Recensione The Stanley Parable: il videogioco che non lo è

Correva l’anno 2013 e, tra i tanti giochi che stavano uscendo, ce n’è fu uno che si fece notare per la sua originalità. Stiamo parlando nientemeno che di The Stanley Parable. Nato come una semplice mod di Half-Life 2, piacque così tanto ai giocatori che il suo creatore Davey Wreden, decise di rilasciarlo come gioco a sé stante su Steam. Ma cosa rende questo videogioco così diverso rispetto ad altri? Andiamo a scoprirlo insieme.

Trama

E’ così che inizia la voce narrante. In una “megaditta”, Stanley è un impiegato nella stanza numero 427, il cui compito è quello di premere dei pulsanti su una tastiera. Quali pulsanti premere e in quale ordine, gli vengono indicati su uno schermo posto davanti a lui. Un giorno però sullo schermo non appaiono più disposizioni. Deciso dunque a scoprire il perché, Stanley per la prima volta durante l’orario di lavoro, si alza ed esce dal suo ufficio. Scoprendo che l’edificio è completamente deserto. Ed è da qui che inizia il gioco vero e proprio. 

Gameplay

E’ difficile parlare di gameplay trattando questo titolo poiché, secondo la mia modesta opinione, questo gioco trascende ciò che è il suo scopo, ovvero l’intento di divertire. The Stanley Parable è un viaggio psicologico, che ci farà scoprire la nostra stessa natura. In ogni momento del gioco ci verranno poste delle scelte da fare e, da ciò che sceglieremo, si determinerà la natura stessa del videogioco.

Ci sono infatti 6 finali possibili e un numero incredibile di posti da visitare. Ogni finale ci farà sollevare delle domande sulla natura del videogioco e alla fine ci sembrerà anche di non aver giocato a nessun videogioco. Non voglio dilungarmi oltre, anche perchè con un gioco del genere le parole non bastano. Per poter apprendere appieno la natura del gameplay bisogna giocarci.

Voce narrante

Avrei dovuto inserirla nel paragrafo del gameplay è vero, ma è talmente fondamentale e geniale che merita un paragrafo a parte. L’attore dietro la voce narrante si chiama Kevan Brighting e il lavoro che ha svolto in The Stanley Parable gli è valso una nomination ai BAFTA Awards. E’ lui il narratore, la voce che ci accompagnerà durante tutto il videogioco. Lui sa già quello che dobbiamo fare e noi dobbiamo solo seguire i suoi ordini. Ma se decidessimo di non farlo, che cosa potrebbe accadere? Si arrabbia, cerca di essere addirittura comprensivo, venendoci incontro e creando aree di gioco che secondo lui possono incontrare la nostra approvazione. Tuttavia può anche decidere di ignorarci, lasciandoci al nostro destino.

Se le cose però non girano per il verso giusto, ci farà ricominciare il gioco da capo, facendocelo odiare a morte. La cosa che lascia a bocca aperta è che, qualunque scelta noi compiamo, ci sarà sempre il narratore che criticherà o elogerà le nostre decisioni. Quindi è bello giocare e rigiocare più volte questo gioco, non solo per i finali, ma anche per sentire le geniali battute scaturite dalla mente degli sviluppatori e recitate in modo impeccabile dal doppiatore. 

Grafica

Per quanto riguarda la grafica, il gioco utilizza lo stesso motore di Portal, ovvero il Source Engine. Non aspettatevi quindi un comparto grafico di ultima generazione, anche se devo dire che risulta piacevole nell’insieme. Grazie a questo però, il titolo può essere giocato praticamente su qualunque PC in modo fluido e senza scatti. 

The Stanley Parable, tiriamo le somme

Se la mia recensione vi è sembrata confusa, credetemi… il gioco non è da meno. La possibilità apparentemente infinita di scelta vi farà provare un grande senso di libertà, anche se dopo qualche tempo vi chiederete se il gioco stesso non vi stia illudendo. Di certo arriverete ad un punto in cui vi domanderete se tutto ciò che fate sia veramente frutto del vostro libero arbitrio oppure no. Io ve lo consiglio caldamente, perché raramente potreste giocare a un videogioco così particolare.