Se vi aspettavate la recensione di un crossover tra Itadaki Street e Super Smash Bros., preparatevi a un giudizio che picchia più del wasabi
Non ogni recensione analizza ciò che punta alla grandezza, e come avrete intuito dal triplice gioco di parole nel titolo di questa potreste anche aver capito che Itadaki Smash è un altro esempio della grande varietà qualitativa del palinsesto di Nintendo eShop. Il termine “indie” ormai è emblematico della confusione delle acque a cui la stessa scena indipendente ha contribuito. Del resto, Shovel Knight ha saputo persino superare l’equivalente della tripla A nell’era videoludica da cui attinge, mentre CD Projekt RED con Cyberpunk 2077 ha tratto ispirazione dai titoli shovelware, se ci passate l’osservazione brutalmente onesta.
Già, “shovelware”: tutti quei titoli da reparto delle occasioni, con cui ogni palato fino con un po’ di amor proprio ha l’occasione di dileguarsi in favore di un gioco di prime parti. La buona notizia, in tal senso, è che fatichiamo ad immaginare un’ipotetica copertina del gioco coperta da cima a fondo da etichette per un prezzo sempre minore. Quella un po’ meno bella è che questo beat ‘em up non ha colto nulla dall’evoluzione di un genere legnoso per natura. Non c’è motivo di aspettarsi la fattura artigianale dietro Bayonetta e simili (libere) reinterpretazioni di questo filone, ma aderirne ai crismi tanto fedelmente è il modo migliore per partire male.
Strizza of Rage
C’è una trama in Itadaki Smash, ma fa da pretesto tanto per l’azione nel gioco in sé quanto in fase di recensione per parlare della presentazione. Quello che vedete nell’immagine qui sotto è tutto ciò che vi serve sapere: aggiungete la frase “Ma i Tengogo che controllano tutti i ristoranti della città non lasceranno che la cosa continui così…” e otterrete l’intera narrazione iniziale. L’idea di fondo è che il clan dei Mamoru, ovvero lo staff di un fusion restaurant a conduzione familiare, si ritrovino a combattere contro il cibo incantato e la Yakuza dei poveri in parti eguali, con mutazioni degne della uncanny valley. I protagonisti, s’intende, non i nemici.
Ciò che fa riflettere, quando si tratta di indie, è che ultimamente si tenda spesso a rompere la quarta parete per denotare la passione degli sviluppatori verso i grandi classici che hanno fatto loro da musa. I risultati possono variare: se la qualità del prodotto corrisponde, il sapore è quello di una deliziosa strizzata d’occhio; altrimenti, il retrogusto amaro è solo quello di un salamelecco inutile. Gli ossequi si sprecano, dalla coscienza di trovarsi in un beat ‘em up all’ammissione di colpa, parlando di “game designer poco ispirati” in uno dei dialoghi. Se solo valutassimo l’onestà, saremmo a cavallo.
River [censura] Ransom – Recensione Itadaki Smash
Sarà una recensione breve questa, poiché (a scanso di equivoci) per setacciare Itadaki Smash abbiamo impiegato a malapena due giorni (uno di troppo). Se avete giocato un beat ‘em up, da intendersi come un esponente del genere di vecchio stampo, saprete bene o male cosa aspettarvi qui. Livelli lineari, movimenti del tutto privi di tridimensionalità, attacchi forti e deboli, prese, attacchi in corsa, salti e l’occasionale supermossa. Il tutto è fruibile anche in co-op locale; il secondo giocatore viene espressamente richiesto solo con la modalità Versus, del tutto opzionale.
Probabilmente l’unico tratto distintivo (ma ne dubitiamo) del gioco in termini di gameplay risiede nei due tipi di mosse speciali. Da un lato abbiamo una barra dedicata al Ki, visibile al di sotto di quella della salute, con cui eseguire mosse speciali premendo L. Bisogna riempire l’indicatore con le varie bevande disponibili nei livelli per poterle utilizzare, altrimenti inizieranno ad attingere proprio dai già citati punti salute. La seconda barra, invece, la si sblocca man mano che si sconfiggono i boss: una meccanica un po’ inutile, se vogliamo, vista la natura delle due modalità principali.
“Vai dritto, dritto, dritto, e poi basta” – Recensione Itadaki Smash
La prima delle modalità presenti sul menù viene spartanamente definita “Normale”. Il gioco in sé è parecchio breve, e anche volendolo completare con ogni personaggio non vi richiederà più di pochi giorni. Non sussiste alcun tipo di selezione dei livelli: potrete solo proseguire a oltranza, e dopo aver battuto il boss finale tutto ciò che vi sarà rimasto saranno i livelli sbloccabili nella modalità arena. Il gioco si pone equiparando la possibilità di continuare agli elementi di game design che definiremmo “quality of life”. Siccome però il menù principale, in caso di salvataggio, non va oltre la dicotomia “Continua/Nuova partita”, l’idea cade di faccia.
Se volete libertà di sperimentazione per ritentare un livello con un personaggio diverso, dovrete ricominciare la partita in sé (non che sia una perdita di tempo troppo gravosa). In alternativa, la modalità “Arcade” promette di andare fino in fondo con l’archeologia videoludica: poche vite, e nessuna possibilità di continuare. Se fate parte della strettissima nicchia a cui può ancora essere rivolta un’opzione di questo tipo, buon per voi. Non è qualcosa che consiglieremmo, se dobbiamo essere onesti, specie considerando che per sviscerare il campionario di mosse occorre sbloccarne alcune in ogni sessione di gioco.
Extra a palettate – Recensione Itadaki Smash
Se in qualche modo digeriste un level design prodigo di incongruenze nella curva d’apprendimento (dai nemici posizionati in modo talvolta osceno a barriere laser disattivabili solo sconfiggendo i nemici dall’altra parte… in un beat ‘em up…) quanto basta da volere un dessert, ci sono due modalità per voi. “Arena” permette di sbloccare un massimo di sei scenari nei quali sopravvivere il più a lungo possibile alle orde nemiche. Un’idea carina, specie vista l’implementazione della barra speciale a cui alludevamo prima: riempiendola a suon di combo il giocatore può sfruttarla per usare mosse per ripulire lo schermo, potenziarsi o curarsi.
La particolarità di questa meccanica, a cui due giocatori possono sia contribuire che attingere, brilla in particolar modo nella modalità Arena. Non essendoci bisogno di sbloccare alcunché, l’arsenale dei quattro protagonisti (Tako, Naru, Mayo e, profetizzando la nostra opinione del gioco, Katsu) viene finalmente sfruttato a tempo pieno. L’ultima voce, “Versus”, permette a due giocatori di sfruttare l’uno contro l’altro quanto hanno imparato. Non esiste alcuna selezione degli scenari: c’è solo un vicolo dove pestarsi a dovere, i due combattenti, la barra della salute, quella del Ki… e quella speciale, a dimostrazione di quanto alcuni aspetti del design siano privi di riflessione.
Urge dell’insetticida – Recensione Itadaki Smash
“Sipario”. Sarebbe stata una chiusura ad effetto per la sezione qui sopra. Tuttavia, ci duole dover dedicare un altro paio di paragrafi alle molte sbavature presenti nel gioco. C’è tutto ciò che gli amanti dei bug possono amare. Tralasciando il fatto che il titolo ci ha generosamente fornito un esempio dei glitch visivi qui sotto (l’interfaccia di gioco durante una cutscene? Sì, è possibile), è veramente l’ultimo dei problemi. Per iniziare, il posizionamento fallato dei nemici cozza un po’ con il consueto loop di gameplay “fermati, mena, e poi prosegui” tipico del genere. Cosa avviene se i nemici restano fuori dall’inquadratura se dobbiamo sconfiggerli per proseguire?
La risposta si chiama softlock. Se siete tanto fortunati da non essere mai incappati in questo genere di problemi, si parla di softlock quando “il gioco non è bloccato, ma si blocca”. In altre parole, ogni qual volta un titolo si aspetta che il giocatore prosegua senza dargli i mezzi per farlo. Ricaricare il livello è possibile, visto che il softlock si è verificato nella modalità “Normale”, ma compatiamo i tapini a cui possa capitare in modalità Arcade. Inoltre non mancano i crash (anche se, a difesa del gioco, la chiusura imprevista è stata “solo” una), né gli effetti visivi molesti (uno sfarfallio notevole al termine di uno scontro in Versus).
Le uniche legnate sono quelle in pagella – Recensione Itadaki Smash
Parliamo un po’ del comparto tecnico del gioco. Il motore grafico è, bene o male, quello che ci si aspetta da un titolo budget su eShop dotato di grafica poligonale: più o meno senza infamia, ma decisamente senza lode. La direzione artistica c’è: il design del menù orientale antropomorfo che fa da esercito nemico ha un suo senso, così come ne ha quello dei quattro protagonisti (occhi vitrei, con annessi incubi nella schermata di game over della modalità Arcade, permettendo). Il resto, però, lascia parecchio a desiderare. Se non altro, artisticamente parlando, per i movimenti legnosi dei personaggi optare per gli sprite sarebbe stato più sensato.
Vorremmo parlare bene del sonoro, ma ci riesce più difficile. Non vogliamo per forza parlare di anonimato, ma il team di sviluppo (gli sforzi congiunti di Main Loop e Relevo) non ha saputo creare qualcosa che sapesse esistere al di fuori del contesto del gioco. Gli effetti sonori sono decenti, ma in linea di massima dubitiamo di fischiettare i vari motivetti presenti in questo titolo. Lo faremmo più volentieri se ci fossero altri contenuti, come un test sonoro nel menù delle opzioni, ma potendo solo cambiare la lingua, il volume e la presenza di fuoco amico (perché?!), abbiamo davvero esaurito gli argomenti di cui parlare.
Considerazioni conclusive
Lo diceva Antòn Ego al termine di Ratatouille, parlando di recensioni negative: “uno spasso da leggere e da scrivere”. Credeteci, avremmo voluto portare avanti le gag che avete letto nel primo paragrafo. Ma dopo aver visto l’indicatore delle vite scendere sotto lo zero (qui sopra), presumiamo per una svista nel codice del gioco, cosa rimane? Solo amarezza, purtroppo. Il citazionismo non manca: come ci ricorda saggiamente il trailer, una sezione si conclude con un’auto sfasciata a suon di pugni e calci. Il proprietario non ne è felice, ma la battuta ci coglierebbe più alla sprovvista se non si fosse già vista in Gravity Falls otto anni fa (dieci, contando la prima TV americana).
Ci dispiace essere così duri con questo titolo edito da SelectaVision, ma il problema di fondo (bug a parte) è una concentrazione malriposta. Se questo titolo si fosse dedicato maggiormente sul fare tesoro dei punti di forza del genere e meno nel tesserne verbalmente le lodi, probabilmente i nostri toni sarebbero molto meno aspri. Anziché costituire un ritorno in grande stile dei beat ‘em up, Itadaki Smash ci ha ricordato esattamente perché se ne sono visti così pochi in giro. Naturalmente potete farvi anche voi un’opinione in merito, ma per dodici euro vi sconsigliamo di farlo a prezzo pieno. O di optare per River City Girls Zero, per andare sul sicuro.
Questo era ciò che pensavamo noi. Voi però di che opinione siete? Ditecelo qui sotto, e come sempre non dimenticate di restare su tuttoteK per leggere altre recensioni ed avere tutte le notizie più importanti sulla sfera videoludica e non solo. Per i vostri bisogni da gamer, potete invece trovare i migliori sconti in formato digitale su Instant Gaming.
Punti a favore
- Interessanti gli attacchi speciali...
- Localizzazione in italiano
Punti a sfavore
- ... ma implementati inutilmente
- Level design inconsistente
- Problemi tecnici non trascurabili
- Longevità al minimo sindacale
- Anacronisticamente legnoso
- Metaumorismo fine a sé stesso
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