Al Trieste Science+Fiction Festival 2020 arriva l’opera prima di Zoé Wittock, Jumbo, ed ecco a voi la nostra recensione. Avete mai amato follemente un oggetto inanimato?
TITOLO ORIGINALE: Jumbo. GENERE: Drammatico, Fantascienza. NAZIONE: Francia, Belgio, Lussemburgo. REGIA: Zoé Wittock. CAST: Noémie Merlant, Emmanuelle Bercot, Bastien Bouillon, Sam Louwyck. DURATA: 93 min. DISTRIBUTORE: WTFilms. DATA DI PRESENTAZIONE: 1 novembre 2020.
Ecco per voi la recensione di Jumbo, una delle opere più attese del Trieste Science+Fiction Festival 2020. Il film di Zoé Wittock, qui alla sua opera prima, aveva già ricevuto il plauso della critica americana tramite il Sundance Festival ma in Italia era rimasto inedito fino all’anteprima di ieri. La pellicola concorre nella sezione principale del festival, la sezione Neon, che presenta il meglio dei lungometraggi partecipanti alla manifestazione friulana. Andiamo allora a scoprire meglio questa assurdamente fantastica storia!
Prima della conclusione della recensione troverete anche una piccola sorpresa: un’esclusiva intervista alla regista di Jumbo, Zoé Wittock,
Trama | Recensione Jumbo
Jeanne (Noémie Merlant) è una timida ragazza che vive con la madre (Emmanuelle Bercot), una disinibita barista, e fa il turno di notte come addetta alle pulizie in un luna park. La madre vorrebbe che incontrasse un uomo, ma Jeanne preferisce stare nella sua camera ad armeggiare con fili, lampadine e pezzi di ricambio, creando giostre in miniatura. Nelle sue notti al lavoro comincia a trascorrere dei momenti intimi con la seducente nuova giostra “Move it”, soprannominata da Jeanne come Jumbo. Sedotta dalle sue luci, dalle lisce cromature e dai giunti oleosi, la ragazza decide che l’avventura amorosa, che la madre tanto attende, sarà proprio con Jumbo.
Romance sci-fi | Recensione Jumbo
L’opera perfetta per coloro che cercano una fantascienza “romantica”, Jumbo si presenta come un insolito ma riuscito mix di genere. L’incipit è infatti quanto più di “strano” possa esservi. La così detta oggettofilia, ovvero l’amore spirituale e sessuale per gli oggetti è qualcosa di raro ma esistente in natura. La regista Zoé Wittick, estremamente affascinata dalla questione, ha voluto farci un film e possiamo già dire che probabilmente meglio di così non poteva fare. Il rischio di incappare in un film deriso da tutti era facile e sicuramente la trasposizione in storia filmica non deve essere stata facile per Zoé. Tuttavia, l’autrice ha fin da subito compreso ciò che andava fatto per quest’opera. Non tanto indagare la stranezza di questo particolare amore, quanto cercare di comprenderlo, aprirsi ad esso.
Da Move it a Jumbo | Recensione Jumbo
Ecco quindi che tutte le questioni psichiatrice vengono bellamente tralasciate, di modo da concentrarci esclusivamente sul rapporto amorevole tra Jeanne e la giostra Jumbo. La ragazza, nel parco, fa il turno di notte ed ecco quindi che si crea una contrapposizione tra luce e oscurità. Di giorno è “Move it”, la classica giostra da lunapark piena di ragazzi urlanti, di notte si trasforma in Jumbo. La giostra rimane esattamente la stessa ma la vediamo conversare con Jeanne tramite luci e movenze meccaniche. L’effetto cinematografico è semplicemente stupendo, tanto che uno degli aspetti tecnici migliori di quest’opera risulta proprio la fotografia. La stragrande maggioranza di queste “fantastiche” sequenze è poi realizzata dal vero, lasciando solo lo spazio necessario alla CGI.
Non solo affetto ma anche attrazione | Recensione Jumbo
L’amore “inverosimile” diventa quindi completamente credibile e realistico per lo spettatore. In ciò aiuta tantissimo la fantastica performance di Noémie Merlant già famosa per Ritratto della giovane in fiamme (2019). La ragazza riesce a trasmettere un amore vero, non solo platonico ma anche sessuale. Il film in ciò è chiarissimo: tra Jumbo e Jeanne non vi è solo un’affezione reciproca, vi è anche un’attrazione reciproca. Un’eccitazione che la ragazza non riesce a provare con nessun altro ragazzo. Da notare anche la caratterizzazione sociopatica della ragazza, sicuramente legata al suo comportamento amoroso. Vediamo ad esempio Jeanne andare in ansia anche in situazioni ordinarie (reso visivamente tramite l’allontanamento delle voci circostanti e l’offuscamento di ciò che è esterno alla ragazza inquadrata).
Da amara ironia a dramma totale | Recensione Jumbo
In tutto questo, ovviamente, grande importanza viene data anche alle conseguenze… La madre, all’inizio, sembra rifiutare la cosa in maniera ironica ma piano piano, quando capisce che la figlia “fa sul serio”, ecco che la situazione degenera. Abbiamo quindi un passaggio da iniziale momenti di commedia molto divertenti a una drammaticità totale. Drammaticità che forse a volte è fin troppo allungata ed esasperata, ma che può anche essere giustificata vista la già difficile situazione sociale della ragazza; la madre è stata lasciata dal marito dopo averla messa incinta e non gode certamente anch’ella di una vita totalmente stabile. Fortunatamente nella vita della donna arriva un uomo che “darà il là” al finale del film. Sarà infatti tramite questo piccolo ma importante personaggio che capiremo il messagio di Jumbo: “non importa capire, spiegare, importa accettare“.
Un piccolo regalo: intervista con la regista Zoé Wittock
Prima di concludere, ecco a voi uno speciale regalo. Abbiamo infatti avuto il piacere di intervistare la regista Zoé Wittock. Tra le diverse questioni affrontate, ella ci ha raccontato come il nome Jumbo nasca liberamente, da una totale spontaneità. In particolare Zoè ha origini sudafricane, nazione dove il termine “Jambo” (pronuncia americana di “Jumbo) viene utilizzato spesso come saluto. Solo successivamente la regista si è accorta come in realtà Jumbo facesse riferimento anche al famoso elefante, morto nel XIX sec. in circostanze tragiche (quando guarderete il film noterete le diverse connessioni tra la storia di Jumbo – attrazione e Jumbo – elefante).
Infine abbiamo chiesto alla cineasta quanto di ciò che vedevamo su schermo era stato realizzato in CGI. La risposta ha praticamente confermato le nostre deduzioni. Nelle maggior parte del film, comprese le sequenze con Jumbo, si è cercato di ricorrere alla CGI solo per lo strettamente necessario. In particolare, la regista ci ha spiegato come i momenti più divertenti, ma al tempo stesso impegnativi, sono state le varie sequenze con l’attrazione. Con un’ equipe di ingegneri ad hoc, addirittura è stato modificato lo stesso funzionamento della giostra! La volontà era proprio quella di evitare di dare allo spettatore una sensazione cartoonesca, così da creare un’atmosfera surreale ma credibile.
Conclusione
L’opera prima di Zoé Wittock si rivela quindi un romantico, dolce, triste ma entusiasmante film. La regista traspone con grande maestria la delicata tematica, dando prova non solo di una certa sensibilità ma anche di una generale esperienza tecnica. Infatti, seppur parliamo di un esordio registico, Zoé lavora nel settore già da diversi anni e ciò è chiaramente visibile guardando questo Jumbo. Infine, questo film può anche essere sicuramente considerato come un’opera fondamentale per tutti coloro che si sentono travolti da un amore differente dagli “standard” che la società ci impone.
Punti a favore
- regia e fotografia
- l'interpretazione fantastica di Noémie Merlant
- Totalmente surreale senza mai perdere di credibilità
- Piccoli ma buonissimi spunti comici
Punti a sfavore
- A volte la drammaticità è eccessiva
- La sceneggiatura, per quanto ben fatta, può sembrare poco articolata sulla tematica
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