Pumpkin Jack ci ha offerto il proverbiale dolcetto, ogni tanto però il nuovo platformer a tema Halloween ci ha fatto anche qualche scherzetto, ecco la recensione!
Ormai anche per quest’anno ci siamo. Siamo arrivati a ridosso di quei giorni in cui i bambini indossano i dentoni da Dracula e sparano uova a mo’ di cecchini. Certo, quest’anno è diverso dagli altri per i motivi che sappiamo e le uova stavolta ce le siamo scampati (forse). In molti dovranno obbligatoriamente passare Halloween in casa con il solito film visto e rivisto o magari giocando un videogioco. Ecco quindi, guarda caso, che proprio oggi arriva negli stores videoludici virtuali Pumpkin Jack, un platformer che di Halloween ha fatto il proprio vessillo.
Il buffo titolo di Headup Games sembra sbucato fuori direttamente da quella mensola in cui tenete i giochi di PlayStation 1 e 2. Giocandolo ci sono tornati alla memoria tanti bei ricordi legati ai platformer che qualche decennio fa erano blockbuster sulla storiche macchine hardware di Sony. In questa recensione proveremo a spiegarvi in che modo Pumpkin Jack ha innescato nella nostra mente tali nostalgiche rimembranze e in cosa consiste il dolcetto (e lo scherzetto) che ci ha offerto.
Chi fa da sé fa per tre
Siamo abituati ad immaginare i videogiochi come il prodotto dello sforzo combinato di immensi team di manovalanza informatica e non. Il mondo indie è bello proprio perché sovverte quest’idea. In quest’ambito, pressoché innumerevoli sono le produzioni a vantare un solo elemento nei titoli di coda. Pumpkin Jack, di cui state leggendo la recensione, è proprio uno di questi solitari progetti. 4 anni fa, l’allora diciannovenne Nicolas Meyssonier era animato da un progetto ammirevole: far rivivere nell’attualità videoludica la magia scanzonata dei platformer del passato, MediEvil in primis.
Molto prima che il remake del primo MediEvil ci restituisse Sir Daniel Fortesque in carne (no anzi quella no) e ossa, Meyssonier aveva in un certo senso percepito quel vuoto esistente nella commedia dark videoludica. Ed ecco quindi che il giovane sviluppatore pesca a piene mani dal folkore anglosassone e adatta il mito del fabbro ubriacone Jack (Jack-o’-lantern, quello che aveva ingannato il Diavolo per 3 volte) al medium videoludico. Ne esce fuori un platformer cartoonesco, (lugubre solo per scherzo) che sa un po’ di MediEvil, un po’ di Jak and Daxter, un po’ di Ratchet & Clank e, perché no, anche del difficilissimo Maximo: Ghosts to Glory.
Dalle avventure di Daniel Fortesque il titolo sembra aver ereditato parte del combat system mentre il level design ricorda alla lontana quello visto nei giochi della serie Jak and Daxter di Naughty Dog. Il titolo, inoltre, punta ad essere in qualche fase un po’ ostico e in questo aspetto si rifà quindi a Maximo. Insomma, siamo davanti ad una sorta di compendio degli action-platform. Questi altisonanti nomi li citiamo qui con un po’ di timore reverenziale perché in molti casi Pumpkin Jack si limita un po’ solo a farne il verso. Non siamo, chiaramente, di fronte al vero erede di tale illustre stirpe. Eppure il gioco in questione ci ha comunque colpiti in qualche modo.
Accendi un diavolo in me – Recensione Pumpkin Jack
La premessa di Pumpkin Jack, il gioco di cui vi parliamo in questa recensione, basta quantomeno ad accendere la curiosità. Jack, il protagonista, deve servire il Diavolo per far si che il Male trionfi sul Bene. Vi basteranno 2 o 3 minuti in game però per capire che ovviamente Jack non è certo il nuovo Caino ma un simpatico scavezzacollo con la battuta sempre pronta. Il regno di Arc En Ciel è stato sempre pacifico fin quando Satana in persona, stufo di tutta quella noiosissima armonia, non decide di far sgranchire un po’ i suoi fidati mostri.
In men che non si dica il regno passa dall’amena stasi al ferro e fuoco. I sudditi in preda al panico si rivolgono all’unico in grado di metterci una pezza: un potente Mago arcano. L’incantatore intraprende quindi un viaggio per rompere la malvagia maledizione. Satana non se ne sta certo con le mani in mano e assolda Jack, l’uomo che l’aveva ingannato ben 3 volte, per sconfiggere il Mago.
Da tale incipit la narrazione di Pumpkin Jack procede in modo abbastanza spedito limitandosi a fare quello che di solito le narrazioni fanno in questo tipo di titoli: contesto narrativo. Il racconto ideato da Meyssonier fa da sfondo alle peripezie videoludiche di Jack in modo abbastanza degno. L’intreccio è fiabesco e umoristico quanto basta. Tanti frangenti della storia vengono addirittura esplicitamente (e ironicamente) chiamati col loro nome dai personaggi stessi: espedienti narrativi.
Non mancano piccoli colpi di scena e variazioni sul tema. I dialoghi sono perlopiù divertenti anche se non sempre si riesce a mantenere lo standard preposto. Ogni tanto infatti l’asticella cala e si scende in incolori banalità. La caratterizzazione dei personaggi, inoltre, non è memorabile o particolarmente adeguata. Al Mago, nello specifico, avrebbe probabilmente giovato un indole melensa e svenevole molto più di quella impertinente e pestifera che gli è stata cucita addosso. Jack inoltre non riesce a essere sempre pungente come sarebbe lecito aspettarsi. In questo caso avremmo gradito quindi un po’ più lo scherzetto che il dolcetto.
Chi non salta una zucca non è – Recensione Pumpkin Jack
Come vedremo nel corso di questa recensione, Pumpkin Jack, è basato sul criterio della linearità, come ogni buon platformer old-school. Questo vuol dire che, nei panni di Jack, potrete addentrarvi in 6 diverse location ognuna delle quali è caratterizzata da uno specifico percorso da seguire. Ogni area ammette uno e un solo modo univoco per essere esplorata. Ogni tanto vi capiterà di scorgere qualche sentiero fuori dal coro. Questi vi condurranno sistematicamente dai Teschi di Corvo. Si tratta della valuta di gioco con cui potrete acquistare qualche costume per agghindare Jack (per forza, sennò che Halloween sarebbe?).
Percorrere i vari percorsi che di volta in volta vi spediranno dritti tra le braccia dal boss di ogni livello rappresenta la parte preponderante del gameplay. Jack può scorrazzare qua e là balzando come un gatto da pedane, torri pericolanti, casse di legno e funghi giganti che spawnano all’occorrenza. Il saltare è la meccanica chiave su cui è incardinata l’intero frangente esplorativo. Fin da subito il gioco vi farà familiarizzare con il doppio salto a mezz’aria. Tale feature, all’apparenza scontata, sarà invece di vitale importanza nelle fasi avanzate del gioco e dovrà essere padroneggiata a dovere per avanzare nell’esplorazione.
I movimenti di Jack sono sufficientemente precisi e abbastanza sciolti. Nelle prime fasi di gioco, laddove si stagliano ampi campi di zucche pianeggianti, si sente un po’ la mancanza di un tasto dedicato alla corsa che avrebbe permesso di percorrerli in un baleno. Per quanto riguarda il level design ci sentiamo di promuovere appieno il lavoro di Meyssonier. C’è parecchia varietà, i percorsi sono studiati con grande cura e attenzione. Ogni singolo ostacolo dà il giusto ritmo all’esplorazione senza tediare mai il giocatore. Alcuni frangenti saranno un po’ ostici, ma mai punitivi.
Nel complesso l’esplorazione, infatti, non raggiunge mai vette di difficoltà particolarmente pronunciate. Vi troverete a percorrere binari sospesi nel vuoto a migliaia di metri dal suolo o saltare da un piano all’altro di un casale fatiscente. Il tutto è decisamente piacevole e divertente e la progressione in termini di difficoltà è ben studiata.
Nel corso delle vostre peregrinazioni, ovviamente, non sarete soli. Ci saranno tanti simpatici ratti giganti, scheletri e cavalieri demoniaci a tenervi compagnia. Qui il gioco ci è parso mostrare un po’ il fianco. Il combat system è infatti essenziale e un po’ all’acqua di rose. Manca un sistema di target quindi vi troverete a tirare manrovesci un po’ alla cieca con una hitbox sfuggente che rende il tutto un po’ impreciso. A tratti sembra quasi di trovarsi di in un musou vecchio stile in cui con un colpo si affettano serialmente decine di nemici. Tutto si risolve in un randomico salta, schiva e colpisci senza mai la necessità di fare attenzione al tempismo. Fortunatamente le bossfight risollevano un po’ le sorti del battling essendo molto varie e abbastanza riuscite.
Per dare un pizzico di originalità e freschezza a questa fase, inoltre, lo sviluppatore ha pensato di porre al nostro fianco un corvo che ci aiuterà a respingere i nemici o abbattere qualche ostacolo sul nostro cammino con la semplice pressione del dorsale sinistro. L’idea è buona ma la realizzazione è veramente molto semplicistica e un po’ superficiale. Il pennuto si limiterà ad assestare un semplice colpo on demand. Fine della storia.
Tutti a bordo! – Recensione Pumpkin Jack
Saremo molto schematici ora. Il gameplay del gioco si regge essenzialmente su quattro punti. Dei primi due ve ne abbiamo parlato nel paragrafo precedente di questa recensione: esplorazione lineare e combat system. Le ulteriori due features del sistema di gioco consistono in enigmi e quicktime events. In alcuni frangenti esplorativi dovrete fermarvi e per procedere dovrete usare la testa, anzi la zucca in questo caso. Sì, perché il nostro Jack ha la possibilità, in alcune specifiche location, di rimuovere la zucca che contiene il suo ardente spirito.
Questa può entrare quindi in aree altrimenti inaccessibili e muoversi all’interno delle stesse sfruttando dei rampicanti per muoversi, come se fossero arti. Qui dovrete essenzialmente risolvere alcuni rompicapo. Non si tratta di roba sofisticata alla Breath of The Wild. Gli enigmi saranno piuttosto spartani. Spostare una bomba da un punto all’altro di un percorso a ostacoli gestiti da interruttori o colpire alcuni funghi in un ordine specifico. Si tratta di un ottimo espediente per dare varietà al gameplay. Sfortunatamente però, per l’estrema semplicità, tali enigmi non risultano appaganti come le fasi esplorativi e si rivelano un po’ fini a se stessi lasciando il tempo che trovano.
L’ultimo punto saliente del sistema di gioco di cui vi abbiamo accennato in questa recensione su Pumpkin Jack l’abbiamo chiamato quicktime event per pura comodità. Non si tratta infatti di mere cutscenes in cui dovete premere tasti con il giusto tempismo.
In alcune specifiche circostanze delle sue peregrinazioni, per avanzare, Jack dovrà saltare in sella a destrieri demoniaci, lanciarsi su carrelli da miniera o barconi decrepiti. L’engine del gioco muoverà in avanti in automatico tutti questi strambi mezzi. Voi avrete l’incombenza di sterzare, saltare per evitare gli ostacoli sulla via o abbatterli lanciando il fido corvo come un proiettile contro di essi. In questo caso, la rudimentale semplicità dell’attacco con il pennuto cade a fagiolo rendendo il tutto immediato e avvincente.
Proprio queste fasi, così elementari e naturali, seppur non particolarmente innovative, ci sono sembrate senza ombra di dubbio quelle più riuscite e divertenti del gioco. Meyssonier è riuscito a condensare brillantemente in questi momenti lo spirito scanzonato e allegro del suo titolo.
L’arancione fa pendant con il viola – Recensione Pumpkin Jack
Pumpkin Jack, in termini di veste grafica, aveva delle scelte coloristiche quasi obbligate da rispettare e lo sviluppatore ha tenuto fede ai patti in modo praticamente impeccabile. Non ci sarebbe Halloween senza l’arancione pastello o i toni cupi e crepuscolari del violetto e della lavanda.
Su questa palette cromatica Meyssonier ha basato tutta la componente visiva della sua creatura videoludica ed è riuscito a renderla indubbiamente piacevole e a suo modo attraente. Le tinte calde e violacee danno al gioco la giusta atmosfera ossimoricamente cupa e vivace che ogni produzione della commedia dark gotica dovrebbe avere. Nell’estetica dei personaggi, inoltre, si rivede un po’ del vecchio Sir Daniel Fortesque e del capolavoro in stop motion di Tim Burton, Nightmare Before Christmas. Tutto è cartoonicamente distorto e reso buffamente arcigno. Insomma, senza scomodare chissà quali textures o modelli poligonali, il giovane sviluppatore ha messo su qualcosa di riuscito e gradevole che vi riporterà alla mente, con un colpo d’occhio, i bei tempi andati della PlayStation 2.
Alcune considerazioni tecniche ora. Prima di scrivere questa recensione abbiamo avuto modo di provare Pumpkin Jack su PC e su Switch. Sul nostro hardware dotato di una vecchia GTX 1060 il gioco ha mostrato quanto di meglio ci si potesse aspettare. Frame fluidissimo e stabile al massimo, un discreto numero di opzioni grafiche, supporto DLSS e, rullo di tamburi, Ray-tracing! Purtroppo non abbiamo potuto provare queste due ultime features a causa del nostro hardware ma è del tutto lecito ipotizzare ottimi risultati.
Su Switch, al contrario, Pumpkin Jack è un po’ sottotono. Non ci sono cali di frame ma in modalità portatile la risoluzione è molto bassa e si perde molto dei paesaggi e dei buoni dettagli della versione PC. I colori ci sono sembrati poi meno squillanti e con la tendenza a diventare un po’ indistinti sulle tinte scure. Le cose vanno meglio in modalità docked ma il nostro consiglio (se chiaramente avete la possibilità di scegliere) è optare per la versione che trovate su Steam (o su PS4 e Xbox One).
Francamente parlando, ad ogni modo, ciò che ci ha impressionati è la qualità della componente audio. Una gran varietà di motivetti e brani orchestrati ci ha accompagnati lungo la nostra spettrale avventura. La musica era perfettamente adeguata in ogni momento. Molte delle tracce, addirittura, ci hanno ricordato un po’ quelle della serie Luigi’s Mansion. Insomma, sul fronte tecnico Pumpkin Jack si è rivelato decisamente piacevole.
Varietà sopra ogni cosa!
Che dire quindi da ultimo su Pumpkin Jack? Il progetto è opera di un solo e singolo artefice. L’opera di Meyssonier è indubbiamente apprezzabile. Il giovane sviluppatore si è sforzato di dare varietà ad ogni costo al suo titolo e in alcuni frangenti il proposito è riuscito brillantemente, in altri, come gli enigmi e il corvo ausiliario le cose sono andate un po’ meno bene.
Si chiude però facilmente un’occhio se si considera quello che Pumkin Jack è in realtà: una piccola e piacevole esperienza che non punta certo ad essere il nuovo erede di MediEvil o di Jak and Daxter pur rendendo palesemente omaggio a questi titoli. In molti casi, se lo sviluppatore avesse puntato più marcatamente all’originalità avrebbe forse creato un’esperienza ancora più memorabile.
Ma infondo a noi questo platformer è piaciuto anche così, scanzonato e spassoso come gli scherzi che proprio in questa giornata solitamente si fanno. Vi ringraziamo per aver dedicato tempo alla lettura di questa recensione su Pumpkin Jack. Restate sintonizzati su tuttoteK per tutte le notizie e le curiosità dal mondo del gaming e non solo.
Punti a favore
- Level design vario e riuscito
- "Cavalcature" semplici e divertenti
- Palette cromatica e grafica convincente
- Comparto audio sopra le aspettative
Punti a sfavore
- La caratterizzazione di alcuni personaggi non convince
- Combat system all'acqua di rose
- Enigmi sottotono
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