Il deserto del Sahara non è sempre stato arido e sterile e probabilmente non lo rimarrà per sempre. Uno studio ha rivelato che il deserto più famoso del mondo potrebbe essere legato ad un ciclo vitale di circa 20.000 anni
Si tratta del deserto più vasto e caldo del nostro pianeta, con una superficie di 9 milioni di km2 – circa 30 volte la superficie dell’Italia – e una temperatura media in estate che sta intorno ai 45-50 gradi centigradi, con forti escursioni termiche tra giorno e notte che possono arrivare anche a 30 gradi.
Per circa 5000 km si estende una striscia di terra arida dove le precipitazioni si possono davvero contare sulle dita di una mano. Tuttavia non aspettiamoci un aspetto uniforme, un’unica grande distesa di sabbia bollente e bruna, il deserto del Sahara offre una grande varietà di ecoregioni interne, dal cuore arido e secco fino ai confini dove comincia a confondersi con la savana del centro Africa.
Possiamo quindi individuare i tipici paesaggi che caratterizzano le diverse regioni del Sahara. Il primo si chiama hammada ed è un deserto roccioso, senza sabbia; solamente la nuda roccia, incisa da secoli di erosione da parte del vento che può dar luogo a delle forme quasi artificiali, acute e scheggiate come lance oppure perfettamente levigate.
Paesaggio hammada, arido e roccioso
Il secondo paesaggio è quello del serir, una distesa di ciottoli e ghiai di varie misure. Anche in questo caso il vento è complice perché letteralmente spazza via la sabbia e nel corso del tempo rivela i pezzi di roccia più grossolani che si trovano sul fondo.
Esempio di paesaggio serir
Infine tutta questa sabbia portata dal vento da qualche parte si dovrà fermare. Infatti l’erg, il terzo paesaggio, è proprio il deserto come ce lo immaginiamo: enormi dune di sabbia battute dal Sole e accarezzate dal vento che lentamente le sposta.
Esempio di erg del Sahara
Queste zone si distribuiscono in maniera più o meno equa per tutta l’estensione del grande deserto del Sahara a seconda della configurazione del terreno e dell’andamento dei venti. Sotto l’azione di quest’ultimo i paesaggi si muovono e si trasformano l’uno nell’altro, creando una situazione tutt’altro che statica.
Ad essere statica invece è la quantità d’acqua: poca, in superficie è praticamente assente. Si possono solo osservare dall’alto i letti secchi di alcuni fiumi che puntano verso i più importanti bacini idrologici dell’Africa (come il Nilo o il Niger); essi si riempiono solo in quelle rare occasioni in cui le piogge sono abbondanti, ma si svuotano molto rapidamente. Molto ricca invece sembra l’attività idrologica sotterranea: il terreno sabbioso e ghiaioso infatti lascia permeare l’acqua che si accumula in grandi bacini sotto terra. Sono questi ad alimentare varie floride oasi di questo immenso deserto. Ma forse non è sempre stato così.
Oasi nel deserto
Deserto del Sahara: da arida distesa di sabbia a prato verdeggiante ogni 20.000 anni
Una ricerca svolta dai ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) e di recente pubblicata sulla rivista Science Advances sembra evidenziare un ciclo della durata di 20.000 anni che cambia radicalmente l’aspetto del deserto del Sahara: esso può passare da una lussureggiante pianura ricca di vita alla distesa arida e sterile che vediamo oggi.
Il grande Sahara poteva davvero essere verde e rigoglioso?
I risultati si devono all’analisi dei depositi di polveri del deserto che hanno permesso di ricostruire la storia del Sahara andando indietro di 240.000 anni. L’ipotesi è che il fenomeno sia causato da una variazione di inclinazione dell’asse terrestre, dovuta probabilmente al moto precessione che ha un periodo stimato in circa 25.000 anni. David McGee, del Mit, ha commentato:
La scoperta è importante per comprendere la storia di questo deserto e in quali tempi è stato ospitale per l’uomo.
Il sospetto di questo comportamento mutevole da parte del Sahara non è nuovo. Alcune pitture rupestri e fossili scoperti nel corso di varie spedizioni archeologiche hanno mostrato chiaramente come il Sahara fosse stato in passato, agli albori della civiltà umana, una grande oasi feconda di vita, ricca di insediamenti umani e animali. Dopotutto la culla dell’uomo, la Rift Valley, dove i primi australopitechi si sono calati dagli alberi, si trova proprio nella parte orientale del Sahara.
Tipico panorama della Rift Valley
Ora, grazie alle ricerche del Mit svolte analizzando i carotaggi dei sedimenti di polvere, hanno confermato le ipotesi degli archeologi. Le carote prelevate dai fondali a largo delle coste dell’Africa occidentale hanno evidenziato che il clima del deserto del Sahara abbia oscillato tra un clima umido e secco con un periodo di circa 20.000 anni, proprio in sincronia con i moti di precessione dell’asse terrestre.
Il cambiamento inclinazione dell’asse infatti influenza la direzione e la distribuzione di raggi solari sulla superficie terrestre. Probabilmente quando l’inclinazione favorisce l’insolazione estiva, l’aumento del calore in tutto il Nord Africa intensifica l’evaporazione dall’oceano e quindi l’attività monsonica. Le piogge quindi diventano più abbondanti e frequenti, rendendo il deserto del Sahara umido e verde. Se invece l’inclinazione dell’asse diminuisce la quantità di raggi di Sole in arrivo sul Nord Africa, le piogge diminuiscono e il deserto prende l’aspetto che conosciamo bene.
Moto di precessione dell’asse terrestre
Questo studi sono molto importanti per capire come il clima del nostro pianeta reagisca ai moti celesti. Prevederne gli effetti può offrire la possibilità di non farsi trovare impreparati, anche se la lentezze con cui questi fenomeni si verificano aiuta molto nell’adattamento. Purtroppo non credo che noi faremo in tempo a gustare dell’insalata coltivata nei campi Sahara. La desertificazione a causa dei cambiamenti climatici degli ultimi anni tuttavia è una problema molto serio che potrebbe avere pesanti ripercussioni sull’economia globale. Dalla sezione scienze è tutto, rimanete con moi altre curiosità dal mondo naturale!
Lascia un commento