Abbiamo giocato a fondo Kingdom Hearts: Melody of Memory per voi; nella nostra recensione, vediamo come se la cava Sora con la musica
Per un fan storico della saga, scrivere una recensione di Kingdom Hearts: Melody of Memory è un’esperienza quasi surreale. Da un lato, le dita che stanno galoppando sulla tastiera in questo istante devono districarsi tra le zavorre che porta con sé la conoscenza di una serie capace di confondere persino gli appassionati con un delirante comparto narrativo. Dall’altro, per la prima volta subentra uno sguardo alla serie meno distorto e più obiettivo. Anche così, però, evitare di riconoscere i meriti – e, al contempo, le lacune – di questo titolo sarebbe come mentire a sé stessi.
In questo gioco (o meglio la sua incarnazione per Nintendo Switch, che analizzeremo qui) convivono due anime contrastanti e ben distinte. In primo luogo, si tratta di una celebrazione dell’estro musicale che la compositrice Yoko “la pianista di Osaka” Shimomura (Street Fighter II, Mario & Luigi, Final Fantasy XV) ha sempre riversato nella serie, nonché del franchise in generale. La possibilità di fare della narrazione un punto d’ingresso ideale per i neofiti, seppur presente, passa molto in secondo piano. Abbiamo indubbiamente a che vedere con un prodotto nato con gli appassionati in mente, come vedrete a breve.
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La narrazione di Kingdom Hearts: Melody of Memory, al 98%, consiste in un riassunto dell’intera serie dal punto di vista di Kairi, narrato dalla sempre brava Alyson Stoner. In questo frangente, dobbiamo spezzare una lancia in onore delle buone intenzioni del game designer Tetsuya Nomura: dopo i raffazzonati, confusionari ed eccessivamente laconici riassunti visti nel terzo capitolo della serie principale, stavolta ad ogni gioco viene dedicato il giusto tempo. Un’idea già germogliata con Kingdom Hearts 3D su Nintendo 3DS nel 2012, questa, ora portata al massimo del suo potenziale.
Ad esclusione dell’episodio mobile e della sua trasposizione non interattiva all’interno di II.8: Final Chapter Prologue, nel corso del suo coma auto-inflitto Kairi ci riporta al passo con tutti i folli colpi di scena a cui la saga ci ha ormai saputo abituare. L’unico retrogusto amaro di cui possiamo parlare, se non altro, è che per i giocatori privi delle altre console questo “punto di inizio ideale” rischia di rovinare l’esperienza in un possibile port dei precedenti capitoli su Nintendo Switch. La nostra (lo ammettiamo) pignoleria si estende agli scarsi accenni di avanzamento di trama per i quali gli spinoff sono ormai noti, tenuti come sempre per ultimi; al di là di questo, però, abbiamo ben poco da eccepire.
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Teatro ritmico – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Passando alla “ciccia” della recensione, parliamo del gameplay di Kingdom Hearts: Melody of Memory. Tetsuya Nomura, stavolta, ha coinvolto anche il team di sviluppo principalmente specializzato nelle console Nintendo, indieszero (NES Remix, Sushi Striker, Elektroplankton), in seguito alla proposta (accettata ad anni di distanza) da Square-Enix a Disney in merito a un seguito di Theatrhythm Final Fantasy a tema Kingdom Hearts. Il risultato è un rhythm game che omaggia la musica della saga escludendo un numero quasi irrisorio di brani, in cui lo stile di indieszero emerge sia nel bene che nel male.
Nelle battute iniziali, proprio come in Theatrhythm, questo successore spirituale ci introduce alle varie modalità poco alla volta, in modo tale da permetterci di prendere confidenza con un tutto sommato buon numero di variazioni sul tema. Questo si estende sia alle modalità stesse che ai tipi di brani, che in puro stile Theatrhythm (con cui i paragoni non mancheranno) si suddividono in base ai differenti modi in cui si possono giocare. La versione breve consiste in tre tipi di canzoni: un runner automatico in cui colpire i nemici a ritmo, un’esperienza ritmica più tradizionale, e le battaglie contro i boss.
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Un’avventura tra le note – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Dopo il tutorial, che comprensibilmente ci porta a correre tra le solenni vetrate del “Tuffo nel cuore” che la serie ci ha insegnato a conoscere, per i primi minuti di gioco possiamo solo districarci tra i mondi della modalità avventura. Quest’ultima, che unisce il design della mappa di Kingdom Hearts II e Birth By Sleep alla melodia del level select del capostipite della serie, prende il nome di Tour Mondiale, e il progresso è legato a doppio filo con il completamento di obiettivi secondari per ogni brano. Tali sfide si possono affrontare solo qui, e il loro tasso di sfida si alza molto in fretta.
I brani iniziano infatti ben presto a chiedere di impostare la difficoltà al suo grado più alto – Eroe – e raramente si limitano a chiederci di arrivare al traguardo tutti interi. In stile Theatrhythm, infatti, è la barra della salute a misurare la nostra capacità di tenere il tempo: ogni errore corrisponde a un attacco che i nemici riusciranno a mettere a segno. Il risultato, almeno per quanto concerne le “battaglie sul campo” (i livelli runner) sa dimostrarsi impegnativo quanto basta: mai permissivo come i due Theatrhythm, ma nemmeno satanico come Harmoknight di Game Freak per Nintendo 3DS.
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Elementi da vero GdR – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Che si abbia accesso agli altri capitoli della serie o meno, in fase di recensione non abbiamo potuto negare un merito a Kingdom Hearts: Melody of Memory. Il gioco riesce spesso ad emulare l’esperienza di un gioco della serie principale con gli espedienti più disparati, partendo dal cast di personaggi giocabili. O meglio: più che di ogni personaggio, dovremmo parlare di ogni trio. Ci sono quattro squadre disponibili, partendo dalla “classica” (Sora, Paperino, Pippo) e sbloccando, in seguito, anche la “squadra Days” (Roxas, Xion, Axel), la “squadra 3D” (Riku, Miao Wow, Pipistrory) e la “squadra BBS” (Aqua, Ventus, Terra).
Ogni trio può guadagnare esperienza e salire di livello, ma l’unico vantaggio presente in quest’opzione risiede in un quantitativo ridotto di danni per ogni nostro errore. Le mosse al di fuori degli attacchi fisici, infatti, sono relegate ai “cristalli abilità” (Kingdom Hearts re:coded) presenti nei livelli standard, e si traducono in una mera differenza nell’input richiesto. Mescolano un po’ le carte in tavola gli alleati presenti nei vari mondi Disney, il cui ingresso in squadra viene determinato da regole sibilline, e Re Topolino che mantiene il suo status di guerriero solitario e imprevedibile con strumenti monouso per evocarlo prima di iniziare un brano.
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Una tracklist che manca il bacio accademico – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Anche prima di questa recensione, abbiamo avuto modo di parlare della tracklist di Kingdom Hearts: Melody of Memory. Ciò che avete visto in quell’articolo vale ancora, a patto che Disney e Square-Enix non cambino idea per quanto concerne i DLC (attualmente non contemplati). Si tratta dunque di una selezione di brani impressionante, che riduce i tagli veramente al minimo. Se ci concedete una pignoleria, a perplimerci maggiormente – dopo la già nota esclusione de La Giungla Profonda, Port Royal/I Caraibi e Il Bosco dei 100 Acri – è l’assenza de La Sinfonia della Stregoneria.
Ironia vuole che quest’ultimo mondo, proveniente da Kingdom Hearts 3D, sia l’adattamento vero e proprio dell’originale Fantasia (1940). Tuttavia, capiamo anche che l’enfasi sulla musica di Yoko Shimomura sia mirata a mettere i suoi componimenti (più eventuali riarrangiamenti, come This is Halloween da The Nightmare Before Christmas e One-Winged Angel da Final Fantasy VII) sotto i riflettori, al posto della musica classica di dominio pubblico. A proposito di One-Winged Angel, avevamo supposto che la sua presenza comportasse un cameo di Sephiroth come boss: ci sbagliavamo.
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I tipi di brani – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Le “battaglie sul campo” consistono in tre tipi di bersagli da colpire a ritmo di musica: quelli standard da colpire una volta, quelli speciali che necessitano di essere intercettati in aria e/o più volte, e le scie verdi da accompagnare con una planata. Questo trittico di “note”, divise tra standard, speciali e allungate, è un altro rimasuglio di Theatrhythm. Questo si estende negli altri due tipi di canzoni, che rappresentano la minoranza: i “Tuffi nella memoria” e gli scontri contro i boss. Entrambi vantano un gameplay musicale di stampo più marcatamente classico, ma sono ironicamente contestualizzati come mere digressioni.
Nei tuffi nella memoria (immagine qui sopra), il nostro trio plana lungo una scia in profondità, mentre sullo sfondo viene riprodotto un video. Con questo espediente, il team di sviluppo ha saputo implementare in ogni versione del gioco i mondi di Kingdom Hearts III. Disponendo in orizzontale la linea, invece, abbiamo le battaglie contro i boss (qui sotto), vera replica in scala 1:1 dei due Theatrhythm Final Fantasy. Una nota dolente: sebbene fonte di hype nei trailer, i boss che potremo affrontare non superano la soglia dei quattro.
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La raccolta brani e il gioco libero – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
L’accesso alle modalità (effettuato col contagocce) vede la selezione libera dei brani come la seconda voce del menù a venire sbloccata. Sarà anche qui che, a testimonianza dell’anima arcade del titolo, passeremo la maggior parte del tempo una volta concluso il tour mondiale. Scegliere un brano aggiunge un’ulteriore sfumature alle tre difficoltà presenti grazie agli stili di gioco. Si tratta di due variazioni sul tema aggiuntive capaci di sottrarre o aggiungere input a quanto ci viene richiesto. Abbiamo infatti lo stile Standard, lo stile Uno Solo e, infine, lo stile Artista.
Con Uno Solo, Kingdom Hearts: Melody of Memory limita gli input ad un solo pulsante, in favore di un’esperienza da rhythm game pura ed essenziale. Artista, dal canto suo, fa l’esatto opposto, aggiungendo bersagli extra da colpire con il pulsante (o l’inclinazione dello stick) richiesta. Il gioco non vanta la temuta difficoltà “Critica”, ma combinando Eroe e Artista è possibile portare il tasso di sfida al suo zenit persino con i primissimi brani della modalità storia.
Anche a difficoltà “Principiante” la modalità Artista non scherza. [Immagine scattata in versione portatile]
Multiplayer, croce e delizia o atroce delizia – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
Trattandosi di un rhythm game sotto le mentite spoglie del gioco di ruolo d’azione, questo titolo vanta anche una componente multiplayer. Si tratta di una variante della modalità VS di Theatrhythm, in cui si può affrontare un avversario (in locale con più console, online o CPU) minando il suo tempismo a colpi di combo. La versione Nintendo Switch vanta anche una “battle royale” esclusiva, in cui fino ad otto giocatori (con tre punti vita ciascuno) possono affrontarsi in locale. Il concetto porta alla mente Tetris 99 e Super Mario Bros. 35, ma organizzare una partita completa sarà sicuramente difficoltoso.
Menzione d’onore anche per la modalità co-op, più o meno. Quanto visto nella demo del gioco lasciava presagire la possibilità di affrontare insieme le tracce sbloccate, ma la realtà è ben diversa. I brani qui vanno sbloccati indipendentemente dai progressi del gioco principale. Ciò significa anche che, delle oltre 140 tracce presenti nel gioco, solo 21 sono state riorganizzate per giocare insieme. Se speravate di affrontare l’intera campagna insieme a un amico, dunque, abbiamo una brutta notizia. Si tratta di una vera occasione sprecata, essendo comunque di una modalità divertente.
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“… e davanti museo” – Recensione Kingdom Hearts: Melody of Memory
A rendere ghiotto il pacchetto di Kingdom Hearts: Melody of Memory è il museo. Tuttavia, è qui che forse andiamo a toccare una delle pecche vere e proprie della recensione. Il menù “museo” estende l’omaggio all’intera serie anche oltre il mero aspetto musicale, con una collezione di artwork e render, due selezioni di filmati (dedicate rispettivamente al riassunto della saga e ai video dei tuffi della memoria), il jukebox e gli obiettivi. Se non altro, video e canzoni vengono sbloccati semplicemente giocando i relativi brani, contrariamente al grinding visto in Theatrhythm Final Fantasy Curtain Call.
Il lato negativo, invece, lo troviamo con la voce “collezione”. Il team di sviluppo indieszero non sembra aver imparato nulla da Curtain Call. I “punti ritmo” ottenuti dopo ogni brano sono ancora presenti, ma non garantiscono di non trovare doppioni. Questi ultimi sono presenti anche quando si forgiano nuove “bustine” di contenuti presso il negozio dei Moguri, fortunatamente richiamabile da ogni menù del gioco. La collezione è mastodontica, e tra illustrazioni, render e screenshot di cutscene il fanservice è veramente ai massimi livelli; peccato, dunque, che i progressi vengano strozzati completamente dall’elemento della casualità.
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Considerazioni conclusive
Siamo riusciti in qualche modo a sviscerare ogni lato del gioco in questa lunga recensione di Kingdom Hearts: Melody of Memory, ed è giunto il momento di tirare le somme. A livello di grafica, si tratta del classico motore grafico da PlayStation 2 che fa la sua porca figura ancora oggi. L’unico retrogusto amaro di cui possiamo parlare, se proprio dobbiamo, è quello delle scene prese da Kingdom Hearts III presenti nei filmati. Un po’ di gola, quando torniamo al primo modello 3D di Sora, ci viene. Un plauso, invece, dobbiamo proprio farlo per quanto riguarda i livelli runner. Salvo eccezioni “astratte” (alludiamo agli sporadici edifici sospesi in aria), in molti casi ci è sembrato di rivisitare le versioni originali dei vari mondi.
Per quanto riguarda invece il sonoro, c’è ben poco da eccepire: stiamo parlando di Yoko Shimomura, del resto. Tuttavia, è qui che vorremmo toccare tre punti. Talvolta, l’audio tende occasionalmente a “saltare”, disarcionando il tempismo del giocatore. Questo porta con sé anche una minima parte di input lag, che abbiamo in buona parte risolto reinstallando il gioco. Incassare un colpo può portare a subirne molti altri, in presenza di tanti nemici. I brani che fanno il loro ritorno qui, inoltre, fanno parte delle loro incarnazioni classiche: se siete qui per le varianti orchestrali dei due HD Remix, dunque, potreste rimanere un po’ delusi. Per quanto Yoko Shimomura possa deludere, si intende.
Il gameplay del gioco rimane comunque un ibrido divertente tra i Kingdom Hearts classici e i runner musicali. Purtroppo, però, tra pochi boss ed altre sottigliezze le occasioni sprecate non mancano. L’unica vera nota di disappunto, però, la dobbiamo alla longevità. L’anima arcade del titolo riporrebbe nella corsa al punteggio migliore ogni occasione per giocare al gioco a oltranza, ma la casualità a cui sono soggetti i progressi nella (lodevolmente) monumentale collezione del museo trasforma il completismo in una sgradevole forzatura. Visto quanto abbiamo detto del secondo Theatrhythm Final Fantasy, però, purtroppo abbiamo a che fare con un brutto vizio di indieszero.
Per questa recensione è tutto, vi aspettiamo sempre qui su tuttoteK per parlare ancora di videogiochi!
Punti a favore
- Una totale celebrazione di Kingdom Hearts...
- Yoko Shimomura sempre in forma
- Ottimo ibrido tra rhythm game e GDR d’azione
- Quasi ogni mondo dei giochi passati fa il suo ritorno
- Fondali senza compromessi per un motore grafico senza età
Punti a sfavore
- ... castrata da uno sblocco letargico degli extra
- Un tempismo talvolta troppo severo
- Un avanzamento di trama veramente minimale
- Poco sfruttata la meccanica dei boss
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