Ormai tutti conoscono il classico di Natale “Una poltrona per due” che ogni Vigilia di Natale passa sugli schermi delle nostre TV. Tuttavia questo film presenta una delle più grandi riflessioni sulla psicologia dell’uomo, il nostro io è scritto nella genetica o si sviluppa in base all’ambiente in cui viviamo? Vediamo di approfondire il significato di questo classico natalizio
«”Una poltrona per due”, la Vigilia di Natale alle ore 21 » recita la pubblicità del palinsesto televisivo almeno un paio di volte al giorno nel periodo di Natale, ormai da 20 anni o più. Quasi non sarebbe Natale senza “Una poltrona per due” – ve la ricordate la reclame di qualche anno fa, no? – e non vi siete mai chiesti perché proprio questo film viene proposto ogni anno? Forse perché, nonostante ci saranno dei pareri dissidenti, questo film è un gran lavoro di arte cinematografica, che mescola una trama interessante con la ricerca psicologica e sociale sull’uomo e il suo rapporto con l’ambiente.
I due protagonisti del film, Louis e Valentine, che utilizzeremo come cavie per spiegare il significato del film
Una poltrona per due: l’esperimento dei fratelli Duke su uomo e ambiente
La trama dovreste conoscerla ormai bene, quindi non mi soffermerò più di tanto, se non sugli aspetti più rilevanti al fine dell’analisi. La vicenda si sviluppa a partire dai fratelli Duke, i ricchi proprietari di una fiorente società attiva nel mondo degli investimenti finanziari. Andiamo a conoscerli più da vicino. Randolph Duke è il più anziano dei due, ha una forte passione per la ricerca scientifica e rappresenta l’uomo moderno, positivista che crede di poter spiegare tutto con la sua razionalità; è più aperto ed espansivo verso gli altri esseri umani (da uomo buon umanista moderno… circa) rispetto al fratello. Mortimer Duke – cioè lo dice anche il nome – è invece la rappresentazione dell’uomo retrogrado (ma neanche troppo per l’epoca in cui si svolge la vicenda), razzista e asettico, attaccato solo guadagno e al profitto.
I fratelli Duke sono gli antagonisti principali, ma forse sono i personaggi più interessanti per gli ideali e il significato che incarnano
È fondamentale fissare le idee su cosa rappresentano i due fratelli per comprendere le radici della scommessa attorno a cui ruota “Una poltrona per due”. Il dilemma è questo: l’essenza dell’uomo è scritto nei geni oppure dipende dall’ambiente in cui esso vive? Il nostro io, la nostra identità è determinata senza che possiamo far nulla o è il riflesso di quello che ci circonda? Questo dilemma riflette perfettamente le due personalità dei fratelli: Mortimer sceglie ovviamente l’ipotesi della predestinazione, seguendo i suoi ideali razzisti secondo cui esistono razze superiori e mano superiori, umani più evoluti meno evoluti – è ovviamente un pensiero meno moderno, il razzismo scientifico derivato dalla teoria dell’evoluzionismo risale al XIX secolo, ma è rimasto inchiodato nell’immaginario comune fino alla fino agli ‘anni 50, supportato da alcune ricerche scientifiche sull’influenza dei geni sullo sviluppo dell’uomo. Randolph da uomo moderno e progressista invece abbraccia un approccio più scientifico e psicologico: l’identità di un uomo è forgiata dall’ambiente in cui vive, in condizione agiate si sviluppano persone morali e rispettose, in condizioni di povertà e stress invece proliferano i criminali.
Parte quindi l’esperimento: Louis, il direttore della società dei Duke, un uomo di buona famiglia che ha studiato ad Harvard e ha sempre vissuto nel lusso, e Valentine, un poveraccio nero e orfano vestito di stracci che tenta di tirare avanti chiedendo l’elemosina, sono i soggetti ideali. La loro genetica e il loro ambiente sono diversi. L’esperimento può partire.
Il povero Valentine viene posto in un ambiente ricco, mentre Louis viene depredato di tutti i suoi agi e perfino dell’affetto della fidanzata e degli amici
Una poltrona per due: gli esiti dell’esperimento e la morale del film
Il risultato dell’esperimento è noto a tutti, la scommessa è vinta da Randolph: Valentine diventa un uomo per bene, mentre Louis precipita nel baratro, comincia a bere ed arriva ad essere disposto ad uccidere. Tentiamo di capire a cosa è dovuto questo cambiamento nei due, perché l’ambiente cambia l’uomo?
Il tempo nel film è limitato e i fatti si susseguono abbastanza velocemente, non c’è spazio per approfondire la condizione umana. Ma possiamo provarci adesso, ragioniamo. Quando Valentine si rende conto di possedere qualcosa, qualcosa di valore, comincia a proteggerlo – ad esempio durante il festino a casa sua. È questo che innesca il cambiamento probabilmente: quando possediamo qualcosa di nostro ci adoperiamo per mantenerlo, in qualche modo ci adattiamo a ciò che possediamo. Louis invece perde tutto, è disperato: non ha più soldi, lavoro e amici – forse quelli non li ha mai avuti. La disperazione e il dolore spingono l’uomo a sviluppare rabbia. La rabbia crea il crimine. Ricordo quando Saruman nella saga de “Il Signore degli Anelli” descrisse la nascita degli orchi:
Tu sai come gli orchi sono venuti al mondo? Erano elfi una volta, catturati dai poteri oscuri, torturati e mutilati. Una forma di vita rovinata e terribile.
Il dolore ha generato i servi di Sauron, la disperazione ha spinto Louis a commettere dei crimini; non solo contro gli altri, ma anche contro sé stesso quando decide di suicidarsi. Probabilmente l’ambiente inteso come condizione socio-economica in cui veniamo inseriti va ad influenzare quello che è il nostro ambiente psicologico, ma c’è una falla nell’esperimento dei fratelli Duke: è ovvio che togliendo ad un uomo tutto quello che ha questo cadrà nel dolore e nella disperazione tentando di cercare vendetta in modo violento – specialmente se tutto ciò avviene in maniera fraudolenta -, ma che cosa succede a crescere fin da subito in un ambiente sfavorevole? Si è davvero destinati alla delinquenza e amoralità?
Saruman spiega l’origine degli orchi: elfi corrotti dal dolore e dalle torture. Il male, il crimine forse proviene esclusivamente dal dolore?
Che cosa ci insegna quindi “Una poltrona per due” dopo aver constatato il fallimento della sperimentazione scientifica? Analizzando con più calma il film ci accorgiamo che la morale di tutta la vicenda è proprio la risposta alla domanda sollevata poca fa. Innanzi tutto nessun uomo nasce intrinsecamente buono o cattivo. Valentine non era un criminale, solo un poveraccio; Louis non era un pazzo omicida, solo un uomo disperato. Sono semplicemente i pregiudizi su di un certo ambiente a creare l’idea di una cattiveria intrinseca, senza considerare la persona in sé. Ogni uomo è potenzialmente buono.
La disperazione di Louis prime lo spinge a tentare un omicidio e poi addirittura il suicido. L’atmosfera ridicolizzante del film rende molto più leggero il dramma che però è molto forte in tutta la vicenda
E i fratelli Duke? Non sono di certo le migliori persone del mondo, ma tentiamo di capire perché. Sono perfettamente inglobati nella macchina degli stereotipi socio-economici, inoltre la loro posizione agiata – ecco, questa sì potrebbe essere una valida prova dell’influenza dell’ambiente sull’uomo – li ha spinti a sentirsi superiori agli altri e quindi anche in diritto di giudicare, sperimentare e sentenziare sulle vite degli altri. Forse questo è uno dei più grandi peccati dell’uomo: la superiorità.
I fratelli Duke si sentono così superiori a livello sociale, economico ed intellettuale da mettere sentirsi in diritto di rovinare una vita per un loro capriccio “scientifico”. Qui si potrebbe aprire anche un’altra parentesi: fin dove la scienza può sopraffare la morale?
Una poltrona per due: ma la scienza (quella vera) cosa dice sul rapporto tra uomo e ambiente?
Veniamo quindi al dunque: che cosa dice la comunità scientifica sull’influenza dei geni e dell’ambiente sullo sviluppo dell’uomo? In realtà questa diatriba ha origini molto antiche, la gnoseologia in filosofia ha ricoperto un ruolo fondamentale e ci si è sempre chiesti se l’uomo fosse un essere predeterminato oppure il suo io fosse legato all’esperienza e all’ambiente in cui vive. Di certo Kant ha dato una risposta molto concreta nella sua “Critica alla Ragion Pura” e delinea l’esistenza di forme a priori tramite cui l’uomo conosce il mondo. Trasponendo sul piano scientifico la speculazione filosofica possiamo quindi supporre che l’uomo sia il risultato dalla correlazione tra il suo patrimonio genetico e l’ambiente in cui vive.
Immanuel Kant, con la sua “Critica” ha esplorato l’uomo e il suo rapporto con la conoscenza. Fonte: Wikipedia
Ed infatti, come spesso succede nelle scienze sociali e psicologiche, la filosofia non si è molto distaccata dall’evidenza scientifica. Dopo una iniziale situazione che sembrava favorire la tesi del determinismo genetico, oggi tutti gli esperti sono stati convinti dai risultati di svariati esperimenti che il complesso delle caratteristiche morfologiche e psicologiche di un uomo siano determinate dall’influenza reciproca di geni e ambiente in cui esso vive.
Le prime risposte arrivarono dalla genetica quantitativa, ovvero la disciplina che si pone l’obiettivo di capire quali caratteristiche dell’uomo siano dovute all’ambiente e quali invece al patrimonio genetico. Il campo sperimentale perfetto erano le adozioni di fratelli (meglio se gemelli): essi condividono parte (o la totalità) del patrimonio genetico, ma crescono in condizione diverse. Da vari studi sulle adozioni è stato osservato che non è quasi mai possibile separare gli effetti dei geni e dell’ambiente: ogni tratto della natura umana è strettamente correlato a entrambi, in diversa misura.
La ricerca sui gemelli, specialmente quelli separati alla nascita e dati in adozione è di fondamentale importanza nella genetica qualitativa (Ken Follet sei tu?)
Facciamo un esempio: è dimostrato, tramite lo studio dei gemelli omozigoti, che due persone con gli stessi geni hanno lo stesso quoziente intellettivo. Tuttavia, le rilevazioni statistiche fatte sulla popolazione dei paesi occidentali, rivelano che il quoziente intellettivo medio sta crescendo. Perché? Le nuove generazioni hanno un patrimonio genetico molto simile a quelle precedenti, però sono molto più stimolate dall’ambiente: le esperienze educative e sociali si sono con il tempo rafforzate. Quindi la psiche di una persona non è completamente determinata dai geni.
Naturalmente l’influenza dell’ambiente può essere costruttiva o distruttiva. Micheal Rutter del King’s College a Londra ha dimostrato come l’assenza di una figura di riferimento durante la prima infanzia comprometta le capacità di adattamento sociale dell’individuo – infatti cosa chiede Randolph Duke a Valentine la prima volta che i due si incontrano?. I fattori ambientali possono quindi avere una grande influenza sullo sviluppo dell’uomo. Un interessante esperimento sociale, che riprende in grande quello proposto dai Duke in “Una poltrona per due”, realizzato negli Stati Uniti a partire dal 1995 (chiamato Head start) ha interessato decine di individui nati in condizioni disagiate. L’esperimento consisteva nel dare ai bambini delle famiglie meno abbienti la possibilità di crescere in un ambiente ricco e studiarne lo sviluppo del quoziente intellettivo, aspettandosi un aumento. Il risultato furono però deludenti: l’aumento del quoziente intellettivo era pressoché nullo. Un’attenta analisi del profilo psicologico dei bambini ormai adulti ha però concluso che l’ambiente benestante aveva conferito loro maggior stabilità emotiva e sociale, testimoniata da una vita di coppia più duratura, maggiore successo nella vita lavorativa e una scarsa tendenza alla criminalità.
Le condizione dell’ambiente influenza l’espressione dei geni dell’uomo, modificando di fatto la sua morfologia e il suo comportamento
La stretta correlazione tra ambiente e geni è quindi indissolubile. Anche perché un aspetto influenza l’altro: se esistono dei geni che portano delle persone ad essere più violente di altre, esse li trasmetteranno ai loro figli che cresceranno in un ambiente violento, che tende a stimolare la risposta genica. Un altro esempio può essere quello di avere un patrimonio genetico che tende a codificare un atteggiamento timido ed introverso: l’individuo tenderà ad evitare gli ambienti che non si addicono alla sua natura genica.
Un altro esempio è quello del fumo: se i genitori hanno predisposizione genetica al fumo, il bambino eredita i geni e l’ambiente costantemente intriso di fumo concorre all’espressione genetica
Una poltrona per due: ma allora chi avrebbe vinto la scommessa?
In definitiva ciò che emerge dalla letteratura scientifica si sposa bene con il finale del film: nessuno ha davvero la scommessa ed entrambi i Duke sono rimasti con un pugno di mosche. Geni e ambiente si influenzano a vicenda: se quando nasciamo siamo corredati di un determinato patrimonio genetico, l’ambiente è in grado di controllare ed influenzare l’espressione genetica, favorendo alcuni geni e sfavorendone altri. Questo da origini ad una infinità di combinazioni possibili e nessuno nasce criminale o buon samaritano. Valentine, Louis e tutti noi siamo delle scatole che nel corso della vita vengono riempite di esperienze. Impossibile dire a priori chi diventerà cosa ed in un qualunque momento della vita un repentino cambiamento di ambiente potrebbe cambiare il vostro fenotipo.
Infine? Tutti possiamo vincere un’asta in borsa. O forse no. Purtroppo non possiamo cambiare i nostri geni, ma possiamo scegliere l’ambiente (entro certi limiti) in cui vivere e crescere
Ora sicuramente vedrete “Una poltrona per due” tutto rinnovato, ben rimpinzato di riflessioni filosofiche e dati scientifici. Dalla sezione film e serie TV è tutto e vi auguriamo che l’espressione genica del vostro Natale sia più felice che mai! Non dimenticate di passare dalla sezione scienze per altre curiosità dal mondo naturale. Dopo il cenone però.
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