E infine toccò anche a The Legend of Zelda: il gioco dell’anno 2017, Breath of The Wild, è la star della nostra micro-recensione di oggi
Se già il quinto posto dedicato ieri a Super Mario Odyssey può sorprendere, mettere al quarto posto (cronologicamente quartultimo) del Calendario dell’Avvento la recensione di un capolavoro del calibro di The Legend of Zelda Breath of The Wild andrà di sicuro di traverso a qualcuno. Che blasfemia, vero? Non per chi vi scrive: semplicemente, c’è ancora di meglio sul podio. Come fece Twilight Princess nel cambio della guardia tra GameCube e (specchiato) su Wii, ora il passaggio di testimone vede la fiaccola flebile di Wii U riaccendersi come fuoco di fenice su Nintendo Switch. Un ruolo che il primo Zelda open world si è più che guadagnato.
The Legend of Zelda Breath of The Wild, ventiduesima recensione del Calendario di Nintendo Switch
Naturalmente Eiji Aonuma, director della serie, è stato rapido a specificare che “in un certo senso, anche il primo The Legend of Zelda era open world.” E chi siamo noi per correggerlo? La chiave reinterpretativa ha cambiato alcuni dei canoni dell’universo zeldiano per adattarli ad un game design tutto sommato differente, ma il risultato finale è uscito relativamente indenne da questo processo di transizione. Reinventare cardini precedentemente immutabili in una serie così dogmatica come un franchise della Grande N non è cosa da poco; men che meno, poi, se contiamo questo come il debutto del Colosso di Kyoto nell’era moderna delle produzioni Tripla A.
Il primo The Legend of Zelda, dunque, portò la non-linearità là dove Super Mario Bros. aveva stabilito dei criteri, prima che Metroid facesse lo stesso con i platformer. Ad anni di distanza, Breath of the Wild rappresenta la rinascita della stessa verve sovversiva nella Nintendo contemporanea. Ci stiamo soffermando su un solo aspetto, vero: esistono ancora delle barriere tra questo gioco e la perfezione assoluta (armi distruttibili in primis), ma con un world-building tanto fenomenale non restano molti salamelecchi su cui dilungarsi. “Se lo vedi, puoi raggiungerlo”: è possibile concludere il tutorial nell’Altopiano delle Origini e andare ad attaccar briga con il boss finale. Forse è qui che Pokémon Scarlatto e Violetto avrebbero dovuto prender nota. Il fatto che il gioco abbia introdotto una varietà di vestiario mai vista prima e una meccanica di crafting per armi e cucina, poi, è la ciliegina sulla torta.
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