DONTNOD Entertainment ritorna con un nuovo titolo di stampo prettamente narrativo: scopriamo assieme Twin Mirror in questa recensione
È sempre interessante osservare quanto siano diffusi ormai i videogiochi non violenti. Si tratta di una categoria di titoli presente da sempre sul mercato che in questi ultimi anni ha raggiunto, però, un certo grado di specializzazione narrativa. Dalle opere di Quantic Dreams, passando per i classici di Telltale Games, si può parlare ormai di un filone che predilige il racconto di belle storie a qualsiasi meccanica di gameplay che non sia in funzione di esse. Anche i gestionali sono spesso non violenti, ma il loro fondamento è comunque rappresentato dalla progressione statistica del punteggio e dal rispetto di alcune regole prestabilite, mentre le avventure grafiche d’antan ruotavano attorno alla risoluzione degli enigmi (c’è quindi anche qui un elemento di sfida e di progressione in avanti). L’arte del romanzo, invece, va perseguita diversamente, caso per caso e, direbbe Richardson, momento per momento.
DONTNOD Entertainment rientra di sicuro fra gli autori che più di tutti ci hanno abituato a questa particolare categoria di non-gioco (lo diciamo con accezione assolutamente neutra). Life Is Strange è ormai un classico e il team di sviluppo francese non sembra volersi fermare. Pochi mesi fa eravamo su queste pagine a parlare di Tell Me Why, che aveva raggiunto buoni risultati nella rappresentazione della vita quotidiana all’interno dei videogiochi. Twin Mirror, come scopriremo in questa recensione, cerca di percorrere la stessa strada, non senza qualche intoppo.
Sulla S, in un’ora di traffico
Un particolare sicuramente non casuale dei titoli DONTNOD è la ripetizione di alcuni meccanismi narrativi all’interno dei loro prodotti. Max Caulfield doveva cercare di salvare un’amica; Alyson e Tyler dovevano scoprire cosa era accaduto davvero alla loro madre; Samuel Higgs, il protagonista della nuova avventura, deve fare luce su di un caso di morte sospetta. Quello che accomuna questi personaggi è il ritorno a casa dopo molti anni di lontananza. Ogni volta questo ritorno si trasforma in un’occasione per affrontare i rimorsi del passato.
Questo archetipo letterario è sempre molto caro agli sviluppatori francesi, quasi si trattasse di un esercizio di stile. Se Quenau ci ha dimostrato che è possibile raccontare un singolo evento in 99 modi diversi, forse la scelta di un topos ricorrente serve ad accomunare l’esistenza di tanti personaggi così diversi fra loro. Il ritorno a casa è un evento che tutti, in un momento della nostra vita, siamo costretti ad affrontare. Non si scampa. È, al pari della morte, una situazione universale, come a dire che viviamo pressappoco le stesse cose, seppur con le varianti del caso.
Proseguendo con la recensione, capiremo quali siano le varianti di Twin Mirror capaci di giustificare l’ennesima incursione degli autori nei reami della vita quotidiana.
Ricostruire la vita un pezzo per volta – Recensione Twin Mirror
In questa recensione cercheremo di non rivelare troppi dettagli sulla trama di Twin Mirror. Sia perché sarebbe un fastidio per i lettori, sia perché, a conti fatti, l’ordine logico e cronologico della vicenda rappresenta l’aspetto meno riuscito della produzione. L’incipit è interessante: Samuel è un giornalista fallito che ritorna a Basswood – la sua città natale – per assistere ai funerali di Nick, il suo migliore amico. Sulle prime non sappiamo perché se ne sia andato, né perché abbia deciso di non rispondere alle chiamate dei conoscenti per due anni.
Quando Sam parteciperà alla veglia funebre, sarà costretto a tornare in contatto con il mondo che aveva abbandonato e a riscoprirne le connessioni nascoste. Twin Mirror, già dal titolo, si rifà alla celebre serie tv Twin Peaks, cercando di ricreare la vita di una cittadina nella sua interezza. Basswood è un luogo in cui tutti conoscono tutti e in cui il progresso non ha ancora raggiunto i picchi disarmanti delle grandi megalopoli americane. Questa esistenza apparentemente idilliaca, però, viene deturpata da una grande miniera di carbone che ha causato problemi di salute a molti lavoratori e da fenomeni di microcriminalità connessi anche alla chiusura dell’impianto. Proprio da questi fenomeni prenderà il via l’indagine sulla morte di Nick, che sembra essere avvenuta in circostanze abbastanza sospette.
Ritornano, quindi, i temi tanto cari a DONTNOD, come la vita della piccola comunità contrapposta ai grandi centri urbani, l’inquinamento ambientale e le problematiche di tipo sociale, conditi da una spiccata vena thriller. Niente di nuovo sotto il sole. Samuel è un personaggio sconfitto dall’esistenza. Vive di ricordi – la sua relazione con Anna, terminata senza un vero motivo; i momenti passati con Nick di fronte a un cabinato di Pac-Man; il suo vecchio lavoro al giornale; l’amicizia sviluppata con la figlia di Nick – e li ricostruisce all’interno della sua mente, in quello che il gioco chiama il Palazzo della Memoria.
Ah, e a quanto pare ha anche un amico immaginario che lo consiglierà sul da farsi di quando in quando. Non sapremo nulla della sua natura se non fino alle battute finali dell’avventura. Samuel è quindi una personalità ossessionata dalla logica e dalla verità, guidato dalla necessità di comprendere il mondo in funzione matematica e incapace di comprendere davvero l’essenza degli esseri umani, se non rimuginando sulla sua condizione di reietto. In questo, si tratta di un protagonista molto riuscito e sfaccettato.
Un cast non troppo splendente – Recensione Twin Mirror
Peccato che non si possa dire lo stesso dei comprimari. Forse per una questione di spazio (il gioco dura poco, all’incirca cinque ore), o forse per una cattiva gestione dei ritmi narrativi, il resto del cast non riesce a brillare per caratterizzazione. Né Anna, che ci accompagnerà per buona parte del titolo, né gli altri personaggi riescono davvero a sfondare lo schermo, limitandosi a poche apparizioni e risultando infine un po’ statici e manieristici. Si salvano per fortuna Joan, la figlia di Nick, che grazie alla sua irruenza giovanile ci riporterà per un po’ ai bei tempi di Life Is Strange, e l’entità immaginaria, sempre sagace e pronta a farci riflettere nel momento del bisogno.
A riprova di ciò, basti pensare che vedremo il colpevole dell’omicidio soltanto una volta prima che ne venga rivelata l’identità: come è possibile che il lettore si senta emotivamente coinvolto? DONTNOD prova ad inserire qualche momento toccante, ma non sempre lo fa nel modo giusto. In una delle scene iniziali, durante la veglia funebre, Anna canta una canzone alla chitarra per commemorare il defunto, scoppiando a piangere. Chi si sognerebbe mai di cantare una canzone durante il funerale di una persona cara? Oltre ad essere una scena poco credibile, si è trattato anche di un eccesso di pathos assolutamente non necessario, che ha rinforzato la sensazione di assistere ad una storia scritta con il pilota automatico. Molto meglio, a questo punto, la quieta accettazione della quotidianità che abbiamo tanto apprezzato in Tell Me Why.
Lì, gli attacchi di panico di Alyson venivano gestiti con un’applicazione dello smartphone; qui, quando Sam sarà schiacciato dal peso dei propri ricordi, dovrà affrontali all’interno della sua mente lungo sezioni apposite. Di certo una rappresentazione scenica e d’effetto, ma anche più banale sul piano prettamente letterario. Questo paragone potrebbe forse rendere la misura della mediocrità (o forse dovremmo dire “medietà”) di Twin Mirror. Possiamo parlare di un brutto racconto? No, ma ci risulta anche difficile trovare degli spunti davvero interessanti al suo interno.
Facciamo i detective – Recensione Twin Mirror
Non ci aspettavamo grandi stravolgimenti da Twin Mirror, considerato il pedigree degli sviluppatori. Il gameplay, in effetti, non prevede particolari novità per il genere. Come spesso accade in titoli di questo tipo, ci troveremo ad esplorare le ambientazioni per raccogliere indizi, parlare con i personaggi non giocanti e risolvere qualche enigma molto semplice. La variante che dovrebbe caratterizzare Twin Mirror dagli altri prodotti della software house francese è rappresentata proprio dal Palazzo della Memoria.
Quando dovremo ricostruire cosa è accaduto sulla scena del delitto, Sam si troverà completamente immerso all’interno della sua mente. Qui potrà mettere assieme i vari indizi raccolti e giungere alla soluzione del caso. Non siamo molto lontani da quanto visto in titoli come Batman: Arkham Asylum o The Witcher 3, dato che non vi sarà la possibilità di sbagliare in alcun modo. Ci limiteremo, pertanto, ad andare in giro per esaminare ogni punto d’interesse e poi provare a organizzare gli eventi in modo logico e cronologico. L’idea non è male, ma viene ripetuta troppo spesso durante l’avventura e finisce per diventare una semplice formalità da sbrigare per proseguire nelle indagini – anche perché non è possibile sperimentare.
Nemmeno la libertà di scelta ci è sembrata così accentuata. Le scelte decisive sono poche e spesso e volentieri non influiscono davvero sull’evolversi della vicenda. A questo eravamo già abituati, ma Life Is Strange ci permetteva di sperimentare tornando indietro nel tempo, mentre Tell Me Why proponeva una natura dialogica arricchita dal dualismo dei due protagonisti. Qui, invece, DONTNOD non si sforza di proporre dinamiche interessanti che non si siano già viste in qualunque altra avventura di questo tipo.
Tolte un paio di sequenze molto affascinanti, entrambe nell’ultima parte del gioco, insomma, Twin Mirror si propone come un’opera davvero molto classica e, purtroppo, priva di guizzi di genio. La durata molto breve della partita non permette a qualche idea interessante, come il Palazzo della Memoria, di svilupparsi in maniera adeguata e, alla fine, la sensazione è quella di essere guidati per mano fino alla fine.
Ottimi riflessi – Recensione Twin Mirror
Dove il titolo invece svolge il suo lavoro è invece nel comparto tecnico. Il titolo è molto leggero e ben ottimizzato e riesce a girare anche su PC con una configurazione non più al passo coi tempi. Noi lo abbiamo provato con i dettagli impostati ad Ultra e non abbiamo riscontrato bug o problemi di sorta, fatta eccezione per qualche glitch visivo e un audio salterino che di tanto in tanto incespicava. I modelli dei personaggi sono solidi e dettagliati, mentre le texture sono più realistiche rispetto al passato e offrono una buona definizione. Il frame rate è stabile e i riflessi del sistema d’illuminazione sono molto piacevoli a vedersi.
Basswood è una città malinconica, spesso ingrigita dalla pioggia, nella quale scorci urbani e paesaggi montani si alternano senza soluzione di continuità. La colonna sonora segue molto bene questo umore decadente, ma non lesina qualche raro momento di leggerezza nei momenti più intimi e solari della vicenda. Mancano forse dei temi davvero importanti come quelli di Life Is Strange, ma come al solito il team di sviluppo ha curato particolarmente questo aspetto. Il doppiaggio, in inglese, è di ottima fattura, ma Twin Mirror è interamente sottolineato in italiano.
Momento di riflessione
Giunti alla fine di questa recensione di Twin Mirror ci rendiamo conto di aver messo in evidenza molti difetti della produzione. Con ciò non vogliamo dire che l’ultima fatica di DONTNOD sia un brutto titolo, solo che tutti i suoi spunti interessanti non sono sviluppati a dovere. Il gioco dura poco, i personaggi non sono tutti ben caratterizzati e non ci sono momenti capaci di solleticare l’intelletto del giocatore, né sul piano letterario, né su quello ludico.
Chiudiamo, però, con una piccola riflessione: Twin Mirror è un gioco in cui non si userà la violenza nemmeno una volta. A breve distanza dalle premiazioni dei The Game Awards, speriamo che un titolo assolutamente non violento possa vincere, prima o poi, un riconoscimento così prestigioso. La maturità del media passa, a nostro avviso, anche da qui. A DONTNOD dobbiamo fare questo piccolo riconoscimento.
Avete provato Twin Mirror? Fatecelo sapere nei commenti e rimanete su tuttoteK per ogni notizia sul mondo dei videogiochi.
Punti a favore
- Protagonista riuscito e sfaccettato
- Le idee di base sono buone
- Buon comparto tecnico
Punti a sfavore
- I comprimari non sono molto caratterizzati
- La vicenda scade nel banale
- La longevità è molto bassa
- Le scelte del giocatore non sono davvero influenti
Lascia un commento