Dopo giorni di sfida nei templi di Curse of the Dead Gods, vediamo sei il nuovo roguelike ci è piaciuto o meno nella nostra recensione
The Binding of Isaac? No… Enter the Gungeon? Mhh… Hades? Forse. Ma ormai si sa, per riuscire ad emergere devi creare l’opera più originale di sempre o, più semplicemente, prendere ciò che già funziona e proporlo in maniera corretta. I ragazzi di Passtech Games attuarono di sicuro la seconda scelta quando decisero di dar via allo sviluppo alla loro ultima fatica. Curse of the Dead Gods è il nuovo roguelike che entra a gamba tesa nel mercato videoludico, proponendo diverse chicche da non sottovalutare. Se ci è piaciuto o meno, lo scoprirete solo leggendo questa recensione!
Recensione Curse of the Dead Gods: tra i templi in cerca di ricchezze
Già dalla schermata di titolo emerge la natura del videogame cupa e oscura, accompagnata da una musichetta in stile Azteco, che fa tanto “Indiana Jones“, però horror. Il protagonista è un unione proprio tra l’avventuriero creato da George Lucas e un guerriero norreno che in cerca di ricchezze, strani poteri o addirittura la vita eterna, approda nel tempio maledetto: l’epicentro di tutte le nostre partite.
Attraverso un brevissimo ma esaustivo tutorial, Curse of the Dead Gods ci catapulta direttamente negli oscuri percorsi del nostro primo tempio. Con un arma primaria, una secondaria e una torcia, ci vedremo proiettati faccia a faccia con i mostri che popolano le mappe del gioco, in modo abbastanza improvviso ma senz’altro consono alla natura del titolo.
Il combat system puramente action ci ha fin da subito convinti. Basato sull’utilizzo della stamina, potremo effettuare due tipi di attacchi per ogni arma in nostro possesso. Che sia l’arma primaria, quella secondaria o quella pesante, l’attacco cambierà in base alla pressione del tasto associato. Chiaramente la stamina calerà sia con attacchi leggeri, che maggiormente con quelli pesanti, ma anche con le schivate. Per evitare i colpi dei nemici, oltre ad effettuare una schivata potremo eseguire delle parate che, se fatte con giusto tempismo, stordiranno determinati nemici.
Oltre alle armi in nostro possesso vi abbiamo parlato di una torcia. La meccanica dell’oscurità presente in Curse of the Dead Gods è semplice ma intelligente. In un luogo non illuminato i colpi nemici ci sottrarranno più PV e per evitare ciò dovremo ricercare delle torce spente disseminate nel campo di battaglia e accenderle attraverso la nostra fiaccola, in modo da illuminare porzioni di mappa. Spesso e volentieri gli attacchi dei mostri distruggeranno queste torce, rendendo più dinamici i combattimenti. Oltre a queste ultime, potremo dar fuoco direttamente ai nemici: una scelta maggiormente sadica ma senz’altro più divertente.
Recensione Curse of the Dead Gods: “Maledizione!”
Una volta concluso il primo livello di preparazione (o essere stati sconfitti) vedremo per la prima volta gli “Inferi“. In questo luogo potremo essenzialmente spendere tutti i Teschi di Cristallo e gli Anelli di Giada per sbloccare potenziamenti. I due items vengono droppati dai boss una volta sconfitti o raramente dai nemici base. I potenziamenti che potremo sbloccare negli Inferi si dividono in: benedizioni, armi abbandonate, altari delle armi e doni divini.
Le benedizioni sono dei veri e propri perk passivi e potremo equipaggiarne un massimo di 3, sbloccabili man mano con i Teschi di Cristallo e con le Medaglie: premi ottenibili concludendo un livello. Sbloccando le armi abbandonate con gli Anelli di Giada andremo ad aggiungere queste ultime alla lista degli armamenti ottenibili nelle partite successive. Gli altari delle armi proporranno equipaggiamenti differenti prima di entrare nei templi. Migliorandoli o sbloccandone altri avremo quindi una più variegata possibilità di scegliere cosa brandire prima di partire in missione. I doni divini sono infine dei perk attivi che permettono di refreshare gli oggetti offerti dai reliquari.
Dopo aver scelto il nostro armamento, non ci resterà far altro che entrare nel prossimo tempio maledetto. Inizialmente si aprirà un menù che ci permetterà di scegliere tra le sfide di base, che potremo riprovare quante volte vogliamo o particolari eventi con specifiche regole e premi più sostanziosi, che potremo provare a concludere una sola volta. Selezionando la sfida che dovremo affrontare, sceglieremo da quale stanza iniziare. Le stanze offriranno dei premi differenti al loro completamento che possono essere armi, reliquie, migliorie, oro e anche la possibilità di guarigione.
Alla scelta di una stanza decideremo non solo quale premio vorremmo ottenere, ma anche la piega che l’intera partita prenderà. Questo perché il percorso successivo alle stanze che non sceglieremo verrà cancellato. Benché alcuni premi verranno droppati dai nemici, alla fine delle varie stanze vi saranno i reliquari citati in precedenza: veri e propri negozi all’interno dei quali potremo sborsare oro o… sangue! Se noi decidessimo di pagare attraverso l’oro otterremmo l’oggetto da noi bramato e finirà lì. Se, tuttavia, non avessimo denaro a sufficienza potremo effettuare una donazione di sangue che farà salire l’indicatore della “Maledizione“.
Ed è qui che entra in gioco l’elemento più originale che caratterizza il roguelike di Passtech Games. Ogni talvolta che il nostro barbuto esploratore varcherà la porta della stanza successiva, parte dell’indicatore della maledizione si riempirà e, una volta pieno, otterremo un malus. Alcune maledizioni sono davvero fastidiose e totalmente negative, mentre altre sono molto meno opprimenti e quasi dimenticheremo di esserne afflitti. Esistono anche modi per diminuire i nostri punti maledizione, ad esempio attraverso particolari artefatti che ci conferiranno bonus passivi. Il vero hardcore-game si farà vivo quando la quinta e ultima maledizione ci punirà con la continua diminuzione dei Punti Salute. Non lo abbiamo specificato in precedenza ma, come il genere insegna, nel caso in cui venissimo sconfitti torneremo negli Inferi e saremo costretti a riprovare l’intera sfida dall’inizio.
Recensione Curse of the Dead Gods: davvero poca varietà
Che sia per le stanze davvero troppo simili tra loro o per la scarsa varietà dei nemici, il titolo tende a divenire ripetitivo dopo una manciata di ore di gioco. La pletora di armi disponibili, ognuna con i suoi effetti, non ci ha fatto percepire un cambiamento radicale nello stile di gioco. Neanche le trappole disseminate per la mappa che ci conducono a ricchi bottini sono riusciti ad alleviare questo senso di prevedibilità che assuefà Curse of the Dead Gods. A meno che non saremo maledetti fino al midollo o senza PV, una volta intuito il moveset anche i boss diventeranno non così ostici da battere.
La trama è appena accennata, come nella maggior parte dei suoi simili, ed è possibile approfondirla grazie ad alcune righe di testo che descrivono i vari nemici una volta incontrati. La traduzione in italiano è impeccabile e non presenta errori.
Davvero bene per quanto riguarda il comparto tecnico. Su Nintendo Switch il suo stile cartoon oscuro è davvero una gioia per gli occhi e, specialmente in modalità portatile, il gioco riesce a splendere. Lo stesso vale per la fluidità che risulta ottima. Non abbiamo notato cali di frame neanche nelle situazioni folte di effetti a schermo. Belli anche i suoni ambientali e la tetra musica che accompagna le nostre avventure alla scoperta dell’avidità.
Tiriamo le somme!
Curse of the Dead Gods è un rogue like davvero carino e con una manciata di idee originali. Purtroppo dopo qualche run attraverso i cupi templi risentirà dell’effetto “loop” che spesso e volentieri affligge questo genere videoludico. Nonostante ciò, motivati anche dal prezzo non elevato al quale è proposto (scontato addirittura dal day one), ci teniamo a consigliare il titolo agli amanti del genere dato che riuscirà comunque a offrire diverse ore di sfida e divertimento!
Punti a favore
- Meccanica della maledizione originale e ben implementata
- Combat system fluido e preciso
- Visivamente carino e privo di cali di FPS
- Prezzo
Punti a sfavore
- Ripetitivo dopo qualche ora di gioco
- Scarsa varietà dei nemici
- Stanze molto simili l'un l'altra
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