Bentornati al nostro appuntamento settimanale con In the mood for East, rubrica interamente dedicata al cinema orientale. Oggi vi parliamo de La farfalla sul mirino di Seijun Suzuki
Vi trovate in un film di Tarantino. Siete in macchina, parte una colonna sonora cool, la violenza sta per esplodere. No, scusate. Siete in un film noir hollywoodiano degli anni Quaranta. Bianco e nero, come da tradizione. C’è odore di sesso, polvere da sparo, whisky e sigari come se piovesse. No, non va: potreste essere James Bond: licenza di uccidere, azione, pericolo e splendide donne al vostro fianco. Però, aspettate un attimo: ci sono gli occhi a mandorla. Trovato! Siete in un classico yakuza movie, come abbiamo fatto a non pensarci prima?
E invece no! Siete come ogni lunedì su In the mood for East, la nostra rubrica dedicata al cinema asiatico di tutti i tempi e di tutti i generi. Forse le coordinate vi hanno un po’ portati fuori strada, ma vedrete che una volta affrontato lo spiazzante film di oggi saprete riconoscere tutti gli elementi citati. Oggi ci soffermeremo su La farfalla sul mirino, film noir/gangster del 1967 diretto dal regista giapponese Seijun Suzuki. L’impatto che ha avuto – e che continua ad avere – quest’opera sulla cinematografia mondiale è realmente incredibile. La farfalla sul mirino prende e dà, cita ed è fonte di citazione (Park Chan-wook, Jim Jarmusch, Wong Kar-wai, Jhon Woo).
Seijun Suzuki, scomparso nel 2017, ebbe non pochi guai a causa del suo lavoro, arrivando addirittura a fare causa alla sua casa di produzione (la Nikkatsu, parte integrante della storia del cinema giapponese, fondata nel 1912), rea di averlo licenziato a causa dell’incredibile flop ottenuto, di critica e di pubblico. Quaranta film in undici anni non bastarono per salvarlo da quel fallimento. Il caso sollevato lo portò a diventare un regista politico, sia per intenti che per le vicende a lui correlate. Ci vorrà qualche decennio perché il film venga rivalutato non solo in patria, ma in tutto il mondo, facendo di Suzuki un vero e proprio eroe della controcultura. Ora siamo finalmente pronti a parlare di un’opera tanto discussa e singolare.
Trama e trailer | La farfalla sul mirino
Goro Hanada (Joe Shishido, attore che si fece addirittura rimpolpare le guance per apparire “un duro”) è un killer di professione, il numero 3 dell’organizzazione criminale di cui fa parte. Inflessibile, professionale, con un feticismo per l’odore del riso. Gli incarichi che deve portare a termine sono sempre impervi, ma mai quanto quello affidatogli da Misako (Annu Mari), donna misteriosa e ossessionata dalla morte, di cui si innamora. Il suo compito è infatti quello di uccidere uno sconosciuto che indaga sulle attività dell’organizzazione. Una farfalla posata sul mirino del suo fucile porterà però a un errore fatale.
Per il codice dei killer, questo errore dovrà essere pagato con la vita. Prima Hanada sarà minacciato dalle persone a lui più care, comprese sua moglie (Mariko Ogawa) e l’affascinante Misako, poi dovrà vedersela con “il fantasma” (Kôji Nanbara), l’assassino numero uno della banda.
Anarchia nel cinema di intrattenimento | La farfalla sul mirino
Credo che non esistano uno spazio e un tempo fissi in un film. […] Nei miei film, gli spazi e i luoghi cambiano. Ad esempio, in un’inquadratura ci sono due personaggi, e nel controcampo di uno dei due, quest’ultimo si trova in un luogo totalmente differente. Il film, tuttavia, non perde di senso. Inoltre, attraverso il montaggio il regista può modificare il tempo a suo piacimento. […]. Penso che questo sia il punto di forza del cinema d’intrattenimento. Si può fare tutto, nella misura in cui ciò renda il film interessante. Questa è la mia teoria della “grammatica del cinema”.
Quello di Suzuki è un cinema anarchico, nel vero senso della parola. Un cinema avanguardista, che vive di intuizioni, velocissimo, non precostituito. Suzuki parte dai b-movies e approda comunque a un cinema di genere, ma lo innesta di creatività e sovversione. Il noir francese e quello americano, ma anche lo yakuza movie, vengono presi in prestito per essere completamente annientati dalle sue mani sapienti e spregiudicate. In poche parole Suzuki li innalza con tutto ciò che rende il cinema vivo. Nel farlo, innalza se stesso ad autore di culto, nonostante la sua più volte conclamata poca ambizione a livello artistico.
Eppure trentaquattro anni più tardi, Suzuki presenta alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia il suo sequel. Pistol Opera dimostra come La farfalla sul mirino non fu solamente uno sprazzo di follia creativa nella carriera del suo autore. Suzuki si dimostra ancora una volta capace di creare un qualcosa di “alieno” rispetto a tutto il resto.
Il declino di un gangster | La farfalla sul mirino
Fa strano pensare come il destino del protagonista de La farfalla sul mirino si incroci con quello del suo creatore, entrambi destinati in un certo senso a un’involuzione. Il primo deve arrendersi alla morte imminente per un errore commesso, il secondo deve arrendersi alla fine della sua carriera (a Suzuki non fu permesso di girare per ben dieci anni) a causa di un film “sbagliato”. A discapito dell’insuccesso del film, in quel momento il linguaggio cinematografico e di un genere veniva completamente scardinato. Basti pensare al ruolo del gangster: il protagonista è inizialmente presentato come integro e ligio al dovere (anche se smorzato dalla sua peculiarità feticista), per poi subire un declino irreversibile, inebriato da alcool e sesso.
Tutto ci appare deformato e deformante: il jazz imperante, il bianco e nero che accarezza e rende taglienti i volti, le inquadrature ardite. Ma soprattutto il montaggio, che compie dei salti quasi sconclusionati (il film fu montato in appena ventiquattr’ore) rendendo gli eventi tutt’altro che lineari. E pensare che oggi il cinema pulp ne ha fatto una delle sue principali caratteristiche.
Surreale, forse troppo avanti per gli anni Sessanta, un’opera distorta e ardita.
Conclusioni
“Faccio film che non hanno senso.” Forse Suzuki era troppo impietoso nei suoi stessi confronti, forse nelle sue parole c’era un fondo di verità. Chissà. Ma aver influenzato una generazione di grandi cineasti significherà pur qualcosa. Così come ha influenzato un genere, quello dello yakuza movie, fino a sovvertirne completamente le regole. Da La farfalla sul mirino in poi, il cinema di Suzuki subì uno stravolgimento – e non solo a causa della sua pausa forzata. Lo stesso cinema giapponese stava subendo uno stravolgimento, così come il linguaggio cinematografico. E forse non è stata solo questione di fortuna. Vedere per credere.
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