I protagonisti di un videogioco hanno la capacità di far provare emozioni a tutti coloro che decidono di accompagnarli nella loro avventura. “Processo di Immedesimazione” lo chiamo io, quando i personaggi decidono di condividere con noi giocatori le loro emozioni e le loro sensazioni. In Detroit: Become Human gli androidi Connor, Kara e Markus possiedono questa potente e profonda capacità
Quanto un videogioco riesce a farti immedesimare con i personaggi tanto da riuscire quasi a provare le loro sensazioni, allora il videogioco ha fatto centro. Personalmente non sono molti i titoli dove sono riuscita ad avvicinarmi ai protagonisti fino a sentirmi parte della loro storia e del loro mondo. Credo che riuscirei a contarli sulle dita di una mano! L’immedesimazione con il protagonista (o protagonisti) di un videogioco non è dunque cosa scontata e, basandomi sulla mia esperienza, è un evento che non succede spesso. Ma quando succede si crea un legame quasi speciale, tanto da sentire proprio l’universo di quel determinato personaggio.
Con grande piacere e soddisfazione questo “Processo di Immedesimazione” più unico che raro mi è capitato di recente con i protagonisti di un videogioco che si è aggiudicato un posto nella mia lista personale dei Migliori Videogiochi del 2018. Credo che ormai, vista l’immagine di copertina, abbiate già indovinato di cosa sto parlando.
Proprio lui, Detroit: Become Human.
Alla lettera “Detroit diventa umana”, il gioco di Quantic Dream è arrivato sugli scaffali di tutto il mondo lo scorso 25 maggio solamente per i possessori di PlayStation 4. Detroit: Become Human si propone dunque come un’esclusiva delle console Sony di ultima generazione e catapulta i giocatori nella Detroit del 2038 alle prese con un enorme progresso tecnologico che nel giro di 10 anni ha portato sul mercato degli intelligentissimi androidi. Questi ultimi sono stati creati dalla CyberLife e, nonostante nel gioco vengano chiamati effettivamente androidi, penso che il termine più appropriato sia umanoidi, dato che sono in tutto e per tutto uguali agli umani. Unica differenza? Gli androidi umanoidi sono degli esseri perfetti. Ed è proprio quando questa perfezione inizia a mancare che a Detroit scoppia il caos: gli androidi iniziano a provare emozioni umane e ciò li trasforma in devianti.
Ma non voglio dilungarmi troppo sulla trama, dato che non è l’argomento principale del mio editoriale. Per la trama e gli aspetti tecnici di Detroit: Become Human vi lascio alla recensione del nostro Nicola Armondi che potete trovare seguendo questo link.
Quello su cui voglio concentrarmi sono i protagonisti che compongono la storia e l’universo di Detroit: Become Human. Il gioco gira attorno alle vite di tre androidi con compiti, ruoli e soprattutto “caratteri” diversi. Metto la parola “caratteri” tra virgolette per un motivo ben preciso. Un androide umanoide può avere un carattere, una propria personalità? Può una “macchina” riuscire ad esprimere il proprio essere? Possiamo noi giocatori immedesimarci con i devianti? La risposta è sì e Detroit: Become Human ci accompagna alla perfezione.
L’articolo contiene spoiler sulla trama di Detroit: Become Human, quindi se lo state ancora giocando (oppure è nella vostra wishlist) e non volete rovinarvi l’esperienza è consigliabile non proseguire nella lettura dell’articolo. Potrete sempre leggerlo in futuro quando avrete concluso il gioco!
Una sezione di motion capture in Detroit: Become Human, con Alice (a sinistra) e Kara (a destra).
Connor, Kara e Markus sono le tre colonne portanti di Detroit: Become Human
Come abbiamo detto il gioco di Quantic Dream ci permetterà di confrontarci con tre protagonisti androidi differenti. In Detroit: Become Human i giocatori potranno scegliere come approcciarsi agli eventi e dunque, in un certo senso, la linea comportamentale dei personaggi. Però, nonostante questa nostra libertà di scelta, tutti e tre i protagonisti hanno un carattere e personalità ben precise; diciamo che in un certo senso noi scegliamo il loro comportamento e il modo di essere, ma non l’essere vero e proprio. Le “fondamenta” di Connor, Kara e Markus le ha scelte Quantic Dream e noi possiamo solo decidere come farli agire in determinate situazioni.
E sono proprio i tre protagonisti di Detroit: Become Human che di recente hanno sprigionato in me il “Processo di Immedesimazione” di cui vi parlavo prima. Ovviamente non tutti e tre allo stesso modo, chi più e chi meno, ed è in questo fenomeno che sta la potenza della caratterizzazione dei personaggi. Come nella vita di tutti i giorni, è normale trovare delle persone che percepiamo più simpatiche o meno simpatiche e ciò è accaduto anche con i personaggi di Detroit: Become Human.
Piccola nota prima di iniziare: ho deciso di analizzare i personaggi in un ordine ben preciso. Il primo di cui vi parlerò sarà quello con cui mi sono immedesimata meno, mentre l’ultimo sarà quello a cui mi sono sentita più vicina. In poche parole, ho lasciato il meglio alla fine!
L’analisi dei personaggi è personale e soggettiva, basata sulla mia esperienza di gioco e sulle scelte che ho deciso di intraprendere durante la storia. I comportamenti dei tre protagonisti potrebbero quindi variare in base alle scelte prese da ognuno.
Markus, il rivoluzionario di Detroit: Become Human
Il primo personaggio che vado ad analizzare (da un punto di vista personale, ovviamente) è Markus, in origine l’androide domestico del pittore Carl Manfred. Markus è un androide modello RK200 e, soprattutto, un deviante. Ovviamente in Detroit: Become Human faremo la sua conoscenza prima e dopo la “devianza”, dove potremo analizzare i vari cambiamenti di idee e personalità.
Come già detto, in origine Markus è un androide domestico con il compito di assistere Carl Manfred, un pittore (ovviamente umano) costretto su una sedia a rotelle. Il rapporto tra Carl e Markus è molto stretto, quasi padre-figlio e all’inizio si nota principalmente dal mondo in cui Carl si rivolge al suo androide. Questo perché in principio Markus non è un deviante (lo diventerà in seguito), ma una semplice macchina perfetta. Nonostante ciò Carl si relaziona a Markus come se quest’ultimo fosse suo figlio. L’uomo non esterna in modo diretto i sentimenti paterni che prova per l’androide, ma fa capire il suo affetto attraverso dei semplici gesti e comportamenti. Carl si fida ciecamente di Markus.
E Markus?
Personalmente Markus è il personaggio che, in un certo senso, mi è piaciuto meno. Questo perché non sono sempre riuscita ad immedesimarmi con lui, nonostante avessi la possibilità di scegliere determinati suoi comportamenti. Markus diventa un deviante nel momento in cui Carl è in pericolo e la devianza sfocia per proteggere il suo padrone.
Sia da semplice androide che da deviante, Markus mi è sempre sembrato troppo freddo. Da androide la cosa è giustificata, visto che in Detroit: Become Human gli androidi sono macchine che non provano emozioni, ma anche da deviante Markus mi è sembrato troppo impostato. Il personaggio è un rivoluzionario con delle idee ben precise, deciso a combattere per la libertà di tutti gli androidi e durante il gioco si potrà anche scegliere di fargli intraprendere delle relazioni amorose. Nella mia partita ho scelto di far diventare Markus il compagno di North, l’androide donna che sostiene la sua causa. Ero convinta che innamorandosi il cuoricino di Markus si sarebbe un po’ sciolto… e invece no! Anche durante la scena del bacio tra lui e North, l’androide deviante mi è sembrato ancora troppo freddo. Ammetto che sono una romanticona, però Markus… un po’ di dolcezza in più non sarebbe guastata!
Kara, la “mamma” di Detroit: Become Human
Il secondo personaggio che vado ad analizzare è Kara, l’androide domestico della piccola Alice e del terribile Todd Williams, un uomo violento e problematico. Kara è un androide modello AX400 e anche lei diventerà una deviante. Come Markus, anche lei subirà dei notevoli cambiamenti prima e dopo la devianza, ma in base alla mia esperienza credo che in lei il cambiamento si noti meno. Vuoi che Kara ha un viso molto dolce e un’espressione che trasmette sicurezza, ma credo che l’aspetto materno del suo carattere fosse in lei ancor prima di diventare una deviante.
Kara è un androide domestico con il compito di fare da babysitter alla piccola Alice e occuparsi delle faccende di casa sotto gli aggressivi ordini di Todd. All’inizio della storia seguiremo l’arrivo di Kara nella casa dell’uomo e della figlia, ma scopriremo presto che non è la prima volta che l’androide mette piede nella dimora, bensì la seconda. Kara non lo ricorda ma durante la prima permanenza, mentre cercava di proteggere la piccola Alice, è rimasta vittima della violenza incontrollata di Todd. L’uomo ha picchiato l’androide fino a distruggerla e danneggiare i suoi componenti, decidendo poi di portarla a riparare e farle cancellare la memoria per evitare che lei ricordasse l’aggressione.
A differenza di Markus e Carl, tra Kara e Todd non esiste alcun affetto ma, purtroppo, l’androide deve muoversi in un ambiente violento, pesante e pericoloso a causa dei repentini cambi di umore di Todd. Lo spiraglio di luce di Kara è la piccola Alice e tra loro si crea uno speciale legame che può essere paragonato a quello tra Carl e Markus. Se Carl vedeva Markus un figlio e Markus vedeva Carl come un padre, Alice vede Kara come una mamma e Kara vede Alice come una figlia. Il sentimento e il legame sono i medesimi.
Alice affida la sua piccola e innocente vita nelle mani di Kara, la quale è disposta a sacrificarsi pur di permettere alla piccola di vivere una vita serena e felice. In Detroit: Become Human non viene mostrato, ma io sono certa che Kara possedeva degli aspetti umani del carattere ancora prima di diventare una deviante. La prova? Il fatto che si sia sacrificata la prima volta per proteggere Alice e abbia subito le percosse di Todd. Nel gioco non viene esplicitato, ma è plausibile che Todd abbia picchiato Kara mentre quest’ultima cercava di proteggere la bambina. E in quel momento non era ancora una deviante!
Kara è dolce, protettiva e con un senso di responsabilità molto forte, disposta a tutto per stare vicino ad Alice e proteggerla. Possiede un istinto materno molto forte e fa suo il desiderio della piccola Alice, ovvero costruire una famiglia. La possibilità le viene data con l’arrivo di Luther, un altro androide deviante prigioniero nella villa di Zlatko. Quest’ultimo è un uomo che, con la falsa promessa di aiutare gli androidi a fuggire, riesce ad attirarli nella propria villa per poi utilizzarli come delle cavie da laboratorio. Luther è l’assistente personale di Zlatko e diventa un deviante grazie al legame tra Alice e Kara. Ebbene sì, la potenza dell’amore delle due androidi (perché sì, anche Alice lo è!) riesce a rendere umano Luther. Un evento a mio parere molto forte, simbolo che l’amore vince su tutto anche nelle situazioni più drammatiche.
La nostra Kara rappresenta dunque la forza dell’amore e il legame invisibile ma estremamente forte della famiglia.
Connor, il cacciatore di devianti di Detroit: Become Human
Ed eccoci arrivati alla fine. Come vi avevo detto, ho lasciato il meglio per ultimo. Ammetto che ho una marea di cose in testa riguardo a Connor e spero di rendere bene l’idea.
Chi è Connor? Connor è tante cose. Innanzitutto è un androide, e su questo non ci piove. Poi è un detective, un poliziotto e un cacciatore di devianti. Questi ultimi tre aspetti possono essere quasi considerati le sue mansioni più che il suo essere. Ma chi è davvero Connor? Io penso che prima di tutto è un amico, poi un androide e poi un deviante. Sinceramente ci ho messo un po’ a stilare questa classifica. All’inizio volevo mettere androide al primo posto, successivamente deviante e infine amico, ma poi ragionandoci ho deciso diversamente.
Credo che il carattere di Connor sia uno dei più flessibili all’interno di Detroit: Become Human. Il giocatore ha piena scelta nel comportamento dell’androide, può scegliere se farlo agire con freddezza, con decisione o con calma e circospezione. All’inizio del gioco Connor è un foglio bianco che aspetta solo di essere riempito con comportamenti, sensazioni ed emozioni e tale compito spetta ai giocatori. Si può scegliere se far diventare Connor un deviante o farlo rimanere una semplice macchina e ciò non è possibile con Kara e Markus. Non ho giocato tutte le scelte possibili all’interno di Detroit: Become Human, ma non credo che il giocatore possa scegliere se far diventare devianti o meno Kara e Markus. Con Connor invece viene data questa importante possibilità. La decisione è solo ed esclusivamente del giocatore.
Personalmente ho scelto di farlo diventare un deviante, ma la cosa interessante è che anche da androide Connor sembra quasi in grado di provare emozioni umane. Questo aspetto, indovinate un po’, si può percepire grazie al suo rapporto di amicizia con Hank Anderson, il tenente (umano) della polizia di Detroit. Connor viene affidato ad Hank come supporto nell’indagine sui devianti e i due avranno modo di costruire o meno un rapporto di amicizia. Anche in questo caso la scelta spetta al giocatore: si potrà scegliere se farci odiare o apprezzare da Hank, tutto sta in base a come decideremo di far comportare Connor con il tenente.
Visto che oltre che romanticona sono pure emotiva, ho deciso di instaurare un bel rapporto di amicizia tra Connor e Hank. All’inizio il tenente è molto prevenuto nei confronti di Connor e spesso si rivolge a lui in malo modo con offese frequenti. Ed è proprio qui che Connor si è guadagnato tutta la mia simpatia. Nonostante la miriade di parolacce che l’androide poliziotto si sente rivolgere, lui riesce a mantenere una calma notevole. Certo, è una macchina! direte voi. E’ vero, Connor è una macchina, ma molto spesso il suo modo di reagire è innocente, come quello di un bambino.
Dopo che Hank gli scarica addosso un dizionario completo di offese, sentiremo il nostro Connor rispondere: “Ma perché odia tanto gli androidi?” con un’espressione quasi bambinesca.
E non dimenticherò mai la scena vicino al camioncino degli hot-dog, quando Hank chiede a Connor: “Dunque, qual è la tua conclusione?” (riguardo alla vita privata del tenente) e Connor risponde, con tanto di occhiolino finale: “Penso che lavorare insieme ad un ufficiale che ha dei problemi personali sia una sfida in più, ma adattarmi all’imprevedibilità umana è una delle mie principali caratteristiche”.
Tale risposta dipende sempre dalle scelte del giocatore e credo sia una delle frasi più significative di Detroit: Become Human, per non parlare di quell’occhiolino finale!
Nella prima missione dell’ostaggio, Connor può apparire freddo e calcolatore, ma personalmente ho capito fin dall’inizio che questo personaggio aveva qualcosa di speciale, qualcosa che sarebbe uscito pian piano nel corso dell’avventura. Già la sua posizione è molto particolare, un androide che bracca androidi devianti. Nel gioco Connor viene spesso punzecchiato con la domanda: “Da che parte stai?” Ebbene, da che parte sta Connor? Si batte per gli umani o per gli androidi? Anche questa è una scelta del giocatore.
Connor offre una grande possibilità a noi giocatori che viviamo la storia dal suo punto di vista. Abbiamo la fantastica opportunità di delineare quasi completamente il suo comportamento e il suo carattere, scegliendo perfino se diventare deviante o rimanere una macchina. Come già detto, Connor è un libro bianco che aspetta solo noi giocatori per essere riempito con la sua personalità. A differenza di Markus e Kara, che hanno delle caratteristiche di base fisse, per Connor non è esattamente così.
Connor può diventare noi stessi oppure l’opposto. La scelta? È solo nostra.
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