Un albero impiega molto tempo a dare i suoi frutti: direttamente dalla madre terra ecco la nostra recensione di Eastward per Nintendo Switch
Il nostro rapporto con Eastward, in fase di recensione per la versione in esclusiva temporale su Nintendo Switch, è di amore-odio. O meglio, di amore-odio-odio, se ha senso. Perché abbiamo di fronte un titolo così bello da rendere fin troppo evidenti i suoi nei. Ed è veramente un peccato: siamo veramente a un soffio, molto probabilmente, dall’avere tra le mani l’indie dell’anno. Senza timore di sovrastima, e senza alcun ossequioso intento di elogio. Specialmente considerando che ciò a cui ambisce Eastward è distinguersi dalla massa pur seguendo il filone del videogioco indipendente.
Sembrerebbe quasi che la pixel art sia ormai uno stile grafico con il quale distinguere il budget di un gioco, capendo quale sia nato da uno studio indipendente e quale sia frutto della tripla A. In realtà sappiamo benissimo che non è così, ma si sa come funziona: Shovel Knight ha fatto strada (e scuola), e va da sé che ogni imitazione becera dell’era ad otto e sedici bit sia foriera di successo. Non è così che funziona, e sempre più studi indipendenti stanno capendo come miscelare al meglio le proprie muse senza scadere nello scontato. A parte l’occasionale zappa sui piedi, Eastward ci è riuscito in pieno.
Sei piedi sotto terra
Parliamo di trama, perché Eastward ne ha letteralmente a palate (e padellate): se la recensione fosse per una visual novel anziché per questo specifico titolo per Nintendo Switch, probabilmente ne staremmo anche parlando meglio. Già dalle prime battute, il gioco ci dà il “benvenuto” (per così dire) ad una distopica società di minatori. Il mondo, o così ci porta a pensare il dispotico sindaco del villaggio, è in uno stato post-apocalittico: la superficie è la “terra proibita” e viene letteralmente paragonata ad una sorta di inferno. Questa menzogna ci terrà compagnia nelle prime aspre ore di gioco.
La routine del protagonista, il taciturno minatore John, viene sconvolta dall’orfana Sam. Questa trovatella, emersa da una capsula prima degli eventi del gioco, vive con lui da tempo. Tuttavia, i ricordi sfalsati della piccola Sam su come la “terra proibita” sia in realtà un paradiso, verde in basso e azzurro in alto, mettono in atto una catena di eventi che porterà l’accoppiata a prendersi una quanto mai doverosa boccata di aria fresca. In tal senso, due ispirazioni le abbiamo già viste: la sola dinamica tra padre adottivo e figlia acquisita sprizza The Last of Us da ogni poro, con una punta di Death Stranding. Ma poi?
Mamma mia, è quasi Zelda – Recensione Eastward per Nintendo Switch
Sin dalle sue battute iniziali, Eastward non fa mistero del taglio netto che abbiamo potuto constatare in fase di recensione su Nintendo Switch: un’andatura più rilassata (e “disarmata”) del protagonista durante la pura esplorazione, e un passo più deciso, padella alla mano, per le zone della mappa in cui potremmo incontrare nemici. L’interfaccia riflette questo scisma mostrando in grigio i nostri cuori, indicatori di salute quanto mai “zeldiani”, per poi farli palpitare di rosso là dove si celano dei nemici. In tal senso, l’esplorazione riprende tutti i crismi dei migliori The Legend of Zelda: chiavi, enigmi e porte chiuse alle nostre spalle alla prima orda di nemici.
Il paragone con The Legend of Zelda, poi, ci porta direttamente a Breath of The Wild con la possibilità di cucinare gli ingredienti trovati in giro dando vita a manicaretti lenitivi. Se poi mettiamo in conto anche le bombe e persino i jingle ad ogni enigma risolto abbiamo un omaggio in piena regola, mantenendo al contempo la propria identità. Salvo le sbavature, il più grande pregio di Eastward è proprio la sua incrollabile fedeltà a sé stesso. I combattimenti mantengono un approccio semplice, tra attacchi caricati tenendo premuto il pulsante e poco altro. Gli elementi che danno pepe al tutto, come nuove armi e abilità, subentrano solo in seguito.
Lineare, ma non troppo, doloroso fin troppo – Recensione Eastward per Nintendo Switch
I protagonisti di Eastward sono però due, e in fase di recensione la versione Nintendo Switch non ha (quasi) tardato a ricordarcelo. Similarmente alle mosse, infatti, la possibilità di giocare nei panni di Sam (con l’ausilio dei suoi poteri mentali in combattimento, rappresentati da una barra di caricamento a metà strada tra Azure Striker Gunvolt e Persona 5) viene introdotta molto più tardi, appena prima di mettere inevitabilmente piede in superficie. L’alternanza tra i due, in stile Mario & Luigi, apre la strada sia a un combattimento più dinamico che ad enigmi più variegati.
La gestione dei due in separata sede è un classico del genere che trova posto anche qui, ma (come specificato all’inizio) non risulta mai invasiva, al contrario di altro. Chiariamoci: l’esplorazione viene facilitata dal connubio tra mappa e diario di gioco, entrambi presenti nel menù. Invece degna di nota (di demerito) è la gestione dei gruppi più folti di nemici. La pressoché totale mancanza di frame di invincibilità ci rende vulnerabili appena dopo aver subito un colpo: la possibilità di incassare troppi colpi tutti insieme si è presentata a più riprese. Le risultanti (e ingiuste) morti istantanee sono frutto non di una difficoltà calcolata, ma di una palese svista.
Via il dente, via il dolore – Recensione Eastward per Nintendo Switch
La possibilità di venire letteralmente travolti dai nemici non è un difetto grave, ma funge da aggravante alla peggiore lacuna di Eastward: che si tratti della versione Nintendo Switch o meno, nessuna recensione dovrebbe dimenticare di menzionare il ritmo del gioco. Abbiamo parlato di una cadenza “letargica” introducendovi al nostro giudizio di WarioWare: Get It Together!, ma un conto è farlo in un articolo e un altro è quando è il gioco a trattenersi più del dovuto. Va fatto onore al merito: i personaggi sono caratterizzati divinamente, al punto tale da darci a tratti l’impressione di vedere un film.
Purtroppo, però, ci sono occasioni in cui ci è capitato di rivivere mentalmente le battute sul day one del già citato Death Stranding. Non ci si trova esattamente a non premere alcun pulsante per un’ora, ma alcuni dialoghi tendono davvero a protrarsi più del dovuto. Questa scelta stilistica eleva indubbiamente i meriti artistici della prima opera di Pixpil (pubblicata da Chucklefish), ma allo stesso tempo tende ad azzoppare l’immersione che il gioco mira tanto a creare. Non siamo alla stregua del lungo prologo di Kingdom Hearts II; qui si supera abbondantemente la lenta settimana di vacanza di Roxas.
L’influenza della madre terra – Recensione Eastward per Nintendo Switch
Ironicamente, per quanto i dialoghi di Eastward tendano a protrarsi più del dovuto, alcune battute (che sia per simulare una parlantina veloce o meno) finiscono per mandarsi avanti da sole. Una scelta stilistica anche questa, indubbiamente, che però rasenta quasi il narcisismo: come gag, il testo “talmente veloce da obbligarci a mettere in pausa” ha ampiamente fatto il suo tempo. Sebbene passi un’eternità tra un’aggiunta al gameplay e l’altra, però, tale narcisismo non è esattamente malriposto. Ciò che il piglio artigianale dietro al game design intende fare è chiaro, e non c’è modo di girarci intorno.
Una delle influenze più palesi dietro Eastward è nientemeno che MOTHER, la serie di provenienza di Ness e Lucas. Vedere la stessa personalità, pepata da qualche turpiloquio qua e là, sprizzare dai pixel dei vari personaggi è una autentica gioia per gli occhi. L’individualità dei personaggi è paragonabile al cast di One Piece: non ce n’è uno uguale all’altro, sia nei dialoghi che nell’aspetto e nelle movenze, il che li rende perfettamente identificabili in qualsiasi senso. Dopo Undertale e Deltarune, dunque, è bello vedere che l’opera di Shigesato Itoi ha saputo ispirare anche altre gemme indie.
Legato alla terra in più di un senso – Recensione Eastward per Nintendo Switch
Così come il minigioco stesso, anche noi ci prendiamo una piccola pausa dalla recensione di Eastward per Nintendo Switch. Raramente un minigioco può fregiarsi della distinta definizione di “gioco nel gioco”, e secondo chi vi sta scrivendo non c’è variazione sul tema lontanamente paragonabile ad Earth Born. Nonostante l’assonanza (intenzionale, supponiamo) con EarthBound, abbiamo a che vedere con una vera e propria replica in scala dei Dragon Quest classici. Non sappiamo neanche noi come sia possibile ridurre a radice cubica l’intero genere dei giochi di ruolo, ma i ragazzi di Pixpil ci sono in qualche modo riusciti.
Abbiamo a che vedere con una autentica avventura secondaria, che nei propri dialoghi mette alla berlina le convenzioni del genere. A livello di gameplay, però, abbiamo tra le mani un piccolo gioco di ruolo con tanto di annesso file di salvataggio. Equipaggiamenti, locande, stazioni di teletrasporto, magie e quant’altro: c’è tutto quel che serve per dare vita ad un’esperienza quanto mai completa. L’aggiunta di un vero e proprio manuale di istruzioni vecchio stile, poi, è la ciliegina sulla torta. Questa eccellente distrazione ha saputo dove colpire, e l’utilizzo tattico di una nostalgia ben dosata saprà sorprendere anche voi.
Armarsi di pazienza e non solo – Recensione Eastward per Nintendo Switch
Distogliendoci dai terminali del brillante Earth Born, proseguiamo nelle ultime considerazioni sul gameplay in questa recensione di Eastward per Nintendo Switch. Un particolare su cui vorremmo porre l’accento è la dinamica con cui il gioco ci segnala gli scrigni da trovare. In modo sibillino, un indicatore di ricezione ci fa intuire, o almeno dovrebbe, che siamo in prossimità di un contenitore. Questa metafora si va un po’ a perdere se consideriamo che né John né Sam sono dotati di cellulare, specie contando che il gioco inizia in una miniera. E a proposito di orientamento, ci soffermiamo su un’altra sbavatura.
Sebbene il gioco debba i suoi problemi all’eccesso di zelo, va detto che l’eccellente pixel art (per la quale Owlboy non è un traguardo, ma lo standard) talvolta sfavorisce il gameplay. Ci sono state occasioni in cui è stato difficile trovare la giusta uscita da un’area a causa dell’alto numero di dettagli. Come sempre è “un bel problema da avere”, ma quando le armi a distanza (introdotte col contagocce dopo l’uscita dal sottosuolo, insieme alla possibilità di separare volontariamente John e Sam) dipendono così tanto dalla nostra precisione, sbagliare può talvolta risultare un po’ frustrante.
Impara l’arte ma non metterla da parte – Recensione Eastward per Nintendo Switch
Avviamoci all’uscita da questa mostra artistica giudicando il comparto tecnico di Eastward, partendo dalla grafica. Cosa potremmo dire che non sia già stato detto? In realtà, sbavature di gameplay a parte, non ci viene in mente nulla che non valga al gioco tanti, ma tanti applausi a scena aperta. Si tratta indubbiamente di uno dei titoli artisticamente più curati dell’anno, che trasuda personalità da ogni pixel. Ogni scelta stilistica, tra cui la bizzarra intuizione di fare dei frigoriferi un punto di salvataggio (sebbene il gioco goda di frequenti salvataggi automatici), si incastra bene in un mosaico pressoché perfetto.
Lo stesso discorso vale per il sonoro. Il riciclo occasionale di alcune melodie (un brano, esclusivo ai dialoghi, viene riprodotto due volte a distanza di dieci minuti) può spezzare immersione e pathos, ma anche qui siamo ai livelli dei migliori esponenti della scena indie. Parliamo di un senso di atmosfera paragonabile a Tee Lopes nella sua forma più smagliante. Se non altro, è in questa sede che dobbiamo menzionare a malincuore la mancata localizzazione in italiano. Sappiamo bene che per alcuni la barriera linguistica è un problema insormontabile, e il ritmo del gioco può solo frustrare chi non mastica la lingua d’oltremanica e oltreoceano.
Considerazioni conclusive
Se potete guardare oltre i difetti che abbiamo menzionato in fase di recensione, per i venticinque euro che chiede ci risulta difficile non raccomandare Eastward per Nintendo Switch. In qualità di esclusiva temporale per la console, se non siete in possesso dell’ibrida della Grande N vale la pena di aspettare, nel bene e nel male. Diciamo “nel bene e nel male” un po’ perché è un titolo che merita di essere atteso sulla propria console preferita per goderne al meglio, e un po’ perché non si tratta comunque di una killer app. Potrebbe esserlo, con un dieci pieno, ma non è questo il caso. Per poco.
Per quel che è, comunque, questa resta un’avventura memorabile capace di premiare i giocatori più pazienti. Il world-building è semplicemente fenomenale e i personaggi di questa simpatica e (quasi sempre) scanzonata avventura sono molto difficili da dimenticare. La metafora più adatta è quella di Caronte, da cui prende il nome il treno che conduce al mondo esterno (Charon): i difetti ci sono, ma se sapete guardare oltre troverete una rosa capace di crescere anche nel deserto. Spinosa come ogni rosa che si rispetti, indubbiamente, ma pur sempre di una rosa si tratta. Da maneggiare con cautela.
Questo era ciò che pensavamo noi. Voi però di che opinione siete? Ditecelo qui sotto, e come sempre non dimenticate di restare su tuttoteK per leggere altre recensioni ed avere tutte le notizie più importanti sulla sfera videoludica e non solo. Per i vostri bisogni da gamer, potete invece trovare i migliori sconti in formato digitale su Instant Gaming.
Punti a favore
- Artisticamente fuori da ogni parametro
- Coinvolgente sin dal primo minuto
- Earth Born è uno dei minigiochi migliori di sempre
- Una cura eccezionale nei dettagli
- Ottima l'aggiunta di mappe e diari
Punti a sfavore
- Un ritmo di progresso a tratti “da flebo”
- I frame di invincibilità vanno rivisti
- La “pixel hunt” ogni tanto c’è e si vede
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