Bentornati al nostro appuntamento settimanale con In the mood for East, rubrica interamente dedicata al cinema orientale. Oggi vi parliamo di Cat Soup di Tatsuo Satō
Oggi su In the mood for East, la nostra rubrica tutta dedicata al cinema orientale, ci muoveremo in territori ancora inesplorati. Durante i nostri appuntamenti abbiamo riso, provato tensione, paura, ci siamo innamorati, abbiamo riflettuto, pianto. Stavolta ci troviamo invece nel territorio del nonsense, del cosiddetto “weird”. E per di più andremo ad analizzare per la prima volta un cortometraggio.
Cat Soup è un cortometraggio d’animazione del 2001, diretto da Tatsuo Satō (conosciuto nel mondo anime/manga principalmente per essere stato l’animatore di Nadesico) e prodotto dalla J.C. Staff. In Giappone ha ottenuto un grande successo e diversi riconoscimenti, anche perché ispirato al famoso manga Nekojiru-sou (da qui anche l’origine della “zuppa di gatto” del titolo). Non fatevi ingannare dal look apparentemente kawaii dei disegni, perché Cat Soup, nella sua appena mezz’ora di durata, sarà capace di stupirvi. E, in un certo senso, anche di inquietarvi. Il motivo? Andiamo a vederlo subito.
Trama e trailer | Cat Soup
Cat Soup racconta la storia di due gattini antropomorfi, fratello e sorella: Nyatta, il fratellino minore, e Nyako, la sorella maggiore. Un giorno uno spirito rapisce l’anima di lei, condannandola a morte certa, ma Nyatta riesce a strappargliene – letteralmente – un pezzo, riportandolo a casa con sé e donandolo alla sorella. Nyako è salva, ma versa in uno stato catatonico: il suo corpo è salvo, ma il suo spirito sembra perduto.
I due micini dai grandi occhioni intraprendono allora un incredibile viaggio per tentare di recuperare ciò che Nyako ha perduto. Durante questo viaggio percorreranno mari e deserti, incontreranno strani personaggi, rischieranno di essere persino divorati, fino ad arrivare a quello che sembrerebbe il motore del mondo, dove un misterioso individuo dirige le sorti degli esseri viventi.
Un sogno a occhi aperti | Cat Soup
In questa breve opera d’animazione, il centro della narrazione è costituito innanzitutto dal viaggio che i due personaggi principali sono chiamati ad affrontare. Lo stile dell’animazione potrebbe portarci a pensare che si tratti di un viaggio sì avventuroso, ma fondamentalmente spensierato, con una morale e un lieto fine, come in ogni fiaba che si rispetti. Al contrario, i due fratelli avranno a che fare con un percorso estremamente surreale e delirante, dove il nonsense fa da padrone.
L’esuberante Nyatta e l’ormai assopita Nyako assistono ad un vero e proprio incubo, tra deserti infuocati e acque profondissime, tra incontri salvifici e altri più insidiosi. Questa “discesa negli inferi” termina in quello che sembrerebbe un macchinario che governa la Terra, con una sorta di divinità capace di manovrare il tempo. Un “burattinaio” che a suo piacimento lo arresta, lo accelera, e lo riavvolge, in un turbinio di sequenze assurde, surreali e terribilmente fascinose.
Tatsuo Satō, con le sue animazioni, è in grado di destabilizzare lo spettatore, lasciandolo ad un profondo senso di smarrimento. La percezione della tensione viene ancor più accentuata dalla totale assenza di dialoghi (fatta eccezione per qualche miagolio e pochi balloons a mostrarci le parole dei personaggi). Allo stesso modo la colonna sonora accompagna il tutto puntualmente, trasformandosi nel finale in un carillon dalle tonalità orrorifiche. La cura dei dettagli è pregevole, e riesce a rendere perfettamente un’atmosfera allucinata che galleggia a metà tra il sogno e l’incubo, tra la realtà (se di realtà possiamo parlare) e l’immaginazione. Tra allegorie e citazioni (qualcuno ha detto Hansel e Gretel?), le figure e gli ambienti si deformano, seguendo (il)logiche incomprensibili e travolgenti che ci trasporteranno da un luogo a un altro senza soluzione di continuità.
L’armonia dei contrasti | Cat Soup
Come già accennato, Cat Soup presenta da un lato un’animazione decisamente infantile (sebbene curatissima) e dei toni piuttosto allegri. Dall’altro lato troviamo però vicende che di infantile e allegro non hanno nulla. Il pericolo, la violenza, il sangue (assisterete a molte scene che possono essere definite splatter). Tutti elementi che lo rendono non troppo adatto ad un pubblico di giovanissimi. Dopo che avrete allontanato i bambini dallo schermo, sappiate comunque che la tendenza al macabro viene spesso smorzata da una sottile ironia di fondo. La protagonista assoluta della vicenda è la morte, la quale aleggia per tutta la storia: dagli eventi (la sorella in fin di vita, l’uccisione del maiale) fino alle scene surreali a cui assistiamo nel finale (addirittura il crollo delle Torri Gemelle).
Sono comunque diversi i momenti in cui si sorride, ma sempre con una punta di amarezza. Questo perché in soli trenta minuti si concentra un’ironia grottesca e a tratti molto cupa, che non lascia molto spazio allo spettatore per rilassarsi e tirare un sospiro di sollievo.
I protagonisti assoluti sono sì due teneri micini, ma scordatevi Hello Kitty e compagnia cantante. Piuttosto una sorta di Alice nel paese delle meraviglie in versione felina e molto meno rassicurante. Ci troviamo sul territorio di una fiaba dark, macabra e disturbante, che però saprà regalarvi allo stesso tempo anche un po’ di leggerezza.
Conclusioni
La fantasia di Tatsuo Satō non ha confini, e nei trenta minuti di Cat Soup si sprigiona in ogni modo, trascinandoci in un viaggio a metà strada tra sogno e incubo. Potete approcciarvi a questa opera in due modi: cercare di andare a carpirne ogni significato e riferimento, o lasciarvi trascinare completamente da questa assurda visione.
Se siete amanti dei lavori che virano sul visionario e sul nonsense, Cat Soup sarà sicuramente una visione che non vi lascerà indifferenti. Ancora di più se la vostra seconda passione sono i felini!
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