Octopath Traveler è riuscito a risvegliare nella sottoscritta quella dannatissima sensazione di Nostalgia che attanaglia tutti noi videogiocatori “veterani”, scoprite in questo mio sproloquio che cosa intendo dire
Gli amanti dei JRPG vecchio stile lo sanno: la pacchia è finita. Purtroppo è ben noto quanto le meccaniche old school siano oggigiorno “pesanti”, poco apprezzate dai nuovi e giovani videogiocatori perché poco permissive. I save point, il grinding massivo e i combattimenti a turni sono ormai caratteristiche che stanno strette ai più e si tende a considerare i titoli che tutt’ora tentano di sbandierarle come “troppo vecchi e macchinosi”. In realtà, è esattamente così: queste meccaniche sono effettivamente vecchie e macchinose. Eppure conservano un fascino terribilmente accattivante per gli amanti del genere.
Un tuffo nel passato
Con estremo e imperdonabile ritardo ho recuperato nelle scorse settimane Octopath Traveler, arrivando a circa trenta ore di gioco e “al terzo giro” per ogni personaggio. Trenta ore di full immersion in un mondo che non pensavo avrebbe saputo prendermi così tanto e che mi ha gentilmente presa per mano per poi colpirmi in piena faccia con quel tanto decantato effetto nostalgia. Chiariamo bene un concetto: non sempre la nostalgia è un pregio. O meglio, non sempre la nostalgia è sufficiente a rendere interessante e intrattenente un titolo.
Inizio seriamente a sentirmi anziana – Octopath Traveler: Square Enix e il fattore Nostalgia
Spiegandomi meglio: se voglio rigiocarmi un titolo in stile anni 90, posso tranquillamente recuperarne le versioni digitali o ritirare fuori i vecchi hardware e farmi una partita a Super Mario 64. Non è strettamente necessario ricreare qualcosa in tempi moderni che ricalchi i passi lasciati dalle vecchie glorie del passato. Quest’ultima è una strategia utilizzata specialmente dagli sviluppatori indipendenti, che utilizzano meccaniche old school e grafica retrò per raccontare storie interessanti, mantenendo gli standard tecnici bassi a causa di mancanza di soldi. E sì, mi riferisco a te Finding Light. Quando però si parla di un titolo ad alto budget, il fattore nostalgia non può e non deve essere il fulcro principale. Devono esserci fondamenta solide, meccaniche ben studiate, idee accattivanti. Tutte caratteristiche che, effettivamente, Octopath Traveler ha.
Attenzione però: questa non è assolutamente una recensione. Considerando soprattutto che non ho finito la storia principale, quindi non mi permetterei di valutarlo con un voto specifico, questo è uno speciale che vuole prendere l’opera di Square Enix per discutere di questa grande canaglia che attrae noi videogiocatori “vetusti”: la nostalgia. Octopath Traveler, come già detto, ci prende per mano e ci accompagna in un mondo 2D-HD, come è stata definita questa nuova scelta estetica in Unreal Engine 4, che se tiriamo le tende e spegnamo la luce ci porta tecnicamente a rivivere tempi passati.
Nostalgia, nostalgia canaglia – Octopath Traveler: Square Enix e il fattore Nostalgia
I combattimenti a turni, i punti di salvataggio in punti specifici, e il grinding sfrenato sono quanto di più macchinoso, vetusto e complesso per i nuovi arrivati si possa mai immaginare. Perdere ore e ore di level-up a causa di un game over non previsto, che ci riporta indietro anche di due o tre ore, è frustrante. Il ritrovarsi a metà gioco con i personaggi sottolivellati e dover passare decine di ore a grindare sempre gli stessi nemici, magari rischiando proprio quel dannatissimo game over per una singola e stupida disattenzione, è frustrante. La lunghezza di alcuni scontri, specialmente contro i boss, e la randomicità degli attacchi è frustrante. La frustrazione, però, non è necessariamente un fattore negativo. Perché spesso la frustrazione è quel che precede la soddisfazione.
Non stiamo ovviamente parlando di un genere di titoli “Trial and Error” come può essere un qualsiasi soulslike, in cui la correlazione fra frustrazione e soddisfazione raggiunge i massimi livelli. In Octopath Traveler, però, il passare ore ed ore ad accumulare PC per imparare le varie abilità per ogni singola classe disponibile sarà frustrante. Tanto quanto sarà soddisfacente: completare l’ennesima lista di abilità, acquistare l’equipaggiamento più potente e vedere salire esponenzialmente i nostri output di danno.
Coralità o univocità? – Octopath Traveler: Square Enix e il fattore Nostalgia
Quel che si è purtroppo perso in Octopath Traveler è la coralità della sceneggiatura che ha sempre caratterizzato i giochi di ruolo vecchio stile. Ogni “eroe”, nel titolo Square Enix esclusiva Nintendo Switch, ha il suo percorso, i suoi scopi e la sua storia. Si è perso il senso di “gruppo”, di obiettivo comune. La salvezza del mondo, la sconfitta del cattivone di turno. Si è però guadagnato in profondità dei personaggi. Ciascuno di loro ha spazio per crescere, per maturare, per far luce sul proprio passato o sul futuro. Una profondità che ci permette di affezionarci maggiormente ai singoli personaggi, piuttosto che al gruppo. Un nuovo modo di intendere il gioco di ruolo, o forse un modo alternativo. Haanit alla ricerca del suo maestro, Therion del modo di liberarsi di quel marchio infamante che gli è stato affibbiato, Olberic del suo motivo per impugnare la spada.
È sicuramente vero che alcuni “percorsi” sono meno ispirati rispetto ad altri, ma sono tutti viaggi estremamente personali e introspettivi. Che poi l’interesse verso le storie di vita di alcuni personaggi sia estremamente soggettivo è assolutamente vero: ciascuno può colpire il videogiocatore per somiglianza con esperienze reali di vita, lutti, mancanze. Olberic, ad esempio, è il personaggio a me più caro: la sua continua ricerca di un motivo per esistere, per brandire di nuovo la spada e fare ciò per cui è davvero nato dopo la perdita di quel che dava un senso alla sua esistenza di soldato hanno stuzzicato violentemente quel nervetto scoperto che tanto ci rende umani.
Viaggi di crescita in senso stretto, viaggi fatti per vendetta, per speranza, per compassione. Otto percorsi completamente slegati tra loro, che si incontrano solo perché appartenenti allo stesso mondo. Otto persone che si aiutano l’un l’altra senza un particolare motivo, solo ed esclusivamente perché le loro strade si sono incrociate e… Una mano non si nega a nessuno, specialmente fra avventurieri. Il diario dell’anonimo viaggiatore di Tressa recita, a tal proposito, in un passo:
Viaggiare è come salpare per un oceano di opportunità, ma nessuna preziosa… come la possibilità di incontrare altre anime. Stabilire un legame con un’altra persona, per quanto breve, è un’esperienza indimenticabile.
Cura per i dettagli – Octopath Traveler: Square Enix e il fattore Nostalgia
Il dettaglio estetico personalmente è impressionante. Se a primo impatto la scelta grafica può sicuramente far storcere la bocca a molti, con un voler riproporre una grafica 2D, discostandosene però pesantemente per effetti, animazioni e una resa generale molto più accurata. Una scelta sicuramente sui generis e che potrebbe non piacere a tutti, visto anche l’effetto “sfocato” che hanno i fondali, ma che personalmente ho trovato accattivante e piacevole. I dettagli sono poi meravigliosi, sia per i modelli dei personaggi sia per le ambientazioni, quest’ultime ricche e molto variegate. Puntare sul “Fattore Nostalgia”, quindi, si rivela una scelta accurata quando di base si danno valori aggiunti alle produzioni, senza necessariamente svecchiare di troppo le meccaniche, ma creando un’anima che possa accattivare tutti quanti. Vero, Final Fantasy VII Remake?
Concludendo: sono vecchia
Ed è proprio per questi motivi che Octopath Traveler mi ha accattivata così tanto: perché non vuole essere un vecchio gioco di ruolo. Vuole ripercorrere quella strada, sicuramente. Vuole spingere sull’Effetto Nostalgia, sicuramente. Si rivolge a un particolare tipo di pubblico, questo è certo. Non si vuole fermare qui, però, vuole essere ricordato. Un ritorno al passato con i piedi piantati nel presente, con la certezza che semmai uscirà un secondo capitolo questa volta non farò passare tutto questo tempo per viverlo. Ora vado, un altro “giro” mi aspetta.
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