Questa settimana per la nostra consueta rubrica vogliamo proporvi la retro-recensione di Django di Tarantino. Il film più “romantico” della filmografia del folle regista di Pulp Fiction e Le Iene. Dato il controverso periodo che stiamo vivendo è bene chiarire anche il tipo di linguaggio utilizzato in questo film che ha pescato a piene mani dai classici spaghetti-western italiani. Scopriamo i dettagli
TITOLO ORIGINALE: Django Unchained. GENERE: western. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: Quentin Tarantino. CAST: Jamie Fox, Christoph Waltz, Samuel L. Jakcson, Leonardo Di Caprio. DURATA: 165 min. DISTRIBUTORE: Warner Bros. USCITA CINEMA: 17/01/2013.
Django è un enorme omaggio all’omonimo film del 1966 diretto dal grande Sergio Corbucci e interpretato da Franco Nero nel ruolo del protagonista, che per altro compare in un fantastico cameo nel film diretto da Tarantino. Django ha ottenuto cinque candidature agli Oscar, vincendone due: miglior attore non protagonista per Christoph Waltz e miglior sceneggiatura originale per Tarantino.
Trama e trailer | Retro-recensione Django
Texas nel 1858, sono gli anni bollenti a ridosso della Guerra di Secessione americana. Django è uno schiavo nel Sud degli Stati Uniti che viene liberato dall’ex dentista e ora cacciatore di taglie King Shultz, il cui obiettivo è riconoscere tre ricercati e proprio Django che li ha avuti come schiavisti può aiutarlo in questa impresa. Shultz è un uomo generoso che non ha alcun interesse nel trattare Django come inferiore per questo lo presenta come suo “valletto” ma soprattutto come un uomo libero, da qui il cognome Freeman. Django confessa a Shultz che il suo obiettivo è liberare la bella moglie Broomhilda ancora imprigionata a Candyland, di proprieta di Calvin Candie, il negriero più crudele di tutto il sud, ma i pericoli sono all’ordine del giorno e gli animi si fanno sempre più caldi creando le tipiche situazioni in stile Tarantino.
Memorabile e iconico | Retro-recensione Django
Per prima cosa bisogna sottolineare che Tarantino finalmente si trova nel suo habitat naturale: il western. Nelle migliaia di interviste rilasciate negli anni non ha mai fatto mistero di amare ed essersi formato anche e soprattutto con gli western all’italiana di Leone e Corbucci e con Django riesce finalmente a trasporre in pellicola quella che per lui è una religione. Lo stile non è “puro” per ovvie ragioni, ma la riscrittura originale è ciò che rende questo film un vero e proprio capolavoro. Nonostante il film sia incentrato su Django la scena è chiaramente più carica quando siamo di fronte ai due personaggi cardine della storia: King Shultz e Calvin Candie. Chiaramente strutturati per essere opposti e complementari, quando la scena si focalizza sui loro dialoghi la sceneggiatura esplode in ciò che nessuno faticherebbe a definire perfezione. La malvagità intrinseca di Candie contro la spietata bonarietà di Shultz è ciò che rende Django memorabile.
Anche Jamie Foxx è stato sicuramente all’altezza del ruolo che interpreta, ma con dei mostri sacri di quel calibro intorno non è semplice spiccare, intanto vi lasciamo le nuove foto del suo ultimo lavoro dove interpreta Mike Tyson.
Django è un film insolito per Tarantino dato il “lieto fine”, ma è proprio il messaggio che Quentin puntava a dare con una pellicola tanto carica e controversa. Ha semplicemente nascosto dietro ad un film violento e dialetticamente perfetto un messaggio politico importante e carico di significato anche per il momento che stiamo attraversando adesso. Gli uomini nascono liberi, imprigionali e si ribelleranno con tutta la forza che hanno. Da sottolineare anche la dolce storia d’amore fra Django e Broomhilda che viene accompagnata dalla leggenda tedesca che Shultz racconta
Poliedricità ed esagerazione visiva | Retro-recensione Django
Il carattere distintivo di questo film è in assoluto la poliedricità che attraversa ogni ambito: dalla scrittura alla recitazione alla musica, alla fotografia.
Infatti, la fotografia di Robert Richardson si fonde perfettamente con lo stile di Tarantino, creando immagini memorabili anche riprese da opere d’arte rinascimentali o con inquadrature a campo largo e panoramiche che riuscirebbero a impressionare chiunque, il tutto accompagnato dalle musiche leggendarie dei film passato come (ovviamente) Django, I giorni dell’ira, I crudeli, Gli avvoltoi hanno fame e addirittura Lo chiamavano Trinità.
Costumi e trucco sono curati e sicuramente utilizzati per “alleggerire” il contesto estremamente pesante di un film dalla tematica tanto importante.
Ma ciò che molti non conoscono sono i retroscena tipici dei set di Tarantino. In particolare due episodi sono da citare. Il primo riguarda la pesantezza della sceneggiatura per parte del cast. In pratica molti attori dopo giorni di riprese si sentivano emotivamente troppo pressati a causa di un linguaggio razzista e violento, dunque Tarantino e Samuel L. Jackson un giorno decisero di riunire tutto il cast e fare chiarezza: la sceneggiatura era volutamente carica per rendere il messaggio chiaro e netto allo spettatore e soprattutto a Hollywood stesso. Samuel L. Jackson che nel film interpreta un negriero di colore ha, infatti, sottolineato quanto Tarantino sia stato in realtà coraggioso ad essere così tanto politicamente scorretto per rendere il film molto più credibile. Tarantino chiese al cast “volete mollare o volete fare un film degno di questo nome? Volete fare un film che valga l’Oscar? Allora continuiamo così!” E aveva assolutamente ragione.
Se volete approfondire la carriera di Samuel L. Jackson qui troverete il nostro speciale.
Il secondo episodio è ciò che ha reso l’interpretazione di Di Caprio letteralmente un cult. Durante le riprese di una scena particolarmente intensa Candie sbatte violentemente il pugno sul tavolo, peccato che Di Caprio nel farlo si sia ferito una mano iniziando a perdere sangue, ma senza smettere di recitare, ha iniziato a medicarsi da solo e non contento decise di sporcare il viso di Kerry Washington col sangue. Ovviamente Tarantino non si è fatto sfuggire l’occasione di inserire questo macabro “blooper” nel montaggio definitivo, rendendo il tutto molto più dinamico e credibile.
Django la “d” è muta
Insomma Django è ciò che possiamo definire un film cult (ma quale dei film di Tarantino non lo è?) e a renderlo tale ci hanno pensato un cast di altissimo livello e la sceneggiatura, tanto criticata ultimamente quanto in realtà ricca di significato e profonda. Tarantino non cambierà mai il suo modo di fare cinema e di questo gliene siamo grati, perchè con l’esagerazione e l’ultraviolenza è capace di sottolineare messaggi che in realtà cercano solo pace e tolleranza, è proprio lì il talento di un genio indiscusso della cinematografia contemporanea.
Voi cosa ne pensate? Per voi è stato troppo pesante da guardare o concordate con noi? Fatecelo sapere nei commenti e non dimenticate di continuare a seguirci.
Punti a favore
- Sceneggiatura perfetta
- Scontro Shultz/Candie
- Fotografia
- Musiche
- Regia
Punti a sfavore
- Nessuno degno di nota
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