Serenity – L’isola dell’inganno è un noir contemporaneo con notevoli citazioni al cinema classico, che però, come vedremo in questa recensione, non va oltre il serioso divertissement
TITOLO ORIGINALE: Serenity. GENERE: noir, thriller. NAZIONE: USA. REGIA: Steven Knight. CAST: Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Diane Lane, Jason Clarke, Djimon Hounsou, Jeremy Strong. DURATA: 106 minuti. DISTRIBUTORE: Lucky Red. USCITA: 18/07/2019.
Baker Dill (Matthew McConaughey), ex militare dal pesante passato, sta passando un periodo di ritiro su un’isola al largo della Florida. Solitario e irascibile, lavora come traghettatore di navi per turisti. La sua vita è tormentata tra alcol, vani inseguimenti di pesci giganti e l’ambigua frequentazione della matura Constance (Diane Lane). Un giorno l’ex moglie Karen (Anne Hathaway) si presenta sull’isola e gli chiede di salvare lei e il loro figlio dal nuovo e violento marito. La donna propone a Baker di gettare l’uomo in acqua durante un’uscita in barca, in cambio di 10 milioni di dollari. Diviso fra la nuova vita e quella da cui è fuggito, Baker si ritrova in una realtà che non riesce a gestire. E sempre più vicino alla pazzia.
Su Serenity – L’isola dell’inganno, si sono riversate molte aspettative. Vuoi per il cast di livello Oscar, vuoi per la regia/scenografia di un personaggio controverso come Steven Knight. Però, forse per questo, il rischio del flop era dietro l’angolo. Invero i due interpreti principali, Matthew McConaughey e Anne Hathaway, hanno avuto una carriera eccezionale ma segnata da battute d’arresto e scelte sbagliate. Così come le scelte del regista, ad esempio in Locke (un’ora e mezza di telefonata di Tom Hardy), non sempre sono arrivate al punto. Così, in questa recensione di Serenity – L’isola dell’inganno, ci troviamo a fare i conti con il dato oggettivo dell’insuccesso e poche cose da salvare.
Il fiasco al botteghino | Recensione Serenity – L’isola dell’inganno
Il successo è stato, in effetti, pochissimo. A partire dall botteghino mondiale (in molte sale è già uscito in inverno), alla prova del quale si è sfiorato il rosso. Un pubblico quasi indifferente non ha sostenuto questo progetto, ma sembra non averlo fatto neanche il distributore. Gli autori e gli interpreti, infatti, si sono infuriati con la casa di distribuzione anglosassone Aviron, accusata di non aver sostenuto adeguatamente l’uscita del film.
A fare il paio con questo flop sono presto arrivate anche delle critiche ingenerose, che hanno stroncato quel poco che poteva essere salvato di Serenity. Le accuse principali sono la scarsa originalità, il poco pathos che il film riesce ad avere e la gratuità del ricorso a espedienti visivi per riuscire a mantenere a galla una pellicola che, in realtà, fin dai primi minuti sembra destinata al naufragio.
In un certo modo tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di Serenity – L’isola dell’inganno sembrano essersela cercata. Il film trasuda una volontà di stupire e dividere sfruttando storie classiche, misto a un senso di scarsa intenzione di portarla a termine. Questo sugella un inevitabile insuccesso, ma forse non tutto è da gettare via.
Un casting azzeccato| Recensione Serenity – L’isola dell’inganno
Tra le cose che più spiccano nel film c’è senza dubbio il parterre di attori che hanno accettato di collaborare al progetto. Una “materia prima” notevole, che oggi come oggi potrebbe portare un film in qualsiasi direzione. In effetti, i due grandi attori quali Matthew McConaughey e Anne Hathaway non sono più, ormai, oggetto di stereotipi. La belezza e il fascino non li hanno mai abbandonati, ma nel corso degli anni hanno dimostrato di essere attori poliedrici, slegandosi da un immaginario di genere disimpegnato.
La conseguenza, legando le loro storie alla trama, è senz’altro convincente. McConaughey, pescatore dannato, veste i panni di un eroe hemingwayano. Anne Hathaway, bionda e bellissima, è una femme fatale dal fascino irresistibile. E, intorno a loro, una serie di personaggi altrettanto azzeccati. Jeremy Clark è un villain sopra le righe, Diane Lane ad un tempo figura materna e catalizzatore sessuale, Djimon Hounsou una perfetta spalla dell’eroe maledetto. Insomma, non è a causa loro che il film imbarca acqua da ogni parte.
Anima noir in chiave moderna | Recensione Serenity – L’isola dell’inganno
L’impegno del cast appare, infatti, inversamente proporzionale alla volontà di creare una trama originale. Se la trama sembra un déjà vu è perché la sceneggiatura di Knight fa propri alcuni cliché tipici del noir. Richiami al cinema hollywoodiano degli anni ’40 e ’50, laddove la sensualità degli interpreti rimanda alle atmosfere patinate dei thriller sexy anni ’80.
In un clima estivo si svolge una trama che vorrebbe essere un complicato thriller, ma che in verità non sorprende. Anzi, gli inganni che si susseguono paiono piuttosto banali. Apparentemente intricato e complesso, in realtà vive solo in funzione di un unico grande colpo di scena. Che però, ancora una volta, comincia a svelarsi già nella prima parte del film e, quindi, si trascina faticosamente e banalmente lungo la proiezione.
La sensazione di familiarità, però, alla lunga indispettisce lo spettatore. Rimane così una esasperata ricerca della visibilità attraverso il ricorso al sesso. Espediente, ancora una volta, che certo non eleva il livello di un film in generale mediocre. Anche se di sicuro si tratta di un film che non lascia indifferenti, suscettibile di diventare un’opera guilty pleasure.
Un’opera incompiuta
Da questa recensione potrete capire che non siamo rimasti ammaliati da Serenity. L’impressione è che Knight abbia peccato troppo di presunzione e che non sia stato veramente in grado di trasmettere quello che voleva essere la sua idea di cinema. Il film resta infatti solo pieno di stranezze, che rimangono incompiute nel disegno più gande.
Punti a favore
- Il casting ricco e adeguato
- Le ambientazioni esotiche
Punti a sfavore
- L'epilogo troppo facilmente leggibile
- La scarsa originalità
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