Dopo ben sei stagioni arriva a conclusione la serie Better Call Saul, con il 13esimo episodio che ha chiuso un cerchio apertosi nel lontano 2010: in questo editoriale tiriamo le somme su questo fantastico Spin-Off di Breaking Bad
Era il 22 luglio 2010 quando abbiamo fatto la conoscenza di un eccentrico avvocato di nome Saul Goodman. Un nome che è tutto un programma, un guardaroba appariscente e una parlantina del tutto invidiabile hanno, nel corso delle stagioni di Breaking Bad, caratterizzato un personaggio che mai avremmo pensato di sentire, nel tempo, addirittura più vicino di Jessie o di Walter. Sono infatti passati molti anni e, se nel corso di Breaking Bad abbiamo visto semplicemente la “facciata” dell’avvocato del Cartello. Nello spin-off, invece, conosciamo, partendo dalle sue origini, Jimmy McGill (Bob Odenkirk), prima e dopo la trasformazione in Saul.
Better Call Saul, capolavoro narrativo | Spoiler Free zone
Per non far torto a nessuno divideremo questo articolo in due parti. Una prima parte è senza spoiler (tenendo a mente che ci saranno inevitabili riferimenti agli eventi di Breaking Bad e di El Camino), mentre tutto ciò che riguarda la serie Better Call Saul sarà ritenuto spoiler e lo potrete leggere più avanti. In questa parte non spoiler vi spiegheremo perché dovete assolutamente recuperare questa serie.
Partiamo dal dire che Better Call Saul non è a nostro avviso solo uno spin-off / prequel di Breaking Bad, ma qualcosa di più. Il protagonista, come dice il titolo della serie, è il nostro avvocato Saul Goodman, ma intorno a lui gravitano molti più personaggi e molti più eventi di quanto si potrebbe pensare avendo visto solo Breaking Bad. La serie è molto di più di una “biografia” dello stravagante (e straparlante) professionista, perché ci parla con un’ampia visuale degli eventi antecedenti alla transizione di Walter da professore di chimica a narcotrafficante Heisenberg, descrivendo come era il mondo legato ad Albuquerque e al traffico del Cartello prima del tornado portato da Breaking Bad. E non solo, arriva a chiudere l’arco narrativo oltre la fine della serie madre, rispondendo ad alcuni interrogativi.
Non solo uno spin-off
In Better Call Saul conosciamo il passato di Saul Goldman, gli apici e le vicissitudini della sua carriera e della sua vita personale e relazionale. Il rapporto travagliato e competitivo con il fratello, che in qualche modo influenza tutta la sua vita. La sua relazione con la collega Kim Wexler, che ne limita, almeno per un po’, la deriva. L’incontro con Mike, galeotto nel rapporto con il Cartello. In definitiva, cosa lo ha fatto diventare ciò che abbiamo conosciuto in Breaking Bad.
Assieme a Saul infatti scopriamo tutto il sottobosco di relazioni che gli gira intorno. Vediamo quindi personaggi come Mike (Jonathan Banks) e persino Gus Fring (Giancarlo Esposito) che pian piano si incastrano nella rete di “persone che conoscono un tizio che a sua volta conosce un tizio”. Vediamo altresì personaggi originali, sconosciuti a Breaking Bad e ai quali comunque è impossibile non affezionarsi. In questo contesto persino la storia di un galoppino narcotrafficante (Nacho Varga) risulta molto più complessa di quanto si potrebbe pensare.
Il bello di questa serie è che consente di trascorrere molto vicino a Saul immedesimandoci nel personaggio. Non c’è il muro che, mattone dopo mattone, si costruisce fra noi e Walter durante la sua metamorfosi in Heisenberg, bensì semplicemente un percorso, fatto di scelte umane che portano lo spettatore a fare introspezione in merito al senso delle proprie azioni. Tante riflessioni, tanta emotività, tutta alla diretta portata dello spettatore, tanto da rendere quello di Jimmy McGill uno dei personaggi più empatizzabili di sempre.
La marcia in più di Better Call Saul è infatti la capacità di far andare avanti la trama mantenendo un ottimo ritmo narrativo, in un meccanismo collaudato (e, se possibile, migliorato) da Breaking Bad. In tal senso la relativa lunghezza della serie è congeniale allo scopo di rendere sullo schermo una storia che solca i limiti temporali di quella da cui è nata. Accanto allo sviluppo armonico del racconto, poi, c’è anche un po’ di “Fan-service”, ma fatto bene. Non fine a se stesso, ma atto a spiegare tutti, o quasi, i misteri dei personaggi che compaiono in Breaking Bad e a rispondere alle domande che la serie originaria ha lasciato in sospeso. Motivazioni, azioni e circostanze che addirittura fanno rivedere con occhi diversi gli stessi eventi di Breaking Bad. Tutto perfettamente incastrato, nessuno vuoto di trama. Un prodotto che migliora puntata dopo puntata, una produzione di livello altissimo. Per cui non possiamo che consigliarvi di guardare Better Call Saul: non ve ne pentirete.
Better Call Saul, una separazione difficile | Spoiler zone
Da qui in poi, non ci riteniamo più responsabili di eventuali spoiler. Messo ciò in chiaro, il 16 agosto del 2022 abbiamo assistito alla fine di un’era. Dopo aver conosciuto Saul, conosciamo Gene e quindi Jimmy. La scelta, rimasta coerente in tutta la serie, di utilizzare il colore per il tempo passato ed il bianco e nero per il tempo presente ha dato molta forza narrativa a tutta la serie e messo sempre nel giusto mood lo spettatore. Ma andiamo con ordine, partiamo dall’inizio.
La serie parte senza voler strafare, ci mostra semplicemente Gene che ricorda il passato, e in modo un po’ malinconico prendono colore gli eventi del Saul che fu e cioè Jimmy McGill. Conosciamo la sua relazione con il fratello Chuck (Michael McKean), assistiamo a come ogni volta sia capace di mettersi nei casini andando ad intrecciare la sua vita con quella di Mike Ehrmantraut. Vediamo una serie di alti e bassi, una costante nella vita di Jimmy così come in quella di chiunque… ma per Jimmy arrivano sempre le conseguenze estreme delle azioni estreme. Conosciamo Kim (Rhea Seehorn), ex moglie di Saul, e vediamo l’evolvere di una relazione che a tratti diventa tossica per entrambi.
Il bello è proprio in queste oscillazioni costanti, con picchi altalenanti in una serie lunghissima di piccole/grandi tragedie: l’incontro con Tuco Salamanca, la radiazione temporanea dall’ordine degli avvocati, il suicidio di Chuck. Tragedie alle quali consegue una reazione molto umana, l’arte di arrangiarsi e di tirare ad andare avanti. Spesso facendo errori, che immancabilmente si pagano. A mano a mano che la serie va avanti assistiamo alle ripercussioni per le scelte fatte: inesorabilmente Jimmy lascia il posto a Saul.
Da Jimmy a Saul
Questa seconda fase della serie ci mostra anche l’evoluzione di tutto il contorno, ciò che avviene indirettamente ma sempre a causa di Saul. Assistiamo alla guerra dei Salamanca contro Gus, che culmina con la morte, per mano di Lalo Salamanca, di Howard Hamlin e la morte dello stesso Lalo ad opera di Gus. Una svolta perché dopo questi eventi Jimmy diventa definitivamente Saul, perdendo anche Kim e restano da solo. Ma questa storia, di come Jimmy sia diventato Saul, non viaggia da sola: al contempo nel presente (evidenziato dal bianco e nero) vediamo l’evoluzione di Gene, che però a mano a mano torna ad essere Saul. Passato e presente si confondono, la serie si incrocia con Breaking Bad, vediamo Saul incontrare Walter, e da lì lo scatenarsi del “tornado”.
Tantissima carne al fuoco, facilissimo a questo punto sbagliare. Ma non è questo il caso. L’ultimo episodio è uno dei migliori della storia delle serie TV. Magistrale in tutto. Gene è tornato ad essere Saul. E proprio Saul, messo davanti alla dura realtà e tutti i crimini commessi, da 180 anni di carcere arriva a negoziare fino ad ottenere solo 7 anni di pena da scontare in un carcere a sua scelta dotato persino di campo da golf. La serie poteva benissimo finire così, ma gli autori si sono spinti oltre. Terminando così il personaggio non si sarebbe redento e avremmo avuto un finale simile a quello di Breaking Bad. Jimmy, al contrario, non muore, è ancora lì ed ama ancora Kim. E proprio quando tutti ci saremmo aspettati l’arringa finale in cui Saul, potenzialmente, avrebbe potuto guadagnare ancora altri sconti sulla pena (al costo di mettere in maggior difficoltà Kim), torna a parlare Jimmy. E Jimmy ammette le colpe di Saul, non cerca più scorciatoie o sconti, ma vuole pagare la sua pena. Proprio questa redenzione finale, pagata a caro prezzo in nome dell’amore, rende Better Call Saul migliore di Breaking Bad.
Better Call Saul: applausi meritati
Nell’ultimo decennio Breaking Bad e tutto ciò che ne è derivato ha fatto qualcosa di unico. Ha creato un mondo che abbiamo potuto esplorare, ma soprattutto abbiamo potuto esplorare il lato oscuro dei suoi personaggi, e abbiamo visto il loro lato umano immedesimandoci nelle loro scelte e decisioni. Better Call Saul ha portato il tutto a un livello ancora più alto, rappresentando una delle migliori serie mai prodotte. Fare tutto ciò, chiudendo un ciclo narrativo al meglio poteva sembrare un’impresa titanica per Vince Gilligan e Peter Gould, ma è senza dubbio riuscito. Una qualità crescente, una cura dei dettagli maniacale, rappresentano un nuovo tetto da superare per tutte le serie TV.
Un finale del genere chiude la storia di Jimmy in modo definitivo senza farci vedere un “alieno” dal punto di vista morale, ma mostrandoci un uomo che alla fine si assume le sue responsabilità e le sue colpe. Tutto ciò ci lascia un grande vuoto, perché dopo 12 anni sarà dura andare avanti senza più il nostro avvocato preferito a raccontarsi, ma lascia allo stesso tempo un senso di completezza e soddisfacente chiusura che poche serie possono vantare.
Cerchi nuovi film e nuove serie tv da vedere? Scopri il nuovo abbonamento a Disney+, la casa dello streaming di Disney, Marvel, Pixar, Star Wars, National Geographic e ora anche di Star. Abbonati ora a soli 8,99 euro al mese su questa pagina.
Lascia un commento