Un team di scienziati sta concentrando i propri sforzi nello studio di uno dei più famosi processi biologici, la fotosintesi. Il loro scopo è riuscire a creare un processo simile ma più efficiente e “personalizzabile” utilizzando cloroplasti artificiali
Proprio come i meccanici uniscono le vecchie parti di motore per costruire un nuovo roadster, i biologi sintetici hanno ricostruito i cloroplasti, organelli cellulari al centro della fotosintesi. In breve la biologia sintetica (o biologia di sintesi), si occupa di costruire sistemi biologici artificiali, combinando conoscenze di biotecnologia, chimica, bioingegneria e molte altre discipline scientifiche. Abbinando i cloroplasti degli spinaci con gli enzimi di nove diversi organismi, gli scienziati hanno affermato di aver creato un organello artificiale che opera al di fuori delle cellule. Come per quelli “naturali” si occupano di raccogliere la luce solare per convertire l’anidride carbonica (CO2) in molecole ricche di energia. I ricercatori sperano che il loro sistema truccato di fotosintesi alla fine possa portare diversi benefici. Come convertire direttamente la CO2 in sostanze chimiche utili o aiutare le piante geneticamente modificate ad assorbirne fino a 10 volte di più. L’ingegnere chimico Frances Arnold, del California Institute of Technology, che non era coinvolto nella ricerca, ha affermato:
Questo progetto è molto ambizioso. Lo sforzo del lavoro nel riprogrammare la biologia potrebbe migliorare i tentativi di convertire la CO2 direttamente in sostanze chimiche utili. Oltre che ridurne la concentrazione nell’atmosfera.
Fotosintesi, come funziona?
La fotosintesi è un processo diviso in due fasi. Nei cloroplasti, le molecole di clorofilla assorbono la luce solare e trasmettono l’energia extra ai partner molecolari che la usano per generare le sostanze chimiche che immagazzinano energia, come adenosina trifosfato (ATP) e nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADPH). Una serie di altri enzimi, che lavorano in un ciclo complesso, quindi utilizzano ATP e NADPH per convertire la CO2 dell’aria in glucosio e altre in molecole organiche ricche di energia che la pianta utilizza per crescere. La conversione di CO2 inizia con un enzima chiamato RuBisCO, che spinge la CO2 a reagire con un composto organico chiave, avviando una catena di reazioni necessarie per produrre metaboliti vitali nelle piante. Per quanto efficace sia la fotosintesi, ha anche un problema, afferma Tobias Erb, biologo sintetico del Max Planck Institute for Terrestrial Microbiology: “La RuBisCO è superlenta”. Ogni copia dell’enzima può catturare e utilizzare solo da 5 a 10 molecole di CO2 al secondo. Ciò pone un limite sulla velocità con cui le piante possono crescere.
Cloroplasti artificiali e ricerca
Nel 2016, Erb e i suoi colleghi hanno cercato di accelerare le cose progettando una nuova serie di reazioni chimiche. Invece della RuBisCO, hanno utilizzato un enzima batterico in grado di catturare le molecole di CO2 e costringerle a reagire 10 volte più velocemente. In combinazione con altri 16 enzimi di nove diversi organismi, ciò ha creato un nuovo ciclo CO2-organico-chimico che hanno soprannominato il ciclo CETCH. Tale ciclo però si è occupato solo del secondo passo della fotosintesi. Per far funzionare l’intero processo, anche la prima fase, Erb e i suoi colleghi si sono rivolti a componenti di cloroplasti chiamati tilacoidi. Questi sono un complesso sistema di membrane, che formano dei sacchetti, e che contengono clorofilla e altri enzimi fotosintetizzanti. Altri ricercatori avevano precedentemente dimostrato che le membrane dei tilacoidi possono operare al di fuori delle cellule vegetali. Quindi Erb e i suoi colleghi hanno recuperato le membrane dei tilacoidi da cellule fogliari di spinaci e hanno dimostrato che potevano continuare ad assorbire la luce e trasferire la sua energia alle molecole di ATP e NADPH. L’abbinamento di questi tilacoidi con il loro sistema CETCH ha permesso al team di utilizzare la luce per convertire continuamente CO2 in un metabolita organico chiamato glicolato, come hanno riferito su Science.
Tilacoidi vegetali incapsulati in micro-goccioline di circa 90 micrometri di diametro. Credit: Max Planck Institute for terrestrial Microbiology/Erb
Cloroplasti artificiali, l’unione fa la forza
Al fine di integrare un nuovo sistema di raccolta della luce con il ciclo CETCH, i ricercatori hanno dovuto apportare alcune modifiche. Erb spiega che hanno scambiato la “posizione” di alcuni degli enzimi del processo di CETCH. Per ottimizzare l’intero complesso, Erb e i suoi colleghi hanno collaborato con Jean-Christophe Baret, un esperto di microfluidica presso il Paul Pascal Research Center. Il team di Baret ha progettato un dispositivo che genera migliaia di minuscole goccioline d’acqua nell’olio. Poi inietta ciascuna, in quantità diverse, negli insiemi di membrane tilacoidali ed enzimi del ciclo CETCH. Ciò ha permesso ai ricercatori di trovare la ricetta più efficace per la produzione di glicolato, Arnols ha commentato:
Ulteriori confronti tra tutte le possibili combinazioni e concentrazioni di diversi elementi, potrebbero rendere il processo ancora più efficiente. Anche se questa combinazione risulta già ottimale.
Erb afferma che lui e i suoi colleghi sperano di riuscire a modificare ulteriormente la configurazione di questo processo. In modo tale da poter produrre altri composti organici che sono ancora più preziosi del glicolato, come molecole a carattere farmaceutico. Sperano anche di convertire in modo più efficiente la CO2 trasformata in composti organici, di cui le piante hanno bisogno per crescere. Ciò aprirebbe le porte all’ingegneria dei geni e aiuterebbe a creare nuove varietà che crescono molto più velocemente di quelle attuali, un vantaggio per l’agricoltura in un mondo con una popolazione in forte espansione. Se siete interessati al mondo della scienza non perdete d’occhio la nostra sezione.
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