Un delirante viaggio interstellare tra la frenesia di RECCA e le atmosfere folli di WarioWare nella nostra recensione di Project Starship X
Talvolta, in una nostra recensione, tendiamo a lasciarci prendere dalla logorrea, ma in altri casi l’idea di base può essere semplice quanto basta da tenerci occupati giusto il tempo di vedere cosa il gioco fa di giusto (e cosa no): ed è questo che è avvenuto con Project Starship X. Si tratta di uno shoot-em-up, che oscilla a più riprese tra i crismi del genere e le deviazioni del ramo dei bullet hell. In aggiunta, nel gioco impera una dose di stravaganza che per distinguersi dalla massa non guasta proprio mai. Tuttavia, avendo appena trattato uno shoot-em-up parlando di Space Invaders Forever, sarebbe il momento ideale per fare una precisazione.
Per farla breve, lo shoot-em-up “semplice” prevede il movimento di una navicella, due volte su tre stilizzata più che mai, da spostare a destra e a manca mentre evitiamo il fuoco nemico. Infliggere colpi senza incassarne è l’anima del genere, a cui il figlioletto appena citato ha aggiunto un po’ di pepe in più. Un bullet hell infatti è uno shoot-em-up caratterizzato da un hitbox – le parti del nostro avatar, in questo caso la navetta, sensibili alle collisioni – molto più piccolo rispetto al velivolo. Questo vantaggio viene compensato con il notevole scotto da pagare di una quantità industriale di proiettili nemici da evitare su schermo: appunto, un “inferno di proiettili”, o bullet hell all’inglese.
“C’è qui una navetta abbandonata, tocca a me?”
Siamo tentati di abbandonarci alle note di Starlight Brigade, ma più che il brano cantato da Dan Avidan questo Project Starship X ci ha ricordato più la goliardia del resto del suo repertorio con il gruppo Ninja Sex Party in fase di recensione. Come impone la tradizione del genere (salvo le eccezioni più astruse, come Sisters Royale o Jamestown+), la trama è veramente ridotta all’osso. I quattro personaggi giocabili (senza contare gli extra), di cui solo due sono disponibili a inizio gioco, non differiscono in particolar modo nelle loro abilità, e similarmente non hanno molto da dire in fatto di storia personale.
Di personalità, al contrario, il gioco ne ha da vendere. Difficilmente ci è capitato di vedere un personaggio fiondarsi contro la quarta parete nell’apposita schermata di selezione, ma questo è uno dei tanti tocchi con cui il cast del gioco ci ricorda di puntare più al vago archetipo del cadetto senza speranza divenuto improbabile eroe rispetto a ciò che Neon Genesis Evangelion ha inavvertitamente reso un cliché. Non sapremmo stabilire su quale punto dello spettro ci troviamo, ma bene o male siamo a metà strada tra gli space ranger di Buzz Lightear da Comando Stellare e la carne da macello di Star Trek: Lower Decks.
Tutta la lucidità di un rave party – Recensione Project Starship X
Dopo una bizzarra selezione di lingue tra inglese, giapponese ed italiano (siamo confusi quanto voi su questo primato), la nostra “partita da recensione” di Project Starship X si apre con un disclaimer. “Stacci attento! Rischio epilessia!” Chi vi scrive vanta una tolleranza per le luci intermittenti un po’ sotto la media, ma mentiremmo se dovessimo definire gli sfarfallii del gioco come qualcosa di davvero eccessivo (salvo nelle fasi più concitate, dove il fastidio è tangibile). Non ci soffermeremmo troppo su questo preambolo, ma il gioco riesce in qualche modo a ricavarne un mezzo difetto. Non è comunque nulla che penalizzi il titolo… non più del dovuto, almeno.
Il gioco, come quasi ogni esponente del genere, campa perlopiù di un’anima arcade. L’unica modalità, per un’esperienza di shoot-em-up dura e pura, compare nel menù principale con un laconico “Gioca”. La buona notizia è che il titolo quando sfocia nel bullet hell adotta dei segnali di pericolo (con tanto di triangoli) come preavviso. Il che è un bene, vista la cornucopia di ostacoli presenti simultaneamente su schermo. Quella cattiva sono i già citati sfarfallii, che non si sposano esattamente in modo idilliaco con il design del gioco. Se proprio non reggete le luci a intermittenza, potete smettere di leggere già da adesso.
Azione al cardiopalma – Recensione Project Starship X
Il minimalismo di Project Starship X si estende anche nelle meccaniche di gioco, che cercheremo di spiegare come meglio possiamo in questa recensione. Ad ostacolarci nel nostro intento provvede la mancanza di delucidazioni in questo titolo; ovviamente, uno shoot-em-up non dovrebbe essere tenuto a spiegarci alcunché, ma in realtà ci sono dinamiche ben definite sulle quali preferiremmo non glissare. Oltre allo spostamento della navetta, ci sono due azioni che possiamo compiere. La prima di esse è il fuoco, che in pura tradizione bullet hell ci consente di tenere premuto l’apposito pulsante per un flusso continuo.
La seconda è lo slancio in avanti, o “dash”. Questo scatto non vanta alcun potere offensivo, ma in compenso i suoi utilizzi sul campo sono molteplici. Possiamo utilizzarlo per passare attraverso il fuoco nemico, ad esempio: una tattica, questa, che il posizionamento dei nemici rende indispensabile già dal primo livello. In aggiunta a questo, i power-up si possono raccogliere solamente con lo slancio. Se contiamo anche la presenza di punti vita, l’obbligo di ripartire dall’inizio (e no, non intendiamo l’inizio di un singolo livello) ad ogni game over e il movimento rallentato mentre si apre il fuoco contro il nemico, scopriamo che lo spazio per la strategia non manca. Se non altro, si tratta indubbiamente di un titolo per gli esperti del genere.
Moneta sonante – Recensione Project Starship X
In fase di recensione, ci siamo imbattuti in alcuni elementi roguelike cui il trailer di Project Starship X aveva alluso vagamente. In breve, tra un livello e l’altro c’è la possibilità di imbattersi in un negozio in cui spendere alcune delle monete – che il gioco distribuisce generosamente – per avere powerup. La selezione si effettua con la meccanica degli scatti, come sempre. Approfittiamo dell’occasione per estendere il discorso dei powerup, perché forse non abbiamo dato un’idea chiara di quanto (nel bene e nel male) inadatto ai neofiti sia effettivamente il gioco.
La meccanica di slancio è infatti soggetta ad un cooldown, paragonabile a quanto visto nel primo Crash Bandicoot: ogni utilizzo dello scatto in avanti va misurato. Non a caso, infatti, il level design è a dir poco impietoso con i giocatori che lo sprecano. Inoltre, lo scatto è direzionabile ma mai per movimenti puramente laterali, né per indietreggiare: il massimo della scelta si limita ai movimenti diagonali, e pertanto è di rigore pianificare le mosse con largo anticipo. Tra lo sfarfallio continuo ed il ritmo frenetico del level design, tuttavia, un giocatore inesperto non avrà davvero un solo attimo di tregua.
Pimp my ship, o forse no – Recensione Project Starship X
Concludiamo la nostra recensione di Project Starship X commentando la rosa di opzioni presenti nel menù principale del gioco. In realtà, è prevista un’opzione per giocare insieme in co-op (ribattezzata con un simpatico, e quanto mai partenopeo, “Stiamo in 2”). Per il resto, non c’è molto da aggiungere: le opzioni sono ridotte all’osso, mettendo invece un’esperienza di shoot-em-up dura e pura mirata a mettere alla prova le nostre abilità. Esiste un menù per le opzioni a livello puramente tecnico, ma graficamente possiamo solo parlare di un “filtro rosso” che tinge lo schermo del suddetto colore e di un altro filtro che trasforma i nostri schermi HD in televisori a tubo catodico.
Non c’è dunque menzione della possibilità di rimuovere l’alternanza psichedelica di colori, e da questo punto di vista neanche le altre opzioni aggiungono granché all’esperienza. Il menù audio vanta le consuete scelte per quanto concerne musica ed effetti sonori (di cui parleremo – bene – tra poco). Per il resto, c’è solo la possibilità di cambiare lingua e di riportare i dati di salvataggio al punto di partenza, giusto per chiudere il cerchio della nicchia hardcore a cui sta puntando il gioco stesso.
Tecnicamente parlando – Recensione Project Starship X
Tiriamo dunque le somme in questa recensione di Project Starship X esordendo con l’analisi del motore grafico. Abbiamo parlato recentemente dell’artista della pixel art Andy Robertson, e in un certo senso il gioco ci ricorda il suo operato… nel bene, sì, ma anche nel male. Tutte le bizzarre idee che appaiono su schermo, dal character design in stile WarioWare alla mera esistenza di uno Hitler zombi intento a pilotare una versione meccanica di Zero da Kirby’s Dream Land 3, si traducono in un gioco che di certo non manca di carattere. Tuttavia, i continui giochi di luce – che persino un titolo di Square-Enix definirebbe esagerati – omaggiano Robertson un po’ troppo, quanto basta da inasprire (talvolta) l’esperienza.
Musicalmente parlando, non c’è veramente nulla da ridire. Vedere il nome di un compositore in concomitanza della schermata del titolo, come ci insegna Yuzo Koshiro con Streets of Rage, è un ottimo segnale. Vedere ancora prima che abbiamo uno pseudonimo a cui associare la musica del gioco, poi, ci anticipa che ne sentiremo delle belle. E infatti, novtos (o “Sinoryu Z” su Soundcloud) non delude, con sonorità chiptune sempre incalzanti dai primi istanti di gioco fino alla distorsione che accompagna il nostro ultimo punto vita. Ottimi anche gli effetti sonori, a cavallo tra il NES e una volutamente contrastante pulizia uditiva.
Considerazioni conclusive
In generale, il gameplay di Project Starship X analizzato in fase di recensione si traduce come una versione di Summer Carnival ’92: RECCA che accelera molto sullo stile, frenando però bruscamente sull’accessibilità. L’imbuto che ne deriva fornisce alla nicchia più avvezza ai record un gioco che sa come metterla alla prova, e che per i dieci euro che richiede propone una sfida ben proporzionata. Al resto della comunità videoludica, dal canto nostro, consiglieremmo a cuore aperto di fare gavetta altrove: gli shoot-em-up eccellenti sulle piattaforme attuali non mancano.
La longevità del titolo, trattandosi di un gioco che affonda le proprie radici nell’arcade, si basa molto su quanto il giocatore tenga al punteggio più alto. Per il resto, non c’è un senso di completezza nei contenuti sufficiente a giustificare (per i neofiti) il prezzo di ingresso. Il gioco non manca certo di personalità, ma i personaggi e la loro storia non si spingono oltre gli archetipi e i tropi messi alla berlina. Si tratta del viaggio, non della destinazione, ma se avete già fatto pratica altrove (e avete visto la puntata di Pokémon bandita per eccesso di luci stroboscopiche senza problemi) può valerne la pena.
Questo era ciò che pensavamo noi. Voi però di che opinione siete? Ditecelo qui sotto, e come sempre non dimenticate di restare su tuttoteK per non perdervi alcuna novità dal mondo videoludico.
Punti a favore
- Graficamente curatissimo e pieno di personalità...
- Un tasso di sfida intrigante per gli appassionati...
- Una colonna sonora da sballo
- Simpatiche alcune trovate nella traduzione italiana
Punti a sfavore
- ... ma tutte quelle luci erano davvero indispensabili?
- ... ma chi non è avvezzo al genere troverà ben poco
- Il ritmo frenetico potrebbe non essere adatto a tutti
Lascia un commento