I riferimenti alla cannabis come sostanza medicinale, sono apparsi in vari testi nel corso della storia. Scopriamone la legalità e gli aspetti pratici
Nel corso degli anni, la cannabis medica ricavata dalle foglie della pianta nota con il nome botanico di Cannabis Sativa, è stata per anni oggetto di continue controversie in termini sia di uso clinico nei dispensari autorizzati che della collocazione nel settore delle politiche di salute pubblica.
Oggi, l’utilizzo medico di questa sostanza è sempre più diffuso anche se subordinato ad una serie di aspetti di carattere legale e pratici.
Gli aspetti legali della cannabis medica
I riferimenti alla cannabis come sostanza medicinale, sono apparsi in vari testi nel corso della storia. Negli Stati Uniti, l’uso medico del farmaco ad esempio è stato ridotto nel 1970, quando gli organi di controllo hanno catalogato la cannabis come sostanza senza valore medico e con alti rischi per la salute in caso di un eccessivo abuso.
Prima della sua restrizione, la cannabis veniva prescritta per numerose condizioni mediche, e proprio per questo motivo, vuoi per una sorta di rivisitazione storica che a seguito di nuovi e più approfonditi studi, attualmente l’uso della cannabis terapeutica è legale in ormai quasi tutti i paesi del mondo, Italia compresa.
Gli usi specifici della cannabis medica
Poiché un numero crescente di stati ha ormai approvato l’uso della cannabis per il trattamento di svariate condizioni mediche, i professionisti che la prescrivono sono obbligati a comprenderne e valutarne gli effetti sui loro pazienti. L’uso di cannabis a breve termine può ad esempio causare disturbi della coordinazione, della memoria e raramente del giudizio.
A lungo termine invece alla cannabis terapeutica è stato associato un aumento degli eventi cardiovascolari, dipendenza, disturbi della salute mentale e respiratori, questi ultimi simili a quelli associati al fumo di tabacco, se la sostanza viene inalata tramite vaporizzatori.
Con la nuova legge Italiana, è anche possibile far crescere una piccola piantina in casa – ad uso personale – per questo molte persone cercano una guida sicura per coltivare la cannabis a casa, in modo da far fronte alla mancanza di questo prodotto.
Gli effetti fisiologici della cannabis medica
Il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) è il principale responsabile degli effetti fisiologici della cannabis e che possono variare in modo significativo, a seconda del metodo di utilizzo. A tale proposito va sottolineato che nel caso della cannabis medica, l’inalazione è quello più comune, in quanto fornisce i più alti livelli di THC mentre la sostanza passa dai polmoni al flusso sanguigno.
Miscelata nel cibo può invece ritardare gli effetti del THC fino a 3 ore, ma può anche aumentare il periodo di tempo in cui un individuo sperimenta uno “sballo”. Per questo motivo quando si parla di cannabis medica, bisogna tener conto che il suddetto THC non deve superare un certo numero bensì sintetizzato con il CBD (cannabidiolo) che non comporta effetti psicotropi.
Gli elementi fondamentali per l’approvazione all’uso della cannabis medica
Quando un medico privato oppure un presidio ospedaliero prescrivono la cannabis per uso terapeutico, devono attenersi ad una serie di tabelle che regolano il rapporto tra il CBD e il THC. A tale proposito va detto che nel caso di quello del tipo CBD: THC 1:0, i prodotti non generano alcun effetto psicotropo, bensì influiscono positivamente sull’umore del soggetto che assume la sostanza.
Per quanto riguarda invece il rapporto del tipo CBD: THC 1:2, la sostanza assunta seppur con un maggior contenuto di THC, risulta prescrivibile poiché presenta una percentuale soddisfacente di CBD (50%) e che si rivela particolarmente adatta per fornire una sensazione rilassante in soggetti che lamentano stati d’ansia o di stress.
Infine vale la pena citare il rapporto del tipo CBD: THC 1:1 che come si evince contiene entrambi i principi attivi ed equamente divisi. L’assunzione della sostanza di conseguenza produce effetti psicotropi decisamente blandi e quindi tali da consentire al singolo medico o al presidio ospedaliero di prescriverla per trattare alcune comuni patologie come ad esempio l’insonnia, l’ansia e la depressione.
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