La graduatoria dedicata ai decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico resa nota su The Lancet Planetary Health vede molte città italiane nelle prime posizioni
La graduatoria dedicata ai decessi prematuri dovuti all’inquinamento atmosferico che poco tempo fa è stata resa nota su The Lancet Planetary Health vede, purtroppo, molte città italiane nelle prime posizioni: e si tratta di un risultato ben poco ragguardevole, soprattutto se si tiene conto del fatto che il campione preso in esame ha riguardato oltre un migliaio di città europee. Sono due i più importanti inquinanti su cui ci si è basati: il biossido di azoto e il particolato sottile. La Lombardia domina questa tutt’altro che onorevole classifica: non c’è Milano al primo posto, quasi a voler sfatare un luogo comune, ma Brescia e Bergamo. La top ten delle città con morti premature dovute all’inquinamento da polveri sottili include anche Saronno, in provincia di Varese, e Vicenza.
I numeri
Secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, per il Pm10 la media annuale che non dovrebbe essere superata è di 20 microgrammi per metro cubo, mentre la legislazione europea ha fissato questo limite a 40 microgrammi per metro cubo. Lo scorso anno in Italia ben 35 capoluoghi di provincia su 96 presi in esame hanno superato la soglia dei 35 giorni all’anno con più di 50 microgrammi al metro cubo al giorno, che è il limite stabilito per le polveri sottili. Torino ha sforato la soglia per ben 98 giorni, Venezia con 88 e Padova con 84. È proprio il Veneto ad avere i dati peggiori da questo punto di vista, dato che compaiono ai primi posti anche Rovigo con 83 giorni e Treviso con 80 giorni. La media annuale di Torino è di 35 microgrammi al metro cubo per tutte le centraline urbane; a quota 34 ci sono Rovigo, Padova e Milano, mentre seguono a 33 Treviso e Vicenza. Ancora, ecco Verona, Modena, Vicenza, Lodi e Cremona con 32 microgrammi al metro cubo. E il Sud? Purtroppo anche le regioni del Meridione sono rappresentate, con Avellino che ha una media annuale di 31 microgrammi al metro cubo, seguita da Frosinone a quota 30, da Terni a quota 29, da Napoli a quota 28 e da Roma a quota 26. Tra gli altri capoluoghi di regione, spiccano i 24 microgrammi per metro cubo fatti registrare ad Ancona e a Genova, così come i 23 di Bari (lo stesso dato di Catania). Il tutto è sorprendente considerando che per due mesi di lockdown il traffico calò.
Il ruolo degli allevamenti intensivi
Non è solo lo smog delle macchine a determinare la proliferazione delle polveri sottili: è stato calcolato che oltre la metà del particolato è dovuto agli allevamenti intensivi e al riscaldamento. Il bacino padano, non a caso, è uno di quelli in cui gli allevamenti intensivi sono più concentrati. Non va dimenticato, peraltro, che la comunità scientifica ha ipotizzato una correlazione tra la vulnerabilità al coronavirus e la costante esposizione alle polveri sottili.
Una soluzione: i sensori di particolato
Nel novero degli interventi finalizzati a ridurre l’inquinamento, diventa fondamentale agire e intervenire anche in un’ottica di prevenzione: i sensori di particolato, per esempio, sono dispositivi che garantiscono un costante monitoraggio della situazione. Peraltro il rilevamento di polveri sottili è indicato anche negli ambienti chiusi, che poi sono quelli in cui le persone passano la maggior parte del proprio tempo. Anche i processi di combustione delle cotture, delle candele o del legno producono polveri sottili: certo, nulla a che vedere con lo smog causato da impianti industriali e veicoli a motore, ma vale comunque la pena di tenere sotto controllo questo aspetto.
Le politiche di riduzione dell’inquinamento
La prevenzione passa anche dalla programmazione e dall’attuazione di politiche mirate a ridurre l’inquinamento dovuto al particolato atmosferico. Da qualche anno ormai è stata abbandonata l’idea di far circolare i veicoli a targhe alterne (un giorno solo quelle con l’ultimo numero pari, il giorno dopo solo quelle con l’ultimo numero dispari, e così via) con l’intento di dimezzare l’inquinamento causato dalle macchine. Anche le domeniche senza auto rappresentano un ricordo del passato. È chiaro, però, che soluzioni del genere non sono altro che meri palliativi, soprattutto se nel frattempo non viene migliorata la rete di mezzi di trasporto pubblici. E, in ogni caso, questo è un discorso che si può attuare soprattutto per le grandi città, perché nei piccoli centri il ricorso alle auto per spostarsi è inevitabile. Allora, conviene investire proprio sulle auto, cercando di renderle meno inquinanti: a livello governativo, si possono prevedere degli incentivi a favore dei mezzi elettrici o ibridi, ma anche in questo caso si deve pensare a una dotazione infrastrutturale adeguata, per esempio per ciò che concerne la distribuzione delle colonnine per la ricarica, da piazzare preferibilmente nei parcheggi dei supermercati in modo che gli automobilisti possano fare rifornimento mentre fanno la spesa senza dover perdere tempo.
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