In questa recensione andremo a dare uno sguardo a The Kids We Were, un’avventura dettata dal viaggio nel tempo e dalla risoluzione di piccoli enigmi, che immergerà il giocatore nell’infanzia travagliata di un ragazzino giapponese tanto giovane quanto coraggioso
Le storie costruite attorno ai viaggi temporali sono ormai state sperimentate all’interno di qualunque genere videoludico. In più, di recente c’è stato una sorta di risveglio di questa narrativa, ripresentandosi in diversi titoli, a partire ad esempio da Deathloop e il suo irriverente gameplay action, a uno stile che porta ad apprendere man mano le caratteristiche del gioco come in Returnal. Inoltre, vi sono anche giochi che pongono il viaggio temporale non solo come un ulteriore elemento che compone il gameplay, ma facendogli assumere anche una parte necessaria alla trama, introducente la storia vera e propria, come in Life is Strange,
Indipendentemente dal modo in cui viene impiegato, il potere di viaggiare nel tempo è qualcosa che l’essere umano ha da sempre desiderato, e anche le sole teorie e ipotesi a esso relative consentono di dare spazio alla formulazione di infinite possibilità. Non per nulla i loop temporali hanno dato vita a un ampio numero di media d’intrattenimento, con dei rinomati capostipiti della letteratura classica e della cinematografia. Tutto ciò che circonda quest’illusione fantascientifica è fonte di grande ispirazione per i creatori, specialmente i più fantasiosi e ossessionati a dare una svolta all’inamovibile volontà del fato. Dopotutto, seppur il tempo non sia reversibile nella realtà, la nostra immaginazione resta in ogni caso una via per superare questi limiti.
A nostro discapito, gli attimi scorrono inesorabili senza possibilità di ritorno, mentre ciò che rimane ad accompagnarci è quasi sempre la serie di alternative che non abbiamo vagliato, o le decisioni che ci portiamo sulle spalle, ed i ricordi che ci inseguono o che ci sfuggono incessantemente. Nonostante l’imperiosa verità, ed essendo consapevoli di come sia impossibile ripercorrere i passi fatti lungo la nostra vita, non esitiamo a perderci comunque nelle delusioni, nemmeno quando riconosciamo quanto esse distino dalla dura realtà.
Ed ecco allora che si è preda di sensazioni in grado di scatenare il palpitare del nostro cuore al pensiero dei tempi andati, e far brillare gli occhi di una speranza ancora presente allora. L’emozione in questione, la nostalgia, è considerata delle volte come una vera e propria malattia, e la stessa non si farà scrupoli a riapparire nel gioco di cui si parlerà questa nuova recensione, ovvero The Kids We Were.
Storia di un’estate a Kagami
Come premesso, la recensione che andremo a fare riguarderà The Kids We Were. Si tratta di un gioco con una costante fondata sul viaggio nel tempo, unito alla risoluzione di alcuni enigmi, sulla quale si strutturerà l’intera trama del titolo. Il gioco è stato ideato inizialmente per essere giocato su dispositivi mobile, e ha ottenuto un successo non indifferente, conquistando il primo posto nella classifica di migliore gioco Indie nella categoria dei migliori titoli del 2020 su Google Play, insieme ad ulteriori premi e riconoscimenti.
I toni che animeranno la storia saranno capaci di dar luogo a un’altalena di sentimenti, oscillando tra l’insorgere degli elementi che svelano la tragicità della vita ed elementi che caratterizzano le parti più semplici e candide della stessa. Ciò verrà effettuato grazie al cast di personaggi, che con la propria innocenza data dall’età fanciullesca riuscirà a fornire un punto di vista meno “inquinato” rispetto a quello ritrovabile in un adulto, che magari si sarebbe già sbarazzato da tempo delle aspirazioni e speranze nate in età più giovane.
Incontri fatali – Recensione The Kids We Were
Da qui in poi inizieremo ad introdurre un po’ più nel dettaglio la storia di The Kids We Were, descrivendo nella nostra recensione alcuni punti chiave che avverranno all’inizio del gioco. Il titolo si aprirà con quella che viene definita una sorta di leggenda urbana appartenente a Kagami, piccola cittadina localizzata nelle parti più periferiche di Tokyo.
In essa verrà introdotta la credenza popolare inerente un evento che ha luogo ogni 33 anni, in concomitanza con il passaggio di una stella cadente. Un essere potente, denominato Magi, proveniente “dalle più lontane sponde dell’eternità”, sopraggiungerebbe su di una nave solcante le maree del tempo. Apparentemente, coloro che lo assisteranno quando necessario, avranno modo di esaudire il loro più grande desiderio.
Dopo questa premessa, sarà presentato lo scenario dietro l’intera esperienza di gioco. Nel 1987, alla fine del periodo Showa in Giappone, andremo a impersonare Minato, un giovane ragazzino di 11 anni, mentre saremo in viaggio insieme alla madre e alla sorellina. La famiglia in questione apparirà sin da subito colpita da diverse problematiche: la madre è divorziata e sembra avere una salute piuttosto cagionevole, il padre non si vede da molti anni e i figli neanche ne conoscono il volto. I tre giungeranno a Kagami in occasione di una cerimonia commemorativa, per ricordare la scomparsa di alcune vecchie conoscenze della madre.
In questa tranquilla cittadina, Minato e la sorellina Mirai avranno in realtà un’importante missione da compiere: quella di ritrovare il proprio padre dopo aver scoperto come egli viva ancora a Kagami. In più, Minato avrebbe un’ulteriore motivazione, che lui definirà “un’ultra mega codice rosso VERA missione top secret”. Quando la madre sarà impegnata a seguire la cerimonia, i due si metteranno a investigare. Improvvisamente, Minato rimarrà travolto da un sogno ad occhi aperti, ritrovandosi di colpo in un cimitero, a conversare con un prete buddista; in realtà, questi sogni sembrano disturbarlo già da diverso tempo, portandolo a parlare con persone sconosciute in luoghi mai visitati.
Raggiunto il cimitero Minato incontrerà davvero il prete, dal quale apprenderà del triste destino del padre, defunto ormai da alcuni anni proprio in quello stesso giorno, individuando anche il suo nome sulla tomba di famiglia. Minato rimarrà perplesso dalla situazione, poiché egli è stato capace di prevedere già questa triste rivelazione nella visione di alcuni momenti prima.
Il prete darà poi al bambino un misterioso quaderno, titolato “i Sette Misteri”, appartenuto in precedenza al padre. Qui verremo anche a sapere delle intenzioni nascoste di Minato: egli era alla ricerca di un donatore di midollo per la sorellina, la quale soffre di una malattia molto grave e necessita di un’operazione. Questa sarebbe stata la sua unica possibilità, e dopo aver capito di non poter salvare Mirai, Minato inizierà a disperarsi.
Subito dopo, una nuova visione lo condurrà ben presto a introdursi nel tempio di Kagami, che sembra essere sul punto di venire demolito. Sgattaiolando in una zona chiusa all’accesso, Minato avrà a che fare con un peculiare macchinario a forma di cubo, riesumato dal terreno solo di recente: da questo punto in avanti, la situazione prenderà una piega significativa. Davanti agli occhi di Minato, infatti, si presenterà colui che dirà di essere il bambino stesso, ma 33 anni nel futuro. Affermando di aver fallito nell’alterare il destino della famiglia, Minato darà alla sua versione più giovane l’arduo compito di tornare indietro nel tempo di 33 anni, in modo da salvare i suoi famigliari risolvendo i sette misteri scritti dal papà all’interno del quaderno.
Incerto sul da farsi, un’altra visione mostrerà un nuovo tragico evento presso la stazione, e lo farà così precipitare alle banchine: tuttavia, in quel momento la madre e la sorellina non sembreranno trovarsi in condizioni di pericolo. Ma quando il peggio sembra sul punto di accadere, con Mirai che si avvicinerà troppo sulla linea gialla di sicurezza, Minato riuscirà a salvarla e a sventare il fato svelato una manciata di minuti prima.
Avendo realizzato la veridicità delle visioni che lo affliggono, Minato sarà finalmente determinato a portare a compimento la sua missione nel proteggere la propria famiglia, venendo così lanciato nel bel mezzo dell’epoca Showa. Si avranno solo 72 ore di tempo per risolvere tutti i misteri; esaurito il tempo, il ragazzino tornerà nel presente, e non sarà più possibile per lui tentare nuovamente il salto temporale.
Aguzzare lo sguardo – Recensione The Kids We Were
Il viaggio nel tempo occupa dunque un ruolo importante per la trama del gioco, ma nella nostra recensione riteniamo che l‘esplorazione della località nella quale viene ambientato The Kids We Were sia uno dei punti focali del gameplay, e una parte più che necessaria per poterne proseguire il filo narrativo. La storia potrà essere avanzata man mano che si andranno a visitare le diverse zone di Kagami, e nel frattempo avremo modo di collezionare diversi oggetti in voga durante quegli anni. Inevitabilmente, essi solleticheranno la nostalgia di molte persone, con delle piccole descrizioni utili per riscoprire il pensiero e la valenza che questi mementi possedevano agli occhi di coloro che vissero a quei tempi.
Minato potrà conversare con ogni personaggio che egli incontrerà nel mondo di gioco, venendo così a conoscenza delle idee e preoccupazioni degli abitanti. Inoltre, i dialoghi spesso presenteranno la possibilità di selezionare una risposta tra diverse scelte multiple, benché solo una sarà quella corretta. Ci sarà in ogni caso permesso di tentare più risposte senza alcuna penitenza, finché non avremo trovato quella più adatta. Andando a risolvere degli enigmi non troppo elaborati, delle volte questi ci condurranno verso vicende piuttosto simpatiche o bizzarre, e che contribuiranno a dare una sensazione di coinvolgimento nella vita della città.
Il titolo sorvola su alcuni dettagli, come quelli sulle motivazioni dietro le capacità di viaggio nel tempo fornite nel gioco; e mentre la mancanza di delucidazioni rimane in fin dei conti un aspetto marginale e spesso presente nelle storie sui viaggi nel tempo, è comunque un fattore da dover indicare in fase di recensione.
Amarcord di malinconia – Recensione The Kids We Were
La nostalgia accennata all’inizio della nostra recensione di The Kids We Were emergerà soprattutto agli occhi di coloro che hanno potuto vivere il cambiamento in atto in quel periodo nella società nipponica. Il titolo presenterà infatti una visione della vita giapponese negli anni 80′, momento che ha caratterizzato in generale delle grosse evoluzioni verso ogni aspetto della vita, soprattutto per quanto riguarda le tecnologie e l’economia.
In quegli anni, le tradizioni di un retaggio passato si vanno a scontrare sempre di più con la modernità urbana incombente, e non verrà lasciata via di scampo alle menti ancora rifugiate nel passato. Nel gioco, l’arrivo del progresso e i cambiamenti che esso comporta influenzeranno gli abitanti e il destino dei personaggi con cui interagiremo, nonostante esso aleggi semplicemente nell’aria durante la nostra permanenza passata, per poi presentarsi violentemente nel futuro.
Per i giapponesi di oggi, il periodo Showa è stata un’era romantica, e viene attualmente vista con affetto e malinconia: lo stato del Paese nei primi anni 80′, che lo poneva tra le nazioni più ricche del mondo, viene visto tutt’ora dalla popolazione come un tempo di gloria, che finì poi con l’essere distrutto senza troppe cerimonie dalla bolla economica e ciò che ne conseguì. Anche per gli occidentali ci saranno alcuni frangenti che porteranno alla mente diversi ricordi, soprattutto quando si andranno a rivedere le presenze più che naturali di Televisori CTR, videocassette, giochi per console ormai da collezionismo e telefoni a pagamento.
Un’infanzia rivissuta – Recensione The Kids We Were
Passando al lato tecnico di The Kids We Were, la versione recensita è stata giocata su PC, e possiamo ritenere soddisfacenti le prestazioni complessive: dopotutto, il titolo è nato per essere fruito su mobile, e per questo è molto leggero e caratterizzato da un gameplay semplicistico, concentrando tutte le sue forze nella storia e nei personaggi che esso intende raccontare. L’ambientazione viene costruita in uno spazio 3D, sfoggiando una grafica in stile voxel molto piacevole all’occhio, e che riesce ad entrare in grande sintonia con il periodo temporale narrato.
Per chi si sofferma soprattutto sull’estetica di un titolo e le capacità evocative che essa è capace di dare, si potrebbe trovare pane per i propri denti, specialmente se si apprezzano giochi simili a Boku no Natsuyasumi, con la tipica atmosfera rurale e austera, dove la vita viene mossa dalle cose semplici.
Vagando per Kagami si finirà con il diventare parte integrante della piccola città, scoprendo i punti di ritrovo abituali dei nostri coetanei, le particolarità e stranezze dei residenti e negozianti, le usanze tipiche e le superstizioni più diffuse. Insieme al suono prorompente delle cicale e la solennità del tempio al calar della sera, tutto ciò porterà a sviluppare un vero e proprio ricordo di un’infanzia passata, impossibile da rivivere una seconda volta, ma che rimarrà per sempre con noi.
Un passato mai vissuto, e per sempre ricordato
A fare da antitesi ai connotati più nostalgici, evidenti solo a chi si trova ormai in età adulta, ci sarà il giovane Minato e il viaggio che egli intraprenderà, inseguendo una nuova speranza nel futuro che lo farà maturare in modo evidente. La schiettezza tipica della sua età gli consentirà di stringere facilmente nuove importanti amicizie, e i vari momenti divertenti e di spensierata felicità non nasconderanno però altre realtà molto più oscure. Giungeranno infatti a galla le ombre che perseguitano i protagonisti, tra abusi e comportamenti più che aggressivi da parte dei propri genitori. Le verità non verranno dette sempre in modo esplicito, ma non saranno glissate in alcun modo, presentandosi agli occhi del giocatore senza alcun addolcimento.
Usando come palco scenico le memorie di una vita, in The Kids We Were vengono mostrati sia i risvolti più positivi, che quelli più negativi di ciò che la caratterizza. Il titolo svolge la sua storia all’interno di quindici capitoli principali, e giunti alla fine si scoprirà realmente come il vero potere si celi nella propria volontà. Solo con essa si è in grado di concedersi un miracolo, e deviare la traiettoria tracciata dal nostro destino. L’idea che il futuro non sia scritto da altri all’infuori di noi stessi, emergerà quando si penserà di aver concluso la nostra avventura. A quel punto, starà a noi decidere se scendere a compromessi o meno, e affrontare in seguito la scelta effettuata.
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Punti a favore
- Storia in grado di colpire nel profondo
- Personaggi amabili e ben strutturati
- Stile grafico che si abbina ottimamente all'ambientazione
- Atmosfera coinvolgente
Punti a sfavore
- Ripetitività nelle meccaniche di gioco
- A tratti piuttosto lento
- Livello di sfida molto basso
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