In questa edizione della rubrica vi racconteremo di Hiroya Oku, famoso per il suo Gantz. Autore di lungo corso ma di rado sotto i riflettori, i suoi manga mostrano senza alcuna remora violenza, erotismo, ma soprattutto l’aspetto vile dell’umanitÃ
Nel mondo dei manga, i personaggi spesso sono ritratti come eroi. Questo è più vero nel genere degli shonen, certo, di cui il protagonista dall’animo fondamentalmente puro è un pilastro ricorrente. In un seinen la situazione può cambiare, proponendo personaggi più tridimensionali e sfacettati, ma, anche in tal caso, svariate volte essi finiscono per rappresentare la luce nell’oscurità . Tuttavia, quando il titolo che avete per le mani è firmato Hiroya Oku, è probabile che chiuderete il volume sentendovi amareggiati e disillusi nei confronti del mondo in cui viviamo. Talvolta, addirittura sporchi.
Oku (1967, Fukuoka) scrive e pubblica da tempi non sospetti: vince infatti agli Youth Manga Awards nel 1988, e nello stesso anno serializza la sua prima opera, Hen. Oku ai tempi lavorava come assistente per Naoki Yamamoto, un autore che ai tempi era specializzato in serie erotiche. Questo spiega molto dello stile di Oku, e infatti Hen è un manga in cui l’erotismo è un tema centrale, esplicito, marcato. Probabilmente faceva strano trovarlo tra le pagine di Young Jump, di Shueisha.
Dopo un decennio travagliato artisticamente, Oku raggiunge la fama all’aprirsi del nuovo millennio, con Gantz. L’autore sembra aver trovato un tema portante secondario all’hentai per le sue opere, ovvero la fantascienza. Nei manga di Oku, la tecnologia è oscura tanto quanto la magia, e sinistre sono soprattutto le sue origini. Aliene, perlopiù, e di rado l’estraneità incomprensibile di una mente aliena è stata così ben rappresentata come nei lavori più recenti di Oku. Ma il vero fulcro della sua produzione, condensando il tutto, è un altro: la lotta dell’essere umano tra la ricerca della nobiltà e gli istinti animali, egoisti e gretti, che spesso hanno la meglio.
Gantz (Testo e disegni di Hiroya Oku, 2000-2013)
Impossibile, quando si parla di Oku, non citare Gantz. Manga di gran lunga più longevo e più espanso dell’autore, giunge a noi oggi corredato da una serie di spin off, novel e adattamenti. Il suo successo è testimoniato dai numeri: parliamo di uno dei manga più venduti del genere seinen, e in generale del Giappone, fino all’inizio dello scorso decennio.
Si può comprendere molto di Gantz, dalla sua sequenza iniziale: abbiamo Kei Kurono, il protagonista egoista e dalla bassa fibra morale, e la sua controparte, Kato, che mette in gioco la sua vita per salvare un barbone, uno scarto della società . Kurono si ritrova a seguirlo più per pressione sociale che per una vera spinta interiore, come se Kato rappresentasse quell’ideale di umanità che noi tutti cerchiamo di emulare, con scarso successo. Questo rapporto tra i due sarà fondamentale lungo tutta l’opera.
Gantz è una parata di molti tipi possibili di “cattiva” persona, uno specchio sfacciato di un’umanità che non vorrebbe guardarsi. Persone aggressive, persone deboli, e rari esempi di persone pure che sono quelle che più facilmente vengono schiacciate. Nelle situazioni mortali in cui la sfera nera li spinge le loro falle vengono facilmente a galla. Così come la maggior parte di loro risulta facilmente corruttibile dal potere che Gantz gli garantisce.
Il tema trova espressione più chiara fuori dai cambi di battaglia. Infatti, sono le relazioni sentimentali, in Gantz, a risultare più disturbanti per il lettore, per la loro palese tossicità . Il dissacramento dell’amore è il vero trionfo macabro di Hiroya Oku, ancora di più del dissacramento dell’eroe e della società .
Last Hero Inuyashiki (Testo e disegni di Hiroya Oku, 2014-2017)
Inuyashiki non ha avuto neanche lontanamente il successo di pubblico che ha avuto Gantz. Tuttavia, gli elementi cardine di quest’opera risultano delle variazioni intriganti degli stessi temi proposti nel titolo che la precede. Sotto certi aspetti, li esprimono anche meglio. Può essere il caso dell’antagonista, Shishigami, simbolo di quell’umanità che non dovrebbe avere per le mani il potere immenso garantitogli dalla tecnologia aliena, pena il delirio di onnipotenza. Riprende evidentemente il personaggio di Nishi, solo che quest’ultimo era ancora limitato dalle regole imposte di Gantz.
In ogni caso, ciò che spicca davvero in Inuyashiki è l’omonimo protagonista. In un twist unico, Oku sovverte i canoni dei protagonisti di manga, proponendo un uomo anziano, che addirittura sembra ancora più vecchio di quello che è. A questo aspetto anticanonico tuttavia si contrappone una personalità pura, cosa rara per l’autore. Prevedibile invece come il personaggio venga calpestato dal mondo che gli sta intorno, a partire dalla sua stessa famiglia, in una rappresentazione particolarmente crudele e cinica di quanto, specialmente in Giappone, i rapporti interpersonali siano ormai completamente svuotati di empatia.Â
Inuyashiki e Shishigami ottengono un potere praticamente illimitato, in modo casuale e disinteressato dal donatore, altro richiamo a Gantz. Viene quindi messo in scena lo scontro tra il bene e il male, che è anche generazionale, una denuncia a un mondo odierno che dimentica i valori di ieri. Ma, soprattutto, a una società in cui siamo tutti sempre più lontani, tanto i figli quanto i padri, poichè ciascuno dei personaggi è, a suo modo, una vittima.
Gigant (Testo e disegni di Hiroya Oku, 2018-oggi)
Di rado in questa rubrica prendiamo in esame opere ancora in corso, ma il caso di Gigant è troppo particolare per non essere trattato. Qui, Oku trova una nuova sintesi del suo binomio preferito, fantascienza ed erotismo, rimanendo nel suo territorio per la prima, raggiungendo nuove vette con il secondo. Infatti, non viene fatto mistero di che cosa si inconterà in Gigant: una pornostar con un grosso seno.Â
Leggendo, scopriamo che Oku con Gigant vuole rivelare il pregiudizio dei suoi stessi lettori. Infatti, sembra volerci ricordare che dietro l’aspetto e la carriera di Papiko c’è una persona, con una vita non facile. Lei vive con disinvoltura la sua professione, ma nonostante questo è costretta ad interfacciarsi di continuo con un mondo che vorrebbe diversamente. Ad uscirne particolarmente male è lo stesso protagonista, Rei Yokoyamada: la sua ossessione per Papiko sembra essere guidata inanzitutto dall’aspetto e dalle di lei particolari qualità . Inoltre, il sentimento tossico torna prepotente in Gigant, con Rei che addirittura riesce a costringere Papiko in una relazione con un pianto infantile.Â
Per il resto, Gigant propone ancora una volta la struttura tipica di Hiroya Oku. Abbiamo dei fenomeni misteriosi, originati da un’intelligenza sconosciuta che si interfaccia all’umanità attraverso il gioco. Abbiamo una popolazione ignorante della propria stessa crudeltà , e un riferimento chiaro alle dinamiche ciniche dei social. E abbiamo creature gigantesche, che fanno riferimento al folklore, divinità che giocano con l’umanità , a malapena consapevoli le une dell’altra.
Concludendo…
Oggi, Hiroya Oku lavora al sopracitato Gigant, e in contemporanea a un nuovo spin off di Gantz, Gantz:E. Nonostante il suo lavoro arranchi se confrontato ai numeri di Gantz, ormai Oku è un artista affermato, tant’è che i suoi titoli trovano regolarmente la strada fino all’Italia. Si tratta di un autore crudo, e non tanto per il gore (che comunque non ci risparmia). A risultare davvero difficile da digerire sono i suoi ritratti dei rapporti interpersonali e della società . Rappresentazioni che troviamo inaccettabili, eppure al contempo ci appaiono come terribilmente vere.
Il riscatto è qualcosa che esiste nei mondi di Oku, ma al contempo non risulta mai completo. Si lascia anzi strascichi ingestibili, che costringono tanto i protagonisti, quanto noi, a farci i conti per il resto dei nostri giorni. Le domande che sorgono inevitabili, di fronte alle bizzarrie esplicite delle entità estranee, non trovano mai risposte soddisfacenti. L’umanità appare piccola, in piena balia di poteri maggiori, proprio come in un universo lovecraftiano. Ma ciò a cui non riuscirà mai ad emanciparsi davvero sono gli stessi pesi che si porta dentro.
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