Gli anni Sessanta e Settanta hanno contribuito a formare il mondo come lo vediamo al giorno d’oggi, cambiando politica, cultura e società, e Fritz il Gatto ne è il testimone come vedremo in questo speciale
TITOLO ORIGINALE: Fritz the Cat. GENERE: Satira. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: Ralph Bakshi. DURATA: 78 minuti. DISTRIBUTORE IN ITALIANO: Medusa Film. USCITA: 1972.
Anni di sicuro più roboanti ed elettrici. Il flower power esaltato da Woodstock era finito pochi anni prima ed il 1970, sempre per rimanere in tema musicale, si è subito contraddistinto per la fine ufficiale dei Beatles e la morte del mitico Jimi Hendrix. Ma mentre le note risuonavano in lungo ed in largo tra Europa e Stati Uniti, dall’altra parte del mondo, continuava un sanguinoso conflitto come la guerra del Vietnam.
Un periodo difficile dunque, pieno di rabbia e tensioni sociali, di “vittorie” del progresso in contrasto con la paura di un bombardamento atomico da parte degli USA o dell’URSS, di lotte operaie e squadrismo nero, insomma, un tempo particolarmente florido per l’arte del fumettista underground Robert Crumb che ha dato vita al felino di cui parleremo oggi.
La striscia a fumetti vedeva dunque come protagonista Fritz il Gatto, un felino antropomorfo che racchiudeva in sé tutti i vizi e le contraddizioni della società che lo circondava. Una feroce satira critica verso le “colonne portanti” del Sogno Americano, un sogno che ormai aveva preso le tinte dell’incubo, che il regista Ralph Bakshi ha deciso di portare nei cinema come suo primo lungometraggio.
Al contrario del suo “esperimento” con il rotoscope nella versione animata de Il Signore degli Anelli, questo film di Bakshi è realizzato in tecnica tradizionale, ma rimase comunque vietato ai minori di 18 anni. Perché? Vediamolo assieme!
La trama del cartone Fritz il Gatto | Gli imperdibili dell’animazione
Prima di cominciare va detto che qui non si ha proprio una trama, ma bensì una serie di folli eventi che hanno sempre come protagonista il nostro Fritz alle prese con sesso, droga e individui di qualunque tipo ed estrazione. Tutto volutamente fatto per criticare la società nelle sue molteplici sfaccettature.
Il film inizia con degli operai che, parodiando il famoso scatto Lunch atop a Skyscraper, discutono del più e del meno e di un certo Fritz mentre si prendono qualche minuto per la pausa pranzo. Il tempo di una pisciata giù dalla trave ed ecco che partono i titoli di testa.
New York anni Sessanta, è una bella giornata in questa città abitata da animali antropomorfi e Fritz il Gatto, assieme a due suoi compari, decide di recarsi al Washington Square Park per cantare delle canzoni alla chitarra e raggranellare così qualche spicciolo o, più volentieri, conoscere qualche bella ragazza di passaggio.
Il problema è che il posto è già pieno di hippie e chitarre perciò nessuno è in grado di sentire il trio suonare. Ad un certo punto passano tre belle ragazze, due cagnoline ed una gatta, e Fritz ha la “geniale” idea di fingere un malore facendo trapelare come sia un super dotato.
L’inganno funziona e Fritz riesce a portarle a casa di alcuni amici che si stanno rilassando con qualche droga “ricreativa”. Purtroppo anche lì tutto pare occupato ad eccezion fatta per il bagno che, sbam primo pugno in faccia del film, sarà teatro di un’orgia di gruppo. Un festino che verrà però interrotto da due agenti di polizia, qui rappresentati come dei maiali ignoranti e pronti a menare le mani ed a sfruttare il “potere” del distintivo, che non lesineranno manganellate ed ingiurie nei confronti di tutti i presenti.
Scatto, fuga e Fritz è subito in una sinagoga circondato da ebrei, qui dei vecchi leoni meditabondi, intenti a leggere i testi sacri ed a commentare gli esiti del conflitto tra arabi ed israeliani. Ma pronti a ballare in gruppo, con tanto di musica klezmer in sottofondo, non appena le cose volgono a loro favore.
Scampato per miracolo alla polizia, qui non sono proprio i più svegli, Fritz si ritrova con i suoi compagni di università, ma si rende conto che la vita lì è troppo intellettuale, filosofica e arida di stimoli per quanto riguarda la vera esistenza fatta di sesso e bisboccia. Così dà fuoco, più o meno per sbaglio, allo stabile e via verso un’altra avventura.
Dai quartieri di Harlem tra corvi attaccabrighe, prostitute “budellone” e Pantere Nere, quartieri che subiranno addirittura un bombardamento al napalm mentre Topolino, Paperino e Paperina censurati festeggiano sventolando la bandiera americana, fino all’arido deserto, Fritz farà degli incontri uno più sconvolgenti dell’altro.
Se ad Harlem scoppierà una violenta rivolta, Bakshi qui non si è risparmiato su sangue e budella, nel deserto Fritz incontrerà, dopo aver abbandonato la fidanzata con l’auto in panne, un coniglietto motociclista, eroinomane e pure nazista con intenti terroristici. Insomma, un gran bel delirio condito da una generosa porzione di droghe di ogni tipo per farsi flippare il cervello.
Bakshi VS Crumb | Gli imperdibili dell’animazione
Il cartone di Fritz il Gatto è partito da un budget di circa 700.000 dollari, ma è arrivato a guadagnarne ben 90 milioni per la gioia di Bakshi, ma non dell’autore originale Robert Crumb che si è sempre dichiarato contrario a come è stato “trattato” il suo personaggio nel lungometraggio. Infatti, nella striscia Fritz the Cat Superstar, il fumettista lo fa morire ucciso da uno struzzo e tanti saluti al Gatto.
Felino che, comunque, sfrutterà le sue molteplici vite alla faccia di Bakshi e Crumb perché, nel 1974, viene prodotto il sequel intitolato Le nove vite di Fritz il Gatto senza che nessuno dei due possa avere voce in capitolo.
L’originale venne comunque presentato al Festival di Cannes e trovò terreno fertile nella cultura beat ed alternativa degli Stati Uniti prima di arrivare in Europa e, di conseguenza, anche in Italia. Qui, ovviamente, è stato ulteriormente rivisitato, ma non temete perché ci arriviamo subito. Basta andare nel paragrafo qua sotto!
Fritz il Gatto, un cartone italiano? | Gli imperdibili dell’animazione
A parte il rimpallo tra versioni restaurate e ridoppiate, da Giancarlo Giannini si passa ad Oreste Lionello famoso per aver dato la voce a Woody Allen, la versione tricolore si distanzia dall’originale sia per alcune scelte di sceneggiatura che per lo scambio di battute.
Se Harlem ed i suoi corvi si trasforma in Little Italy, lo slang ed i riferimenti americani si trasformano in dialetti e stereotipi vari della Penisola che vanno da Nord a Sud, isole incluse. Ad esempio si potrà sentire citare Ornella Vanoni, la FIAT, il Festival di Caracalla e si canteranno anche degli stornelli vernacolari.
Il protagonista parla poi con un accento smaccatamente romano e, tutto attorno a lui, è un susseguirsi di parlate torinesi, milanesi, pugliesi, napoletane, siciliane e così via. Del resto, quale occasione migliore per prendere un po’ in giro Romeo il Gatto del Colosseo de Gli Aristogatti visto che era uscito da poco?
Certo, questo snatura un po’ il ritmo ed i messaggi del film ed è sempre consigliabile vedere la versione originale, ma si fa comunque guardare. Devo dire che, ogni tanto, il risultato finale ricordava molto i tempi comici e le battute dei cult anni Ottanta con attori come Renato Pozzetto, Lino Banfi, Carlo Verdone, Diego Abatantuono e così via.
I cartoni come critica sociale | Gli imperdibili dell’animazione
Il cartone di Fritz il Gatto è stato dunque un vero e proprio apripista per tutta l’animazione controcorrente che ha caratterizzato le decadi successive. Prodotti che, per quanto “innocenti” e “coccolosi” potessero sembrare, erano più corrosivi di un barile di acido rovesciato direttamente sul finto paradiso dell’American Dream.
Basterebbe citare solo i Simpson, South Park, i Griffin, Beavis and Butt-head, Daria, King of the Hill per farsi un’idea e “traghettarla” verso lidi più contemporanei con altre opere del calibro di BoJack Horseman o Rick and Morty per scoprire quanto la satira possa essere raffinata e comica oltre che sempreverde.
Se poi vogliamo rimanere in tema di fumetti e trasposizioni cinematografiche, allora, vi consiglio di reperire Paz! che riprende le opere del compianto Andrea Pazienza. Un fumettista estremamente prolifico e sfortunato che, tra i suoi personaggi, viene ricordato soprattutto per il carognosissimo Massimo Zanardi detto Zanna.
Conclusioni su Fritz il Gatto
Tra funky e psichedelia, nessuno viene risparmiato dalla satira della pellicola. Politica, sessualità, droghe, ideologie, stili di vita, cultura, tutto finisce nel mirino di una 44 magnum pronta a sparare più e più volte.
Un’atmosfera decisamente beat e davvero fuori di testa che, pur non avendo una trama precisa, ti fa comunque rimanere incollato per capire dove andrà a parare e come la situazione andrà, inevitabilmente, a peggiorare nella maniera più folle possibile.
Consigliato per gli amanti di pellicole come Arancia Meccanica e Paura e delirio a Las Vegas, il cartone di Fritz il Gatto risente un po’ del tempo, ma mantiene comunque una carica esplosiva di difficile eguaglio. Soprattutto per quegli anni!
Ovviamente, per respirare le atmosfere originali, è sempre consigliabile recuperare il fumetto, ma in attesa di questo rimanete su tuttoteK per scoprire altri tesori della celluloide. Per il momento io vi saluto e faccio un bel brindisi con il mio amico felino ballando sul mondo che brucia.
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