Per celebrare l’arrivo della seconda stagione della serie Netflix Suburra vogliamo provare a dare un’interpretazione diversa ai personaggi che stanno per tornare a conquistare le strade della capitale. Forse è tempo di re-watch?
Serie come Suburra di Netflix o Gomorra di Sky sono state soggette ad aspre critiche perché colpevoli di aver innalzato al ruolo di eroi personaggi che tutto sono, fuorché esempi da seguire. Ma il concetto di antieroe da decenni esiste nell’ambito della letteratura e della filosofia, pensiamo al prode Zeno Cosini che affronta il suo tabagismo, ma anche il professor Humbert alle prese con la sua Lolita. Anche lo stesso cinema è ricco di antieroi, protagonisti poco raccomandabili. Mi vengono immediatamente alla mente il sergente Hartman di Full Metal Jacket, il colonnello Kurtz di Apocalypse Now e i Drughi di Arancia Meccanica. Certo sono realtà molto diverse, ma non dimentichiamo che sempre e comunque abbiamo a che fare con esseri umani. Tentiamo quindi di scavare un po’ più a fondo per scovare ciò che il regista ha voluto dirci su Spadino, Aureliano, Emanuele e compagni andando oltre la pellaccia da coattoni, le sparatorie e gli intrighi criminali.
Netflix – Suburra: la ribellione
Cominciamo col tema più semplice e forse più scontato: Suburra è essenzialmente una storia di ribellione. Di figli che si sentono abbandonati da una famiglia mutilata. Tutti i protagonisti vivono un dramma familiare.
Emanuele ha perso la madre in tenera età e non vuole più concludere gli studi. Suo padre lo vorrebbe in polizia, ma lui preferisce dedicarsi ad attività di piccola criminalità come lo spaccio al dettaglio. Perché? Da quel che vediamo il padre lo lascia spesso solo per andare al lavoro. La mancanza di una figura materna e una paterna troppo assente lasciano Emanuele alla deriva nel mare della sua adolescenza. Naturalmente lui sceglierà la strada più semplice: i soldi facili, le feste, il fatto di avere un ruolo speciale in quel mondo lo attirano più che mai, senza che nessuno tenti di ri-trascinarlo a riva. Andiamo ancora più a fondo. Nel corso della storia, ad avvalorare la tesi di uno shock a causa della morte della madre, è anche il rapporto con Sara: l’ormai trito e ritrito tema dell’amore edipico, mai reciso da un normale sviluppo psicofisico, lo spinge tra le braccia di una donna più vecchia di lui, matura e sposata. E ancora oggi i registi ringraziano Freud.
Aureliano, anche lui orfano di madre, vive un rapporto diverso con il padre, in realtà l’esatto opposto: dove Emanuele era stato lasciato alla deriva, Aureliano è invece fortemente stretto in una morsa. Rimpiange la morte della madre perché si sente molto più vicino e simile a lei che al padre, il quale tenta di plasmarlo a sua immagine. Il che significa agli occhi di Aureliano disonorare tutto ciò che sua madre aveva riposto in lui, tradirla in qualche modo. Non può accettarlo e si sente quasi sollevato nel momento della morte del padre. Anche qui respiriamo un po’ di trama edipica: la separazione violenta dalla madre e la ribellione verso il padre che lo porterà sul trono criminale di Ostia. In realtà quello che Aureliano brama è comprensione e libertà. Per questo si innamora di Isabel – una prostituta – e decide di legarsi a lei. Capisce che è molto più simile a lui di chiunque altro, anche lei intrappolata da una vita che non le appartiene e costretta ad essere ciò che non vuole essere.
Aureliano e Isabel: storie diverse, ma esiti simili
Spadino completa il topos del trio. Sembra essere orfano di padre e per questo sottoposto all’autorità del fratello maggiore, cosa che il giovane non accetterà mai. Ma in particolare sembra oppresso dal forte attaccamento della sua famiglia alle arretrate tradizioni sociali. La sua vera natura non può manifestarsi, anzi viene crudelmente repressa. Il suo personaggio è stato infatti delineato con due personalità: la prima quella della vita in famiglia, costantemente arrabbiata, annoiata e scontrosa. La seconda, invece, fuori dalle mura domestiche che ci mostra un ragazzo giocherellone e rilassato, un adolescente qualsiasi insomma. Ritiene responsabili tutti i suoi parenti della sua sofferenza semplicemente perché aderiscono a quelle antiquate tradizioni che gli impediscono di essere sé stesso. Ma ora sorge il grande quesito: è nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero Spadino ha sviluppato la sua omosessualità in risposta alla scomparsa del padre per andare contro il fratello oppure già era insita in lui? Ovvero nasciamo già con un destino scritto oppure esso è duttile e cambia a seconda delle nostre esperienze? Non lo sappiamo, ma di certo questa condizione di emarginato che nasconde un grande animo ha reso Spadino una dei personaggi più amati della serie Suburra.
Netflix – Suburra: tutti possiamo essere criminali?
La serie Neflix Suburra ci catapulta in un mondo diverso dalla normalità di molti: il mondo criminale. Eppure ci immedesimiamo benissimo nei personaggi tant’è che ci fanno tenerezza, rabbia e perfino invidia. Nessuno di voi, ma proprio nessuno si è immaginato di vedersi faccia a faccia con Samurai in un autobus ad ascoltare la sua proposta? A prescindere da cosa avreste risposto, l’idea è molto eccitante no? Certo il tutto probabilmente è fortemente edulcorato e romanzato, ma in fondo… tutti ci abbiamo pensato almeno una volta guardando la serie: soldi facili, avventure, emozioni, potere.
Un personaggio in particolare è stato inserito nella serie per rappresentare proprio questo tema: il consigliere Cinaglia. Un uomo di solidi principi, politici e civili, con una bella famiglia. Una persona dalla grande morale – probabilmente migliore di molti di noi – cade nella trappola. All’inizio pensavo che la responsabilità fosse unicamente sua e della sua incapacità di mantenere saldi i suoi valori. Un semplice caso di egoismo che sovrasta il senso civico e la solidarietà. Ce ne sono tanti. Ma nel momento in cui la moglie gli fa quel discorso volto a sciogliere il suo evidente stato di contrasto interiore arriva l’epifania: Cinaglia è colpevole o vittima?
Un uomo impegna la sua vita per gli ideali in cui crede, un uomo retto e onesto che vuole il bene comune. Un grande uomo che meriterebbe un posto tra i leader è invece relegato in una commissione minore, a svolgere servizi di ordinaria amministrazione come il piano regolatore. Mentre invece personaggi molto meno meritevoli arrivano alle vette del partito. Abbiamo quindi un uomo deluso da tutto ciò in cui credeva che mette in dubbio i suoi valori, cosa del tutto comprensibile a questo punto. Allora di chi è la colpa? Del dottor Cinaglia o della società che continua a non riconoscere i valori veri? Questa non vuole essere una giustificazione per cedere alla lussuria del crimine, ma una semplice constatazione: forse se la nostra fosse più gusta e meritocratica allora ci sarebbero meno persone tentate di fare uso di mezzi illeciti. In altre parole se le siamo vicini a tante mele marce, se l’intero sistema è marcio, le probabilità di venire contaminati anche noi sono molto elevate.
Il Dottor Cinaglia combatte contro sé stesso una lotta tra morale e brama di potere
Netflix – Suburra: realtà o finzione?
Nel paragrafo precedente si dichiara apertamente che la storia raccontata in Suburra sicuramente è fortemente romanzata, non essendo un prodotto documentaristico. Tuttavia dopo l’uscita della serie alcuni fatti di cronaca riguardanti la mafia di Ostia porgono interessanti parallelismi. Nelle case degli arrestati sono stati trovati troni e arredamenti del tutto simili a quelli di casa Anacleti. Non so se gli scenografi della serie Netflix abbiamo avuto il privilegio di vedere da vicino questo questi luoghi quando ancora erano presidiati dai proprietari, ma ne dubito fortemente.
Si può quindi supporre che siano state le persone reali a prendere spunto da quello che lo schermo mostrava? In altre parole la finzione della televisione può trasporsi in realtà? Normalmente siamo convinti che esista solamente il processo inverso: la produzione audiovisiva prende spunto dalla realtà. Ma la commistione è binaria: vedere un vestito indossato da un’attrice, un luogo esotico, una macchina ci fa venire voglia di portarli nelle nostre vite reali.
Spadino e suo fratello nella loro villetta
E così i proiettili sparati non provengono tutti dalle pistole, ma ci colpiscono ugualmente dritti in testa. Non è forse bello vivere nell’universo magistralmente dipinto dai registi invece della nostra deludente vita da mortali? Nemmeno i boss della mafia sono immuni a questi proiettili stregati. Ci vengono proposte finte realtà alternative che noi rendiamo nostre. E allora la finzione diventa realtà in potenza pronta a concretizzarsi. Ed è proprio questo che spaventa di più di queste serie con protagonisti criminali. La finzione può diventare realtà, in bene e in male.
E poi diciamocelo: non è il crimine in sé che ci attira, ma la brama di soldi, di potere e di avventura. Ma non dimentichiamo che ci sono anche altri modi per placare la nostra sete. Siamo stati dotati di senso critico proprio per essere in grado di comprenderlo. Ed è nostro dovere, oltretutto, fornirlo anche ai più giovani. Perché non utilizzare proprio una di queste serie come esempio per elargire questo grande potere: la realtà è complessa e la finzione ne può mettere in luce solo una parte. Quindi non può diventare finzione. E questo in parte ci salva. Relega la finzione in uno spazio ristretto; eccitante, grandioso, ma che non può riempire le nostre esistenze. È bene ricordarlo, sempre. Anche i mafiosi di Ostia hanno trovato il grigio delle manette nonostante i loro troni dorati.
Alcuni sfarzosi oggetti ritrovati nelle ville dei criminali romani
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