L‘intelligenza artificiale potrebbe aiutare la comunità scientifica a sostenere il crescente numero di ricerche in pubblicazione
Nel periodo pandemico del COVID-19 le ricerche scientifiche sono aumentate esponenzialmente mettendo in crisi il sistema di revisione che ne garantisce la correttezza. Ora una nuova analisi sostiene che l’intelligenza artificiale potrebbe aiutare a snellire e rendere più preciso il processo.
La peer-review: cos’è
Le ricerche scientifiche devono subire un processo di revisione chiamato “peer-review” o, in italiano, revisione fra pari. Questo sistema prevede che siano rilette e corrette da, in media, tre esperti. La rivista, individuata dagli autori per la pubblicazione, cerca le persone che ritiene più esperte nel settore di cui la ricerca parla. Una volta individuati chiederà a loro di leggere, in modo anonimo (cioè non conoscono gli autori e gli autori non conoscono i revisori) in modo da evitare conflitti di interesse, l’articolo e valutarlo. Le valutazioni e revisioni saranno inviate poi agli autori che procederanno a rispondere alle critiche. Secondo una recente analisi, ogni settimana vengono pubblicati in media 367 articoli sul COVID-19 con un tempo medio di revisione di soli 6 giorni, rispetto agli 84 che devono aspettare gli altri contenuti.
Intelligenza artificiale: potrà aiutare la peer-review?
Questa accelerazione del sistema di revisione preoccupa la comunità scientifica. Se infatti può essere giustificato dalla situazione, in cui ogni nuova conoscenza risulta utile nel contrastare la malattia, è anche vero che si rischia di avere lavori imprecisi e fuorvianti. Attualmente non esistono sistemi validati basati sull’intelligenza artificiale che aiutino i ricercatori nel processo di peer-review. Ma potrebbe essere solo questione di tempo e finanziamenti. Secondo un’analisi pubblicata su Nature Biotechnology, infatti esistono già potenziali sistemi che possono aiutare i ricercatori. Sistemi di intelligenza artificiale basati sul text-mining, sulla previsione di test clinici e pre-clinici e il machine-learning per la ricerca di pubblicazioni simili a quella che vuole essere pubblicata esistono già. Per i ricercatori potrebbe essere l’ora di integrarli e rendere più veloce e accurato il processo di pubblicazione. Secondo gli autori della ricerca, la revisione tra pari non può (ancora) essere effettuata dalle macchine, ma suggeriscono solo che il processo potrebbe essere facilitato dalla capacità dell’intelligenza artificiale di elaborare una grossa massa dei dati.
Errori celebri: quando la ricerca sbaglia
Gli autori, per rimarcare il concetto della necessità di un aiuto automatico, fanno due esempi celebri di errori della peer-review. Il primo è la pubblicazione del 1998 di Andrew Wakefield. Questo lavoro scientifico, che voleva dimostrare una correlazione tra vaccino e autismo, è stato quello che ha dato il via al movimento no-vax internazionale. Il lavoro si è poi dimostrato una vera e propria truffa con dati falsificati e selezionati appositamente per sostenere una tesi preconcetta. Ma ormai il danno era fatto e oggi moltissime persone ci credono ancora. Caso più recente è quello dell’idrossiclorochina. In questo caso un insieme di ricerche, in parte revisionate velocemente ed in parte no, ha fatto sì che questo farmaco fosse autorizzato per il trattamento del COVID-19. Verifiche ulteriori hanno però fatto sì che questo farmaco non fosse più autorizzato al di fuori di studi clinici approvati.
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