le sorprese che hai in serbo per il futuro?
Lāarrivo di altri profili sicuramente.
La piattaforma Cobalt ĆØ pensata per la modularitĆ ; il concetto base ĆØ fornire ad ogni fotocamera un profilo Standard e un profilo Repro. Il profilo Standard con curva di contrasto e il profilo Repro lineare per le riproduzioni colorimetriche.
Per ogni fotocamera i profili sono ricalcolati e pensati con una architettura comune e coerente; realizzando una sorta di unificazione cromatica. Usando questi profili non si può più distinguere una Sony da una Canon o una Nikon da una Fuji.
Questo ĆØ un esempio di come una Canon 5dsr e una Sony A7r2 possano essere uniformate:
Sulla base di questi profili, concepiti fotocamera per fotocamera, se ne aggiungeranno altri, modulari, che si occuperanno del color grading.
Il primo pacchetto sarĆ lāemulazione delle storiche pellicole Kodak. E ogni emulazione del Kodachrome darĆ gli stessi risultati su ogni fotocamera, grazie allāarchitettura modulare basata sui profili Standard e Repro.
Se questa fase avrà successo, Cobalt si espanderà nella stampa fine-art; diventando così una delle poche realtà a poter seguire la genesi di una fotografia dallo scatto alla stampa.
Fotografia digitale e gestione del colore: grazie Raamiel per aver risposto alle nostre domande!
Cobalt ĆØ sicuramente il più interessante e valido progetto italiano in questo ambito. Il modo in cui Raamiel lavora ed il costante contatto che ha con l’utenza elevano questo progetto ad un livello superiore rispetto a tutte le altre realtĆ del settore. Per chi fosse interessato a sapere di più in merito ai progetti che Raamiel porta avanti. può contattarlo direttamente ai seguenti indirizzi email:
- raamiel@hotmail.com
- enrico.scaramelli@gmail.com
Il lavoro che svolge può fare la differenza in qualunque workflow e la totalità dei suoi clienti si è ritenuta molto soddisfatta dal suo contributo. Vi invitiamo a contattarlo ed inoltre vi lasciamo il link al suo profilo di Juzaphoto, dove spesso Raamiel pubblica articoli interessanti ed aggiornamenti sui suoi progetti!
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