Quest’oggi andremo a discutere di Damien Chazelle, autore del pluripremiato La La Land ma anche di altri film eccezionali come Whiplash o First Man – il primo uomo
Tra i diversi registi emergenti che in pochi anni sono riusciti nell’impresa di conquistare pubblico e critica, sicuramente c’è Damien Chazelle. Al suo solo secondo film, Whiplash, il regista ottiene 3 premi Oscar mentre La La Land, come tutti sanno, sarà un tripudio di premi e applausi. Infine, con First Man, pur senza ottenere un gran successo al botteghino, il regista si ripete nel soddisfare i giudizi attenti dei critici. Allora qual è la “formula segreta” del regista? Il jazz, la regia autoriale oppure il grande risalto dato al tema dell’ossessione/passione? Probabilmente un po’ di tutto questo.
Andiamo quindi ad analizzare meglio questo giovane autore, capace in pochi film di raccontare le sue passioni, trasportare il suo modo di fare cinema ed emozionarci con storie realistiche ma anche un po’ sognanti.
Damien Chazelle: stile
Un primo grande segno stilistico che caratterizza Chazelle è l’utilizzo della camera a mano. Quest’ultima segue i personaggi sullo schermo standogli letteralmente col fiato sul collo, segue le loro sensazioni, le loro emozioni. Ecco quindi che troviamo un cinema quasi claustrofobico ma al tempo stesso intimista, dando grande risalto all’interpretazione dell’attore. Non a caso, il cineasta si è già dimostrato molto avvezzo ai toni drammatici e praticamente ogni sua opera è fortemente concentrata sul lato emozionale, che sia buono o cattivo. La camera a mano “attaccata” all’attore è evidente soprattutto in Whiplash, First Man (da poco disponibile su Amazon Prime Video) ma anche nella recente serie TV The Eddy (disponibile da Maggio su Netflix). Questa tecnica è invece meno utilizzata in La La Land ma non stupisce dato che parliamo di una storia dai toni più sognanti e comunque aderenti ai canoni tipici del musical.
Realtà, fantasie e nouvelle vague
Un altro elemento ricorrente è l’utilizzo dei piano-sequenza che ritroviamo in diversi punti dei suoi film. Emblematico, ormai, il prologo di La La Land, girato con grande perizia e ambizione. Il risultato è ovviamente straordinario, sia per gli occhi che per le orecchie. Piani-sequenza che però non vogliono solo farci divertire con gli occhi ma hanno ovviamente l’obbiettivo fondamentale di immergerci completamente nella realtà raccontata. Soprattutto se consideriamo questa tecnica assieme alla camera a mano, potremmo dire che il regista vuole farci sognare ma rimanendo coi piedi per terra. Ed infatti una tematica sempre presente nei suoi progetti è proprio questa dialettica tra realtà/fantasia, ovvero passione/ossessione.
In considerazione di quanto detto sopra, diverse volte Chazelle sembra prendere spunto dal movimento cinematografico della nouvelle vague. Anche questi autori, infatti, condividevano l’obbiettivo di una rappresentazione realistica della realtà che però andasse andasse anche a scavarla, alla ricerca della sua anima più pura. Questa riflessione la possiamo ritrovare non solo nel crudo Whiplash ma anche nel sognante La La Land: dalla scene ambientate al teatro dove si esibisce Mia (Emma Stone) allo struggente e denso finale.
Damien Chazelle: tematiche
Non potremmo parlare di Chazelle senza parlare della sua passione per il jazz e in generale per la musica dal vivo. A parte First Man, che in questo senso rappresenta un’ inaspettata eccezione, sia Whiplash, La La Land che The Eddy parlano esplicitamente di questo suo amore. Leggendo la biografia del regista, scopriamo, infatti, che da ragazzo mirava a diventare un batterista jazz ma poi, resosi conto della mancanza del talento necessario, abbandonò a favore del filmmaking. È bello quindi che questo autore sia riuscito non solo a caratterizzarsi con un suo stile ma abbia anche trasfuso le sue passione in due film di grande successo.
Una passione che diventa ossessione
La passione gioca quindi un ruolo importante nel cinema del regista di origini franco-canadesi e proprio per questo spesso si tramuta in una vera e propria ossessione. Pensiamo ad Armstrong, a Sebastian (Ryan Gosling) oppure a Mia…tutti personaggi che arrivano ad avere un rapporto ambivalente di amore/odio con la propria passione. Un’ambizione che al tempo stesso li anima ma li aliena anche dalla reltà più pratica, fatta di lavoro e famiglia.
Probabilmente il personaggio che meglio incarna questa considerazione è l’Andrew (Miles Telles) di Whiplash, dove il finale è emblematico nello spiegare questo concetto. Assistiamo infatti a un’ esibizione praticamente perfetta ma contemporaneamente disumana talmente è portata al limite. Sembra quasi che Chazelle voglia farci domandare se tutto il sacrificio richiesto dall’esigente professore di Andrew (J.K. Simmons) sia poi così necessario. La platea, infatti, più che entusiasmata sembra quasi incapace di comprendere la reale portata della performance; talmente perfetta da essere surreale e quasi fastidiosa.
Un dialogo tra ambizioni e dura realtà
Ovviamente questa grande passione toglie spazio ad elementi più concreti della vita, come i soldi o le relazioni. Una dicotomia ben spiegata sia in Whiplash che in La La Land e perfino nel biopic First Man. In particolare nel secondo, è meraviglioso il lavoro svolto per far sognare/intrattenere lo spettatotre, tipico obbiettivo di un musical, senza però mai distaccarlo completamente dalla realtà. In questo modo non solo si mantiene alta la “sospensione dell’incredulità”, ma si va anche a modernizzare il musical classico. Quest’ultimo elemento è proprio uno di quelli che hanno elevato il film a capolavoro, permettendo di farlo apprezzare anche a chi più detesta i musical di una volta.
Perfino nella serie TV The Eddy, il finale è esplicitamente sognatore anche se immerso in un contesto di piena realtà. Anzi, mentre La La Land porta avanti una storia emozionante e sognante ma si chiude con un finale tristemente reale, The Eddy fa esattamente l’opposto; ovvero porta avanti una storia cruda e realista ma si chiude in un modo magico. Un perfetto esempio per sintetizzare uno degli elementi più importanti che riguardano poetica del regista.
Damien Chazelle: conclusione
Possiamo quindi ora comprendere come ha fatto Chazelle a conquistare in così poco tempo l’Academy, diventando il cineasta più giovane di sempre a vincere il premio di miglior regia agli Oscar. Il suo cinema fatto di passioni, emozioni e un mix tra realismo/surrealismo è non solo perfetto; va infatti anche a colpire tematiche generalmente molto care ai membri votanti dell’Academy. Soprattutto lo scontro tra realtà e ambizioni è un elemento che permette di favorire grandemente l’empatia con la storia e il personaggio; e ciò a prescindere dalla passione trainante, che sia il jazz, la recitazione o l’esplorazione.
Il prossimo progetto del giovane autore sarà Babylon, un’opera ambientata ad Hollywood durante il periodo del passaggio tra il muto e il sonoro. Un film quindi che sembra già perfettamente nelle corde del cineasta e che vedrà tra i personaggi secondari, niente poco di meno che Emma Stone e Brad Pitt. Giunti quindi alla fine, vi diamo l’appuntamento alla prossima settimana, sempre qui su tuttoteK, per un altro speciale sui registi più importanti e promettenti del decennio appena trascorso.
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