Grazie alle cellule riprogrammate alcuni topi ciechi hanno recuperato la vista. Questo risultato apre la strada a nuove terapie per malattie degli occhi
Dopo l’impianto nella retina di cellule della pelle riprogrammate con una nuova tecnica lampo, dei topi affetti da cecità hanno recuperato la vista. Il risultato è attribuito al National Institutes of Health e pubblicato su Nature. Grazie ad esso è stato fatto un altro passo per lo sviluppo di nuove terapie cellulari mirate alle malattie della retina come la degenerazione maculare. Andiamo a vedere i dettagli.Â
Vediamo tutti i dettagli sulla sperimentazione delle cellule riprogrammate nei topiÂ
Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia, dice quanto segue riguardo allo studio americano:Â
Si tratta di un risultato molto importante: nessuno finora era riuscito a ottenere fotorecettori con un salto così diretto nella riprogrammazione. Soprattutto per l’ampio ventaglio di applicazioni terapeutiche, per gli occhi e non solo. Per questo motivo – sottolinea l’esperto – va accolto con cautela, visto il precedente drammatico del caso Stap.
Infatti già nel 2014 vi era stato uno studio sulle cellule riprogrammate rivelatosi poi un falso. Pubblicato su Nature dalla biologa giapponese Haruko Obokata fu uno scandalo mondiale tanto da spingere al suicidio il mentore della ricercatrice, Yoshiki Sasai. A differenza del metodo Obokata, quello americano è molto più preciso. In questo caso i ricercatori hanno immerso le cellule della pelle, fibroblasti, in un cocktail composto da cinque piccole molecole. Queste piccole molecole sono capaci di attivare nel Dna i geni tipici delle cellule fotosensibili della retina i bastoncelli.
Dopo la riprogrammazione i ricercatori hanno reimpiantato i geni nei topi colpiti da degenerazione maculare. Successivamente si è visto che sei hanno riacquistato la capacità di restringere la pupilla in condizioni di scarsa luminosità . Ma non solo, il trapianto ha avuto un buon risultato anche su topi con una degenerazione della retina molto avanzata. Dopo tre mesi, i fotorecettori sviluppati in laboratorio erano ancora attivi e perfettamente connessi ai neuroni della retina. Kapil Bharti, coordinatore della ricerca traslazionale sulle cellule staminali e dell’occhio, dice quanto segue:
Se riusciremo a migliorare l’efficienza di questa conversione cellulare diretta, potremo accorciare i tempi per sviluppare modelli di malattia o potenziali terapie cellulari.
E voi cosa ne pensate a riguardo? Fatecelo sapere. Ma per non perdervi nessuna novità sul mondo scientifico continuate a seguire le pagine di tuttoteK.
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