City of Brass è un rogue-like che donerà soddisfazioni ai giocatori più hardcore, ma che soffre di alcuni limiti: vediamo di cosa si tratta nella nostra recensione
Il mondo dei rogue-like (ma anche dei rogue-lite) sta vivendo da vari anni un momento che, se non d’oro, potremmo comunque definire positivo. Di pari passo con la nascita di una forte cultura indie, si è sviluppata una cultura rogue-like dettata sia dalla moda (in senso positivo) sia dalla necessità. Per i piccoli team di sviluppo, creare un rogue-like significa poter produrre un contenuto il più longevo possibile, con il minor sforzo possibile. Ovviamente non è così semplice essere originali e non è cosi semplice far sì che la randomicità crei effettiva varietà.
City of Brass, il rogue-like in prima persona di Uppercut Games, riesce a risolvere solo uno di questi due problemi.
City of Brass: le mille e una notte | Recensione
Siamo un avventuriero indefinito, un brigante in cerca di un bottino sontuoso, e risvegliamo una città maledetta, sotterrata nel deserto da tempo immemore. Le strade sono piene di non morti, la cupidigia ha distrutto ogni cosa e i geni imperversano con le loro magie. Ci buttiamo nei vicoli e nei saloni di una Agrabah da incubo, sperando di uscirne vivi.
Tralasciando l’incipit narrativo, City of Brass è diviso in quattro aree, da tre livelli ciascuna: alla fine di ogni area dovremo sconfiggere un boss (fisso) per poter passare a quella successiva. Di livello in livello, generati randomicamente, dovremo trovare l’uscita prima dello scadere del tempo e senza lasciarci le penne. Per sopravvivere ai nemici avremo a disposizione una non troppo efficace spada, utile per menare un paio di fendenti, e la multiuso frusta. Con quest’ultima potremo colpire i punti deboli degli avversari per stordirli o disarmarli, potremo anche attirarli verso di noi oppure spingerli via.
La vera utilità della frusta si manifesta in combinazione con uno degli elementi base del gioco: la presenza di trappole. Lance che spuntano dal terreno, porte che si chiudono a tradimento, lame nascoste: ogni area del gioco ha i propri marchingegni, oltre che i propri nemici. Soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati, sarà fondamentale sfruttare l’ambiente per uscirne vittoriosi, facendo cadere i non morti nelle trappole. A queste, si sommano gli oggetti da lancio (vasi, bombe, lanterne a olio…) che permettono di colpire i nemici dalla distanza infliggendo molti danni.
City of Brass: la dura vita dello straccione | Recensione
L’ambiente è il vero centro del gioco: una scelta stimolante che dona soddisfazione ai giocatori interessati a una sfida hardcore e un minimo ragionata. Il gioco, infatti, punta a un livello di difficoltà medio-alto: è necessario però spiegarlo bene.
City of Brass ha una difficoltà scalabile ma non propone i classici “facile”, “normale” o “difficile”. L’opera di Uppercut Games ha scelto una strada particolare ed encomiabile: a ogni nostra partita potremo attivare dei modificatori, benedizioni o oneri che andranno a cambiare alcuni elementi di gioco specifici. Potremo raddoppiare la nostra vita, oppure annullare totalmente il limite di tempo dei livelli o, al contrario, potremo aumentare il numero di trappole o potenziare l’attacco dei nemici. Avremo una ventina di modificatori con cui giocare per creare il livello di difficoltà che più ci aggrada. Anche i meno hardcore, quindi, potranno cimentarsi nelle sfide di City of Brass, ma al tempo stesso il gioco dona reali soddisfazioni unicamente a chi non si accontenta di una vittoria facile. Inoltre, è presente una classifica globale che spingerà i giocatori più competitivi a gareggiare per primeggiare.
Abbassare il livello di difficoltà significa avere ragione su nemici, trappole e boss (complessivamente poco interessanti, tra l’altro) con discreta semplicità e, in pochissime partite, avremo visto tutto ciò che il gioco ha da offrire. L’opera propone anche dei potenziamenti per il personaggio (validi unicamente per la partita in corso) ma anche questi non sono molti e non cambiano più di tanto il nucleo del gioco: una scelta chiaramente ragionata al fine di non deconcentrare il giocatore dal nucleo hardcore (ovvero la suddetta gestione dell’ambiente), ma al tempo stesso è innegabile che tra una partita e l’altra non ci sarà mai molta differenza.
In ogni caso, il nostro obbiettivo non deve essere solo quello di sopravvivere, ma anche di accumulare bottino: raccogliendo oggetti preziosi e aprendo scrigni, guadagneremo una valuta utile per richiedere i favori di vari geni che incontreremo nei livelli. Avremo un vendor (che ci permette di acquistare i suddetti potenziamenti) oppure un curatore o ancora un genio che disattiva le trappole per il livello in corso. Sono una decina in totale. La cosa veramente interessante, però, è che avremo a ogni run tre desideri da spendere per potenziare i geni: il vendor metterà in mostra oggetti più rari, il curatore riempirà quattro cuori invece che uno e via dicendo. Un leggero tocco tattico non spiacevole, per quanto ben presto capiremo che sono pochi i geni a cui ha senso assegnare un desiderio.
City of Brass: Alhazred non impazzisce per la versione console | Recensione
City of Brass è un vero rogue-like e non propone alcun sistema di progressione. Non solo non c’è la possibilità di potenziare il personaggio tra una run e l’altra (meccanica che è più da rogue-lite, per dovere di cronaca), ma avanzare nel gioco non sblocca nuovi potenziamenti. Perlomeno, la varietà visiva è buona: ogni area del gioco ha una propria estetica proposta, sempre in maniera casuale, in una versione notturna o in una versione diurna. Nel complesso, City of Brass è tecnicamente molto buono, considerando anche la sua natura da indie. Il sonoro è valido, grazie agli effetti ambientali da “città del deserto” e ai versi riprodotti dai nemici che ti permettono di intuire la presenza di una minaccia fuori dallo schermo e di reagire di conseguenza.
Purtroppo la reattività non è dei migliori con il controller: il gioco richiede una certa precisione e rapidità; le levette non sono la miglior soluzione in questo caso e a creare qualche problema c’è anche l’auto-aim. Fortunatamente gli sviluppatori hanno aggiornato il gioco e hanno aggiunto la possibilità di ridurre la forza dell’auto-aim. La nostra recensione si basa sulla versione PlayStation 4 del gioco, ma ci sentiamo di consigliare, nel caso possiate scegliere, la versione PC per poter utilizzare il mouse.
In conclusione, City of Brass è un gioco dotato di una certa originalità (per il setting e per le meccaniche principali), ottimo per i giocatori più hardcore ma che soffre di pochezza di contenuti e, in versione console, di alcune limitazioni nel sistema di controllo.
Punti a favore
- Gestione della difficoltà molto libera
- Soddisfacente per i giocatori hardcore
- Originale
Punti a sfavore
- Pochi contenuti e poca varietà
- Sistema di controllo non perfetto tramite controller
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