La svolta JRPG è riuscita ad evolvere la serie nella direzione giusta? Scopriamolo in questa recensione di Yakuza: Like a Dragon
Nato sulla falsariga di Shenmue, con il susseguirsi dei capitoli la serie di Yakuza ha acquisito un’identità propria. Dopo sei titoli numerati (sette, se contiamo Yakuza 0) e quindici anni di pubblicazione, si sentiva il bisogno di un’evoluzione decisa. Evoluzione che è partita da uno scherzo; una demo, concepita come pesce d’aprile a metà dello sviluppo del settimo capitolo, mostrava un gameplay da gioco di ruolo a turni. Lo scherzo però è diventato qualcosa di reale, che si è concretizzato come il più grande salto nel buio fatto da Toshihiro Nagoshi e dal suo team. Una scelta tanto azzardata quanto vincente, scopriamo il perché in questa recensione di Yakuza: Like a Dragon.
Benvenuti a Yokohama
Il lungo prologo è funzionale all’introduzione di quello che di fatto è l’inizio di un nuovo filone narrativo. Le prime ore di gioco sacrificano il gameplay, dato in pasto al giocatore in piccole dosi, e si concentrano sul racconto. In questo modo facciamo la conoscenza del protagonista Ichiban Kasuga e della sua peculiare storia; nato in una soapland, un tipico locale giapponese in cui i clienti vengono lavati (e non solo), Ichiban cresce senza una casa e diventa uno sbandato. Questo lo avvicina inesorabilmente alla famiglia Arakawa del clan Tojo, per la quale è pronto a sacrificare anche la sua stessa vita. Senza anticiparvi altro, questo porterà il protagonista ad essere letteralmente scaricato a Yokohama, nel distretto di Isezaki Ijincho, come se fosse immondizia.
Ed è proprio in questo momento che Yakuza: Like a Dragon comincia davvero. La mappa di Ichinjo si apre e fa subito capire al giocatore l’enorme mole di contenuti presente nel gioco. A differenza di Kamurocho, diverse culture straniere convivono ad Ichinjo, che appare fin da subito caratterizzata in maniera eccellente. Il team di sviluppo ha deciso di puntare sulla densità piuttosto che sulla vastità. Non c’è infatti vicolo in cui non ci sia un negozio, una missione secondaria o un oggetto nascosto.
La rivincita degli ultimi – Recensione Yakuza: Like a Dragon
L’apparenza e la reputazione contano più di ogni altra cosa, in particolare in una società come quella giapponese. In un contesto simile chiunque abbia fallito viene emarginato e dimenticato da tutti. La narrazione rimane sull’ottimo livello dei precedenti capitoli; Yakuza: Like a Dragon è una storia di riscatto e di come si può risalire una volta toccato il fondo, nonostante “le macchie” ormai indelebili sulla reputazione dei protagonisti.
Il protagonista e i comprimari sono tutti ben caratterizzati e viene dedicato loro il tempo necessario ad approfondirli. Esplorando particolari luoghi si attivano dialoghi unici tra i membri del party, lo stesso avviene mangiando determinati cibi nei ristoranti. Inoltre, aumentando il livello di legame con i compagni, si avanza in delle missioni secondarie dedicate ad ognuno di loro. Si riesce così ad empatizzare con i personaggi ed approfondire le dinamiche del gruppo.
Se siete preoccupati che Ichiban Kasuga possa non riuscire a reggere il peso dell’eredità donatagli da Kazuma Kiryu, vi sbagliate di grosso. Il Ryu Ga Gotoku Studio ha fatto un ottimo lavoro sulla scrittura del protagonista, al quale ci si affeziona dopo pochi minuti.
Colpisci quando è il tuo turno – Recensione Yakuza: Like a Dragon
Proseguiamo la recensione di Yakuza: Like a Dragon parlando dell’aspetto che sorprende più di ogni altra cosa, ovvero il gameplay. Ichiban Kasuga è estroverso e loquace, oltre ad essere un grande fan di Dragon Questo dotato di una fervida immaginazione. Il fantasticare del protagonista trasforma le vicende in un JRPG, con tutti canoni classici del caso. Gli attacchi diventano tecniche speciali o magie, i lavoretti part-time si trasformano in un sistema di classi e gli eroi aspettano il proprio turno prima di colpire. In un tripudio di rimandi al genere, il sistema di combattimento è ben calibrato e permette al giocatore una grande varietà di approcci.
Il sistema di lavori offre una notevole personalizzazione del party in base alle esigenze. Ognuno dei personaggi utilizzabili gode di un lavoro esclusivo, ma sarà in grado di sviluppare una qualsiasi classe a scelta soddisfacendo certe condizioni. Il sistema ci è sembrato bilanciato e intuitivo, ma al contempo profondo ed appagante per un giocatore più navigato. Insomma niente di rivoluzionario o particolarmente innovativo, ma che funziona egregiamente.
Sono inoltre presenti delle meccaniche più “action”. La pressione di un tasto al momento giusto può aumentare il danno inflitto dalle tecniche o diminuire quello subito dalle mosse degli avversari. Questo tipo di meccaniche potrebbe aiutare chi è meno propenso alla staticità di un combattimento a turni. Il combat system però riesce a dare il meglio di sé nelle fasi finali dell’avventura, dove una difficoltà elevata (non priva di alcuni picchi forse eccessivi) richiede una buona dose di strategia e conoscenza delle meccaniche. Peccato però per la telecamera che crea parecchie noie negli spazi più stretti.
Godere del tempo libero – Recensione Yakuza: Like a Dragon
Sono proprio le attività secondarie che ci fanno capire che la svolta JRPG ha portato Yakuza: Like a Dragon nel suo ambiente naturale. La quantità di missioni secondarie, attività extra e minigiochi è stupefacente e vi terrà impegnati per oltre 100 ore. Negli scorsi capitoli tutto ciò era scollato dal resto. I giocatori le svolgevano per pura passione o spirito di completismo. In questo caso però tutto è funzionale all’avanzamento, che si tratti di ottenere un oggetto raro o un aumento alle statistiche. Riteniamo che questa soluzione sia un passo in avanti per la serie, che ne migliora decisamente il design di fondo.
Questo bilanciamento perfetto tra attività extra e progressione della trama viene sporcato però in un solo momento. Senza spoilerare nulla, per motivi di trama al giocatore viene richiesto un farming davvero eccessivo che spezza il ritmo del gameplay. In questo momento viene tolta la libertà che si ha in tutto il resto del gioco e, a nostro avviso, si tratta di un pessimo esempio di game design che non possiamo non mettere in luce.
L’altra nota dolente è il pigro level design dei dungeon, troppo semplici e privi di qualsivoglia estro creativo. Sia quelli obbligatori che quelli opzionali non brillano certo per complessità. A conti fatti ci troviamo davanti a dei lunghi corridoi con alcune deviazioni. Davvero troppo poco e in netto contrasto con la cura messa nella costruzione della mappa e con il livello qualitativo generale del gioco.
Il Drago al massimo del suo splendore – Recensione Yakuza: Like a Dragon
Il motore grafico Dragon Engine dà il meglio di sé in Yakuza: Like a Dragon, in particolare nei modelli dei personaggi principali. Il colpo d’occhio complessivo, seppur con qualche calo qualitativo nei fondali, è piacevole e in linea con gli standard dell’ottava generazione videoludica. Generazione che però inizia a sentire il peso degli anni, infatti su PS4 base si nota qualche calo di frame nelle zone più popolate. Nulla però che vada a minare la godibilità del prodotto finale anche sulle console più deboli.
SEGA ha deciso di puntare tutto sul lancio occidentale. Sia il doppiaggio giapponese che inglese, entrambi validi, godono della sincronizzazione con le animazioni delle labbra. Sentitevi liberi di scegliere la lingua che preferite senza alcun problema. Menzione d’onore poi per la traduzione italiana nei testi. Non sarà stato facile adattare i numerosi giochi di parole presenti, ma il risultato finale è davvero soddisfacente. Apprezziamo anche la scelta, spesso discussa, di mantenere i suffissi onorifici tipici della lingua giapponese. Al giorno d’oggi infatti non dovrebbe essere un problema per la maggior parte del pubblico comprenderne il significato.
Esperimento riuscito
Yakuza: Like a Dragon è uno dei migliori capitoli della serie, senza dubbio. Il passaggio al gioco di ruolo ha giovato non poco alla formula e probabilmente ora non si può tornare indietro. L’abilità nella costruzione di personaggi carismatici come Ichiban e il suo party hanno permesso di completare il passaggio di testimone con successo. Non senza qualche inciampo, ci troviamo davanti ad un prodotto di qualità. Sicuramente non rinnoverà il genere dei JRPG, ma dona nuova linfa vitale ad un genere che vede troppi pochi esponenti tra le produzioni tripla A.
Un amante del Giappone non può farsi scappare un prodotto di questo genere. La cura maniacale nei dettagli, dai cibi tradizionali ai tatuaggi curati dall’artista Horitomo, sono una manna dal cielo per chiunque ami questa terra. Allo stesso tempo però non viene edulcorato alcunché, mettendo in luce i difetti e le problematiche di una società che pensa troppo all’aspetto e poco alla sostanza.
Si conclude qui la nostra recensione di Yakuza: Like a Dragon. Il gioco è disponibile su PC, PS4, PS5, Xbox One e Xbox Series X/S. Vi invitiamo a seguirci sulle pagine di tuttoteK per tutti gli aggiornamenti sulle ultime novità dal mondo dei videogiochi e non solo!
Punti a favore
- Tantissimo contenuto di qualità
- Combat system intuitivo e profondo
- Attività extra amalgamate alla perfezione con il resto
- Una cartolina del Giappone, nel bene e nel male
Punti a sfavore
- Dungeon poco ispirati
- Telecamera a volte ingestibile
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