Discendete insieme a noi in oscuri abissi tra realtà ed incubo, in questa recensione del nuovissimo The Last Case Of Benedict Fox
Accennato anche in un precedente articolo relativo ai titoli in arrivo su Xbox Game Pass, l’interessante metroidvania a tematiche horror lovecraftiane sviluppato dai ragazzi di Plot Twist e pubblicato da Rogue Games Inc. è finalmente disponibile su Xbox Series X/S e PC. Recentemente il titolo aveva attirato l’attenzione grazie anche ad un’accattivante direzione artistica Noir che è balzata all’occhio fin dalle prime immagini mostrate. Scopriamo quindi insieme in questa recensione com’è The Last Case Of Benedict Fox.
Randolph Carter chi?
Ci troviamo ai primi del ‘900, precisamente nella zona di Boston, Massachussets. Già ambientazione e periodo storico non lasciano adito a dubbi sulle forti influenze lovecraftiane che troveremo in The Last Case Of Benedict Fox, e di cui vi abbiamo già anche accennato nell’introduzione di questa recensione. Nel gioco impersoneremo l’investigatore omonimo del titolo, che si ritroverà a cercare di scoprire di più sul proprio passato, investigando in una villa nella quale i due rispettivi proprietari sono morti. Ad aiutarlo nell’impresa vi sarà un demone, da sempre legato all’anima del protagonista, grazie al quale egli potrà sfruttare poteri sovrannaturali, ed avrà la possibilità di entrare nel Limbo, ovvero una sorta di caotica dimensione parallela creata dai ricordi e dalle emozioni dei defunti.
Senza rivelarvi altro per evitare di incorrere in eventuali spoiler, va detto che gli sviluppatori, pur pescando a piene mani dall’abusatissimo immaginario lovecraftiano, hanno fatto un buonissimo lavoro di caratterizzazione per quanto riguarda la lore del gioco. La trama parte infatti da premesse decisamente intriganti, ed in generale riesce a rimanere stimolante per buona parte dell’avventura. Va detto che a volte abbiamo percepito un tantino di confusione nel seguire il filo del racconto, probabilmente a causa di un dualismo metroidvania/investigativo non perfettamente amalgamato, con il risultato di passare da momenti marcatamente narrativi, fatti di dialoghi e/o cutscene, ad altri in cui predomina la narrazione ambientale dei luoghi che scopriremo liberamente. Un peccato, soprattutto perché, come abbiamo già detto, le vicende risultano fin da subito intriganti e l’universo narrativo rimane sempre coerente e ben intessuto
L’abitatore del Limbo – Recensione The Last Case Of Benedict Fox
Nello scorso paragrafo di questa recensione abbiamo accennato alla villa che dovremo esplorare in The Last Case Of Benedict Fox. In realtà quest’ultima non sarà molto estesa e fungerà inizialmente da zona di partenza tramite la quale accederemo al Limbo, dove passeremo gran parte del nostro tempo a esplorare e combattere. Una volta trovato il cadavere di uno dei proprietari della magione, infatti, potremo accedere al relativo Limbo. Da li in poi la villa diverrà una sorta di hub nel quale tornare periodicamente per risolvere alcuni enigmi, recuperare oggetti e parlare con gli NPC che pian piano la popoleranno. Alcuni di questi ultimi permetteranno anche di ottenere nuovi poteri e utili oggetti per potenziare il nostro protagonista.
Varcata la soglia del Limbo, il gioco mostrerà la sua vera natura di metroidvania. Questi mondi saranno infatti caratterizzati da labirintiche sezioni fatte di piattaforme, porte bloccate e nemici da affrontare, con la classica visuale a due dimensioni adottata anche da altri recenti esponenti del genere, come ad esempio Metroid Dread e i due Ori di Moon Studios (di cui trovate qui la recensione del secondo capitolo). Il level design risulta fin da subito piuttosto contorto, con il gioco che nulla (o quasi) farà per indirizzarvi sulla retta via, costringendovi invece ad esplorare a fondo le varie aree prima di trovare un oggetto, un ricordo o un passaggio in grado di farvi progredire. Quanto appena riportato non sorprende affatto, considerato il genere di appartenenza del gioco, eppure, nonostante la presenza di una mappa ben fatta (e della possibilità di facilitare l’esplorazione dalle impostazioni), abbiamo avvertito a volte un pò di dispersività negli ambienti, che, a seconda dei gusti, potrebbe più o meno tradursi in frustrazione in alcune fasi dell’avventura.
Elementare Watson! – Recensione The Last Case Of Benedict Fox
Come accennato anche in precedenza nel corso di questa recensione, in The Last Case Of Benedict Fox avremo a che fare anche con investigazioni ed enigmi. Le prime consistono per lo più nella raccolta di oggetti (che all’occorrenza potremo anche ispezionare per scoprirne i segreti), alcuni dei quali torneranno utili per risolvere i numerosi rompicapi che il gioco ci propone. La cura riposta in questi ultimi è palese fin da subito, con gli sviluppatori che si sono prodigati nel ricreare addirittura una sorta di linguaggio runico (ricorrente in vari enigmi) che dovremo andare a decifrare sfruttando gli strumenti che recupereremo nel corso dell’avventura.
Si va da enigmi più immediati ad altri che vi richiederanno di spremere per bene le meningi per poter giungere alla soluzione. Qualora poi doveste riscontrare troppe difficoltà, sarà presente nelle impostazioni un’opzione che facilita di molto la vita al nostro investigatore, permettendoci di risolvere qualsiasi rompicapo con la semplice pressione di un tasto (a patto di aver recuperato gli strumenti necessari, condizione fondamentale per non “rompere” la progressione di gioco). Va detto che l’impianto investigativo fatto di oggetti da raccogliere ed enigmi da risolvere, seppur non perfetto, risulta essere il lato del gameplay che funziona meglio, nell’intera opera.
Un uomo d’azione – Recensione The Last Case Of Benedict Fox
Continuando questa recensione, veniamo ora ai combattimenti di The Last Case Of Benedict Fox. Questi vedranno il nostro investigatore impiegare principalmente una baionetta corpo a corpo, ma all’occorrenza sarà possibile sfruttare una pistola molto potente, per quanto in grado (almeno inizialmente) di sparare solo un proiettile per volta, ricaricabile colpendo i nemici con attacchi standard o tramite i vari punti di teletrasporto. Nella villa si potranno anche acquistare oggetti secondari come bombe fumogene ed esplosivi, oltre che cure da utilizzare all’occorrenza. Chiudono il cerchio una schivata ed una parata che, se eseguita con il giusto tempismo, permette di deflettere gli attacchi e restituire indietro i danni.
Purtroppo gli scontri, all’atto pratico, ci sono sembrati goffi e generalmente un po’ approssimativi, complici le movenze e gli attacchi del nostro personaggio che paiono il più delle volte piuttosto legnosi. Lo stesso dicasi delle fasi platform, che a volte saranno ostiche più per i movimenti e, in particolare per il salto del personaggio, che per altro. Invece di un comune doppio salto, infatti, il nostro investigatore potrà sfruttare dei tentacoli demoniaci per agganciarsi a soffitti, piattaforme (ed a volte anche nemici), come una sorta di rampino. Questa peculiare scelta purtroppo non funziona sempre come dovrebbe, ed in alcuni passaggi ci ha costretto a fare più sforzi del necessario.
Ben presto nell’avventura incontreremo un personaggio in grado di ampliare e potenziare le nostre abilità demoniache, spendendo Inchiostro ottenuto sconfiggendo i nemici. La maggior parte di questi potenziamenti, per quanto utili, saranno per lo più accessori, ma ve ne saranno alcuni che invece saranno praticamente obbligatori da ottenere per proseguire, e la scelta di porli assieme ad altri upgrade non necessari ai fini dell’avanzamento di gioco potrebbe rendere il loro ottenimento un pò meno intuitivo per qualcuno. Purtroppo proprio l’ottenimento dei poteri e oggetti per avanzare, da sempre cuore pulsante di ogni metroidvania, è qui invece un altro degli elementi che sarebbe potuto essere meglio rifinito. Un paio di volte ci è infatti capitato che la storia ci portasse a cercare di recuperare un oggetto per avanzare, ma di non riuscire a trovare il modo per raggiungerlo, scoprendo poi in seguito (dopo diversi giri a vuoto) che per ottenerlo bisognava prima trovare un altro oggetto o potenziamento utile ad aprirci la strada.
Il suono di altre dimensioni – Recensione The Last Case Of Benedict Fox
Non possiamo chiudere questa recensione di The Last Case Of Benedict Fox senza menzionare il comparto artistico dell’opera. Infatti, come già accennato in precedenza, lo stile grafico è forse il punto di maggiore forza dell’intera produzione. Gli ambienti, realizzati interamente in 3D, risultano davvero belli ed ispirati, nonché disegnati con perizia. In alcune aree del Limbo gli artisti del team hanno chiaramente dato libero sfogo alla loro fantasia, tratteggiando mondi caotici, ultraterreni ed oscuri, ma al contempo colorati e dettagliati, perfette rappresentazioni dei vividi sogni descritti da Lovecraft dei suoi racconti. È un vero peccato quindi che in alcuni frangenti siamo incorsi in sporadici bug e cali di framerate. Nulla di grave che non possa essere sistemato con una patch, sia ben chiaro, ma certo non ci saremmo aspettati qualcosa del genere, avendo giocato al titolo su Xbox Series X.
Per quanto riguarda il sound design invece abbiamo una situazione piuttosto altalenante. A fronte di alcuni suoni complessivamente ben riusciti (come lo sparo della pistola ed il verso di alcuni mostri), ne abbiamo altri decisamente meno convincenti (i passi su alcune superfici, o alcuni feedback di colpi andati a segno, per citarne alcuni), che purtroppo smorzano l’effetto finale di alcune scene, in particolare quelle più concitate. Anche la colonna sonora, fortemente influenzata dallo stile Jazz anni ’20/’30, risulta complessivamente priva di brani davvero capaci di farsi notare, preferendo rimanere relegata ad un sottofondo che scivola via senza infamia e senza lode, ma che avrebbe potuto aggiungere un tocco d’atmosfera in più. Infine è presente anche un doppiaggio inglese nel complesso ben riuscito (menzione speciale per l’interpretazione del Demone legato al protagonista), ma con alcune prove recitative che ci sono parse un pò prive di pathos.
La soluzione del caso
Come abbiamo avuto modo di vedere in questa recensione, The Last Case Of Benedict Fox è un titolo con dei buoni presupposti narrativi, in grado di eccellere nell’ambientazione e soprattutto nello stile artistico noir, ricercato e ben curato. Purtroppo a controbilanciare tutto ciò abbiamo una progressione non sempre chiara, fasi platform e combat system generalmente dal feeling poco appagante, ed un comparto audio altalenante che avrebbe meritato una caratterizzazione maggiore. A conti fatti il titolo rimane comunque un piacevole ed atipico metroidvania con qualche elemento investigativo e rompicapo complessivamente interessanti, ma che, con le giuste limature, avrebbe potuto diventare un nuova perla nel panorama recente.
E voi cosa ne pensate? Avete già provato questo titolo? Fatecelo sapere nei commenti e rimanete sintonizzati su tuttotek.it per tutte le news dedicate al mondo dei videogiochi. Per acquistare videogame a prezzo scontato, vi consigliamo di dare un’occhiata al catalogo di Kinguin.
Punti a favore
- Trama e lore curate ed intriganti
- Investigare e risolvere enigmi nel complesso funziona e diverte
- Direzione artistica riuscita e molto accattivante
Punti a sfavore
- Progressione non sempre chiarissima
- Platforming e combat system avrebbero potuto essere maggiormente rifiniti
- Comparto audio altalenante e poco caratterizzato
- Qualche bug e problema di performance
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