Torna la nostra rubrica dedicata ai registi che più si sono fatti valere durante l’ultimo decennio. Oggi parleremo di Alice Rohrwacher autrice di film come Lazzaro Felice
Sorella della pluripremiata attrice Alba Rohrwacher, anche Alice Rohrwacher ha saputo creare un suo spazio all’interno del settore cinematografico. La regista fiesolana inizia la sua esperienza artistica con diversi documentari, elemento che ovviamente già ci fa intravedere la personalità di Alice. Non è infatti un caso che i suoi film successivi tratteranno determinato tematiche e avranno un preciso stile che va a richiamare proprio quello documentaristico. In particolare, le seguenti opere che permettono alla cineasta di farsi conoscere sono Corpo celeste (2011), Le Meraviglie (2014) e il recente Lazzaro Felice (2018). Tutte pluripremiate, soprattutto a Cannes, dove ormai Alice è sinonimo di qualità.
Andiamo quindi ad analizzare lo stile e la poetica di questa regista che con le sue opere fatte di realismo, concretezza e posia ha saputo conquistare buona parte della critica. In particolare considereremo Le Meraviglie e Lazzaro Felice, al momento rispettivamente disponibili su Rai Play e Netflix.
Alice Rohrwacher: stile
Partiamo dal dire che il cinema di Alice Rohrwacher, come quello di diversi autori, può non piacere ma non si può certamente dire che la cineasta non abbia un proprio stile e una propria identità. Uno stile che, ai tempi del cinema moderno fatto di sequenze dinamiche e ritmate, si rende ancora più evidente. Alice ama infatti un cinema lento, riflessivo dove le inquadrature tendono spesso ad essere dilungate, un po’ “imbabolate” come proprio a volte si comporta il personaggio di Lazzaro. Ciò si collega perfettamente a certe tematiche della regista, come un certo realismo magico, che approfondiremo dopo. Le inquadrature si fanno quindi cariche non tanto di significati e particolari simbologie ma piuttosto di poeticità, nel senso più puro del termine.
Un sole accecante
A ciò si aggiunge la fotografia della fidata D.o.P. francese Hélène Louvart, capace di regalarci momenti di nero pece durante la notte così come di luce solare accecante durante il giorno. Proprio ciò che si sperimenterebbe con una vita contadina e rurale. A rendere il tutto ancora più interesssante vi è poi la scelta di Alice, molto particolare, di girare tutto in pellicola 16mm. L’immagine che risulta è quindi molto granulosa, il che contribuisce in maniera impercettibile ma effettiva alle sue opere. È come se l’inquadrature nei campi polverosi diventassero ancora più “terrose”, oppure le sequenze ambientate nei casolari fatiscenti diventassero ancora più povere e umili. La pellicola insomma, seppur in costante declino, è sempre più utilizzata da diversi autori. E non solo registi affermati come Tarantino, Nolan o Scorsese ma anche giovani emergenti come i Fratelli Safdie o appunto Alice Rohrwacher.
Contrapposizione tra sogno e realtà
Il cinema della Rohrwacher, come dicevamo, è fatto di inquadrature sognanti e poetiche ma anche di realisticità e concretezza. Soprattutto ne “Le Meraviglie”, troviamo un notevole utilizzo di camera a mano e inquadrature ravvicinate che vanno a trasmettere proprio questa sensazione di vita faticosa e in un certo senso sempre al limite, sempre sul punto di scoppiare. Cosa che però non succederà mai grazie alla bontà d’animo e alla tenacia della famiglia di apicoltori. I primi piani ravvicinati li ritroveremo anche in Lazzaro Felice ma qui la storia si fa più sognante e mistica, ed ecco quindi che si lascia più spazio a riprese aeree, ad inquadrature ampie e a carrellate. In generale si può osservare anche un montaggio frenetico dedicato alla vita ordinaria/lavorativa, che si contrappone alle lunghe sequenze sognanti, menzionati precedentemente.
Alice Rohrwacher: tematiche
Parlando della poetica della regista fiesolana, è evidente come Alice prenda spunto dalla sua stessa vita. In particolare ne “Le Meraviglie” troviamo tante analogie con la vita vera della regista come il fatto di aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza in Umbria, oppure il fatto che il padre era un apicoltore di origine tedesca, così come nel film. Alice però non vuole considerare i suoi film come autobiografici. Semplicemente si tratta di spunti e tematiche che vuole farci sentire, proprio perché, avendole in parte vissute, queste sensazioni le conosce molto bene.
Storie semplice, vacue ma anche riflessive
Ecco quindi che abbiamo una particolare attenzione verso la vita nei campi a cui si collegano una miriade di tematiche, come l’industrializzazione agricola o il progressivo trasferimento dell’uomo dalla campagna alla città. Qui non ci soffermeremo sull’interpretazione dei singoli film, tuttavia si può notare come le sue opere non vadano mai a focalizzarsi su poche e nette argomentazioni. Piuttosto abbiamo diverse considerazioni che però sono sempre sussurrate, pronte ad essere accolte ed interpretate in diversi modi. Basti pensare all’ambiguità e vacuità del finale in Le Meraviglie, oppure al personaggio di Lazzaro e alle vicende che gli accadono.
Dalla campagna alla città
Non mancano comunque tematiche più preponderanti di altre, come la negazione di una visione “turistica”, spesso fin troppo idilliaca ed edulcorata, della vita agricola. Una visione che nasce proprio con l’urbanizzazione della seconda metà del ‘900 e che quindi si ricollega anche alla migrazione dai terreni alla città. Proprio in Lazzaro Felice la Rohrwacher sembra dichiararci che alla fine, nonostante tutto il progresso, certe differenze sociali continuano ad esistere. Differenze che non sono più evidenziate dalla rigida divisione in classi ma che comunque permangono in maniera più sottile ed ambigua.
Olmi e Fellini
Infine, Le Meraviglie e Lazzaro Felice non sarebbero state così apprezzate se non fosse stato per un certo realismo magico di felliniana memoria. Alle sequenze in cui quasi respiriamo la polvere dei campi ( tipiche di un certo cinema come quello del compianto Ermanno Olmi), si accompagnano pochi e bilanciati momenti di fantasia e misticismo. Non avremmo oltretutto scomodato Fellini se il cinema di Alice non contenesse anche momenti di grottesco come la presentatrice-fata, interpretata da Monica Bellucci. Infine a collegarci con un altro maestro del cinema, Ermanno Olmi, qui sopra menzionato, vi è la messa in scena e in particolare la scelta di utilizzare attori alle prime esperienze. Ovviamente non tutti, dato che troviamo anche interpretazioni di professionisti affermati come Nicoletta Braschi e la sorella Alba Rohrwacher.
Alice Rohrwacher: conclusione
Ecco quindi il cinema di Alice Rohrwacher, fatto di sudore, luce accecante, sguardi, candore e tenerezza. Uno stile che al giorno d’oggi diventa ancora più evidente e necessario, che richiama, come tanto cinema moderno, grandi autori del passato. In particolare, se non avete ancora avuto la possibilità di scoprire questa autrice, vi consigliamo di partire dalla sua ultima opera Lazzaro Felice, in cui è evidente anche una certa maturità dei mezzi cinematografici (oltre alla bellezza mozzafiato di certi paesaggi). In questo modo potrete gustarvi al meglio anche le sue altre opere, più “piccole”, ma comunque completamente connesse al suo stile e alla sua poetica.
Vi diamo quindi appuntamento alla prossima settimana, per un altro speciale dedicato ai registi più interessanti del decennio appena concluso.
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