Al millesimo articolo su tuttoteK, un redattore si racconta: se dovessimo riassumere il suo percorso e la sua autobiografia in dieci videogiochi, quali sarebbero?
Non c’è posto oggi per la terza persona simulata, perché “chi vi scrive” lascia spazio a me, dandomi occasione di parlarvi in modo più intimo: se mi seguite come redattore, dovreste sapere che questo è il mio millesimo articolo su tuttoteK, così ho pensato di espandere la mia autobiografia restringendo il campo a dieci videogiochi. Qualora l’aver parlato dei problemi che l’Italia ha con il videogioco (o anche solo la mia presenza qui) non l’avesse reso palese, il mondo videoludico è qualcosa di grande importanza per me. Esistono due tipi di giocatori: quelli che vivono la virtualità come “fase”, e chi la vive, punto.
L’escapismo è uno dei possibili motivi dietro l’infatuazione iniziale con il medium videoludico, ma raramente è il motore che alimenta un amore duraturo. Purtroppo l’amore tossico tra giocatore e controller, visibile in casi eccezionali che il sensazionalismo ama elevare a “totalità” degli appassionati, è una realtà con cui questi ultimi devono venire a patti. Talvolta però coltivando questa passione è possibile, con gradi di successo variabile, arrivare a farne un lavoro. Per questo ho scelto dieci titoli con cui scandire un percorso a cui la mia personale biografia sul sito alludeva solo vagamente. Pronti?
DuckTales: The Quest For Gold – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Mentirei se dicessi che il primo dei videogiochi in questa biografia non fosse frutto del puro escapismo. Non opero nelle sezioni extravideoludiche per (anche) evitare conflitti d’interesse, ma sono un grande estimatore di cinema e animazione. E in merito a quest’ultima forma d’arte, sono esigente a ragion veduta: la mia prima esposizione al medium è stata DuckTales. Caso vuole che una delle serie animate migliori del ventennio tra 1980 e 2000 coincidesse con l’appuntamento domenicale con i nonni, uno stacco ideale dalle sgradevoli interazioni sociali alla scuola materna.
Talvolta, però, l’attesa per la domenica era troppo logorante per un bambino dell’asilo bistrattato. Fu così che mio padre, il più propenso tra i miei genitori a incoraggiarmi con i videogiochi, ebbe l’idea di “improvvisare delle puntate” giocando a DuckTales: The Quest for Gold su DOS e mettendo me sul sedile del passeggero. Rispetto al gioco per NES di Capcom, l’adattamento per computer prevede(va) una roulette di gameplay tra labirinti, fasi di platforming, simulazione di volo a scorrimento laterale e sezioni in cui fotografare la fauna locale, al fine di battere Cuordipietra Famedoro nella gara al più ricco dell’anno. Oggigiorno il gioco è perlopiù ricordato per il suo astruso sistema antipirateria (un alfabeto da decodificare col manuale d’istruzioni), ma se ne ricordo tanti dettagli è per altri motivi.
Boulder Dash – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Prima di mettermi tra le mani un controller dotato di molti più tasti (e di mettermi in mano al demonio, stando all’imperante videoludofobia bucolica di metà anni ’90 della mia zona), i miei genitori fecero qualche tentativo spolverando il Commodore 64. In realtà, nella decade precedente sono stati videogiocatori anche loro, e fu così che scoprii il mondo delle caverne di Boulder Dash. Come molti titoli per quello specifico hardware, la punta di diamante (gioco di parole non voluto) di First Star Software si basava su un concetto semplice: esplorare caverne, raccogliere le pietre preziose richieste ed uscirne incolumi.
Nella combo tra “leva digitale” (una croce digitale camuffata da leva) e due pulsanti del caro vecchio Commodore, Boulder Dash riusciva nella non facile impresa di usarne solo uno. Non che a me importasse, al tempo: finalmente avevo un controller tra le mani anch’io. Bene o male è stato evitando la morte tra massi, lucciole e farfalle con movimenti in stile Dig Dug che appresi una verità su me stesso: ero nato per videogiocare. E una volta schiaritomi ogni eventuale dubbio in merito con Commander Keen IV: Goodbye, Galaxy! su DOS, questo fatto era chiaro anche ai miei genitori, ormai rassegnati a finanziare la “follia”.
Crash Bandicoot 3: Warped – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Era un’opinione, ora è un dato di fatto: la scoperta dei videogiochi da parte di un novellino può solo essere anacronistica. Lo testimonia il fatto che alla mia decima candelina aprii una scatola piazzata davanti al mio letto, contenente una PSOne, una Memory Card e Crash Bandicoot 3: Warped; già, il terzo. Ebbi modo di confermare il mio bisogno spasmodico di una console guardando il gioco in azione presso i miei vicini, osservando quanto rapidamente si stesse evolvendo il medium. Di titoli tridimensionali già ne avevo visti con Scorcher e Descent su PC, ma mai con un simile carisma e spremendo così tanto l’hardware.
Prima di diventare pretenziosa, Naughty Dog confezionò una trilogia di platformer che ebbi modo di scoprire in ordine inverso. Nulla fu più lo stesso, specie considerando quanto più maldestro del previsto fossi nelle mie prime partite. Ricordo ancora di aver implorato i già citati vicini per darmi una mano con i primi due mondi. Per questo venne in mio soccorso, per la prima volta, l’editoria di settore. Il bimestrale PlayStation Pro Strategy dedicò il primo dei suoi sei numeri del 2001 a uno “Speciale Crash Bandicoot – Tutte le soluzioni dedicati ai giochi della mascotte Sony”. A pensarci oggi vien da ridere, ma ringrazio Marco “Blasto” Filippini – ovunque sia – per avermi fatto scoprire quanto i videogiochi fossero intriganti anche su carta, e non solo su schermo.
Pokémon: Versione Oro – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Non illudetevi, però. Lo schermo, al tempo, restava la mia priorità: il medesimo schermo a tubo catodico che, però, andava condiviso anche con chi aveva necessità di presentarsi puntuale all’appuntamento con Beautiful. Senza contare, poi, l’aver scoperto i videogiochi e doverli condividere con gli impegni fuori casa… o, soprattutto, i non-impegni che avrei tanto voluto evitare, come ad esempio prendere qualche boccata d’aria fresca in estate. E su questo, in casa mia non si transigeva: passi la PlayStation, ma il Game Boy? “Ce l’hanno tutti? E allora?” Potete immaginare quale metafora con ponti ed annessi tuffi sia seguita.
Il Game Boy Color arrivò con Pokémon: Versione Oro, dopo un mio miserabile tentativo di resistere all’apice della Pokémania (da bravo hipster ante litteram). Nonostante l’assenza di uno schermo retroilluminato, al mio primo gioco portatile (nonché primo titolo della Grande N) non mancava davvero nulla: contenuti, ottimo utilizzo dell’hardware e, in generale, vette che la serie non avrebbe più raggiunto per qualche anno ancora. E, che ci si creda o no, fu mio padre a restare tanto ammaliato dal filmato introduttivo da insistere lui per una seconda cartuccia (Lucky Luke: Desperado Train, nel caso).
Mario Kart: Super Circuit – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Col tempo, al fianco della mia libreria di giochi ne stava prendendo forma una parallela, composta da riviste di settore. Pokémon World e Game Boy Mania mi aiutarono a restare informato, ma ogni tanto i pianeti si allineavano per qualche spot in TV. A convincermi a volere per la prima volta una console al day one fu la pubblicità di Mario Kart: Super Circuit, titolo di lancio per GBA. Non tanto per le peripezie dei vari nonnetti dispettosi negli spot, quanto per un pensiero folgorante: “è come Crash Team Racing, ma posso portarmelo a spasso”. E visto che per prendere la cosa alla lettera con PSP ci sarebbero voluti altri otto anni, il gioco arrivò.
Ebbi modo di provare (come ho raccontato in una guida) il tutto con mano prima ancora di mettere piede in casa, pur trattandosi di un regalo di Natale. Ormai l’adesivo sulla mia copia è del tutto sbiadito, ma è un miracolo se i motori degli otto personaggi giocabili non hanno ancora dato forfait. Ancora oggi, occasionalmente, riprendo in mano il caro vecchio Game Boy Advance SP, nella speranza di rivisitare quei tracciati nello spettacolare Pass Percorsi Aggiuntivi di Mario Kart 8 Deluxe. Incredibilmente, si è ripetuta anche la “conquista” di mio padre, e per l’occasione salutai il 2002 entrante con Spyro: Season of Ice. Con tempismo perfetto, direi…
Mario & Luigi: Superstar Saga – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Si pensa che la fragilità dei software e hardware, con annesse contromisure di preservazione, sia un argomento introdotto solo di recente, tra Nintendo Switch e la fu Virtual Console. In un breve periodo, all’incirca poco dopo l’uscita di Crash Bandicoot XS su GBA, ebbi la somma “fortuna” di incappare in un guasto al vano disco della mia PSOne e di perdere la cartuccia di Super Mario World: Super Mario Advance 2. Nostalgico per l’idraulico, cercai di rintracciarne una copia in un negozio di videogiochi, per poi cedere alla mia fretta preadolescenziale e optare per un altro titolo.
Non avrei mai previsto che un gioco acquistato impulsivamente come Mario & Luigi: Superstar Saga mi avesse, per effetto farfalla, anche indirizzato verso la mia carriera di redattore. Il numero 21 di Nintendo la Rivista Ufficiale, Natale 2003, mi fu mostrato dal gestore tramite la recensione da 10/10, poetica anche nella conclusione: “Un piccolo capolavoro portatile, mentalmente sfizioso come Zelda, intrigante come un buon GDR e divertente come Mario. Un ibrido imperdibile…” ma per me, di imperdibile, ci fu anche la rivista stessa, in quanto ne divenni un avido lettore. E per la prima volta dissi: “So cosa voglio fare da grande.”
Gun Gun Pixies – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Per anni ho solo osservato la stampa di settore, all’idea di poterne un giorno far parte, e firmare una recensione. Le mie valutazioni prolisse mirano ad emulare lo stile di NRU: andare nel dettaglio quanto basta da dare al lettore, in quest’era fatta di demo come soli bonus per il preordine, un’idea precisa di cosa aspettarsi una volta aperto il portafogli. La mia permanenza su tuttoteK è la più duratura, ma questa magnifica redazione non è stata la prima ad avermi accolto. Il mio primo gioco recensito, dunque, non figura su questo sito. Un anno prima di raggiungere questo sito, fu un altro a darmi un gioco su cui farmi le ossa.
Lo sparatutto in terza persona Gun Gun Pixies, per Nintendo Switch, è stato il primo a ricevere una mia valutazione in decimi. E mai mi sarei aspettato di iniziare con una stroncatura. Non sono mai felice di scrivere un articolo riassumibile come “non compratelo”, ma Gun Gun Pixies fa veramente acqua da tutte le parti. Così mi ricordai il monologo conclusivo di Ratatouille: secondo Antòn Ego, una recensione negativa è “uno spasso da leggere e da scrivere”. Ho così finito per condensare in un solo articolo un’analisi dettagliata dei difetti del gioco, le dovute riflessioni del caso e, perché no, pure i film di Alvaro Vitali.
Umihara Kawase Bazooka – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Ed è stato nella mia seconda redazione che un collega, Giovanni Arestia, mi ha aiutato a trovare posto proprio qui su tuttoteK. Tralasciando l’ambiente migliore anche sotto ogni altro punto di vista, è stato qui che la qualità complessiva dei giochi che ho valutato è migliorata costantemente. Il mio debutto nella stampa di settore è avvenuto con una redazione “in ottimi rapporti con i publisher di punta”, ma solo con tuttoteK ho abbandonato i titoli shovelware in favore di produzioni di prim’ordine. Naturalmente l’inizio di ogni viaggio gioca un ruolo tanto importante quanto le altre tappe, e questo sito non fa eccezione.
Con Umihara Kawase Bazooka ho scoperto quella che si è rivelata essere una serie longeva, seppur poco nota, di platformer dalle complesse meccaniche di oscillazione. Di lì a poco avrei avuto modo di valutare anche altri titoli, affiancando però ad occasionali giochi misconosciuti come Itadaki Smash e Killer Chambers anche titoli più mainstream, tra cui No More Heroes, la trilogia di Grand Theft Auto, Kingdom Hearts: Melody of Memory e, visto il mio amore smisurato per la Grande N, anche Pokémon Scarlatto, Diamante Lucente e Mario Strikers: Battle League Football. Ma al di là dei vari “flex” del caso, è pur vero che redattore non equivale solo a recensore.
Super Smash Bros. Ultimate – Autobiografia di un redattore in dieci videogiochi
Naturalmente mi vedete abbastanza di frequente qui con le notizie, ma credo che la prima dimostrazione di fiducia reciproca nei confronti del mio caporedattore sia stata con la guida di Super Smash Bros. Ultimate. Al tempo dell’inizio del progetto ero ancora un mezzo novellino, eppure la “rilevanza” del titolo (per quanto resti un capolavoro) a livello di visite lasciava un po’ il tempo che trovava. Mi proposi, a pochi mesi dall’allora imminente termine dei DLC, di guidare i giocatori alla scoperta del gioco. Un po’ per mettere a frutto le mie oltre 880 ore passate con il magnum opus di Sakurai, un po’ per metterne a tacere le critiche sterili da parte dei suoi detrattori.
Con nessun’altra redazione ho mai firmato un progetto tanto ambizioso, passando in rassegna sia i combattenti che (un anno dopo) le varie arene, per un totale di 29 puntate (più una per spiegare come sbloccare i personaggi). Si tratta di un gioco molto speciale per me, capace di riunire molti mondi che a loro volta rispondono in modi differenti alla domanda retorica, “perché ami tanto i videogiochi?” E se ho rivisitato gli oltre cento scenari del gioco nei ritagli di tempo mentre la scorsa estate lavoravo come (maldestro) cameriere in Germania, dovrà pur esserci un buon motivo.
Mario + Rabbids: Sparks of Hope
Non ho parlato di Nintendo la Rivista Ufficiale per caso. Vero: la forbita retorica dello storico magazine mi ha convinto a restare fedele al Colosso di Kyoto di pari passo con la qualità dei giochi stessi, ed è per questo che quel fatidico luglio 2013 l’annuncio della chiusura della rivista è stato una vera pugnalata al cuore. Ho seguito l’informazione videoludica sul sito d’oltremanica Nintendo Life, ma non è stata proprio la stessa cosa. Potete immaginare la mia sorpresa quando, dopo aver scoperto che Mario + Rabbids: Kingdom Battle era una creazione italiana, iniziai a vedere tanti ex-redattori comparire tra i titoli di coda.
Ma questo non è neanche lontanamente paragonabile a quando, nonostante la mia incostanza nel continuare a servire la redazione durante il già citato lavoro estivo, sono stato invitato a visitare gli studi di Ubisoft Milano. Poter parlare con le proprie muse vestendo i loro vecchi panni, per poi recensire un gioco creato da loro, è un’emozione indescrivibile. Ma, d’altronde, impugnare un controller significa soprattutto questo: vivere tante emozioni. E se quello videoludico è un mondo che amate, non demordete. Perché tutto l’amore che date ai pixel, prima o poi, torna inevitabilmente indietro.
@TheBozz89 è venuto a trovarci in studio scrivendo questo bello speciale. (Lettori passati di NRU che crescono e finiscono per scrivere del tuo gioco sulle loro testate, robe da far girare la testa 凉) https://t.co/WNR9dEy7LM
— Ugo Laviano (@Surginis) October 19, 2022
Ora sta a voi dirci, o meglio dirmi, la vostra: vi ho intrattenuti o mi sono limitato a farneticare? Fatemelo sapere qui sotto, e come sempre non dimenticate di restare su tuttoteK per tutte le notizie più importanti per i gamer e non solo. Per i vostri bisogni puramente videoludici, potete invece trovare i migliori sconti in formato digitale su Instant Gaming.
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