The Experiment, pellicola tedesca del 2001, mette in scena l’esperimento carcerario di Stanford dagli esiti drammatici e inaspettati
TITOLO ORIGINALE: Das Experiment. GENERE: Drammatico. NAZIONE: Germania. REGIA: Oliver Hirschbiegel. CAST: Moritz Bleibtreu, Maren Eggert, Christian Berkel, Oliver Stokowski, Wotan Wilke Möhring, Justus von Dohnányi, Nicki von Tempelhoff, Timo Dierkes, Antoine Monot Jr., Edgar Selge, Andrea Sawatzki. DURATA: 119 min. DISTRIBUTORE: Nexø. USCITA CINEMA: 2001.
Prendi un gruppo di persone normali, in salute, di ceto medio. Dai ad alcuni il ruolo di guardia, ad altri il ruolo di carcerato. Metti addosso ai primi una divisa e rinchiudi in cella i secondi. Dopo quanti giorni pensi che impazziranno? Questo fu l’esperimento di Stanford del 1971. Dopo aver parlato de L’Onda, oggi vi racconto The Experiment.
Trama di The Experiment
Germania, il tassista ed ex reporter Tarek Fahd trova un annuncio sul giornale: si offrono 4000 marchi (circa 2000 euro) per un esperimento socio-psicologico. Chi verrà selezionato dovrà impersonare una guardia oppure un detenuto, casualmente, per due settimane. Pensando di ricavarne uno scoop, Tarek si iscrive all’esperimento e contatta il suo ex caporedattore per ottenere degli occhiali con telecamerina incorporata. Poco prima di entrare a far parte della sperimentazione, Tarek conosce Dora, con cui lega sentimentalmente.
Dopo alcuni test psico-attitudinali, Tarek e altri 19 uomini vengono scelti per l’esperimento. Il protagonista è uno dei 12 detenuti, contro 8 guardiani. Ai primi viene data una casacca: non dovranno mai più chiamarsi per nome, ma solo con il numero stampato sulla casacca (lui è il 77). Ai secondi una divisa con fischietto e manganello: i guardiani devono essere appellati come “signor agente di custodia”. Tutti sono entusiasti, allegri, pronti allo scherzo e non vedono l’ora di intascarsi il malloppo, dopotutto due settimane passano in fretta. L’esperimento prevede il continuo monitoraggio degli avvenimenti, il divieto assoluto di violenza (pena l’espulsione) e la necessità che le persone svolgano esattamente il proprio compito: le guardie devono farsi rispettare dai detenuti, che passano la maggior parte del tempo in celle da tre.
Una delle regole prevede la necessità di consumare completamente il pasto, ma il prigioniero Schütte (numero 82) si rifiuta di bere il latte poiché allergico. Tarek sfida l’autorità delle guardie bevendolo lui stesso. Al pasto successivo il secondino Eckert impone a Schütte di bere il latte, che ovviamente vomita subito. Il gruppo di carcerati condivide la punizione (flessioni) per solidarietà . Dopo solo 36 ore avviene la prima rivolta nel carcere e le guardie si fomentano a vicenda sulla necessità di mantenere il controllo, iniziando a mostrare segno di sadismo e crudeltà …
L’esperimento della prigione di Stanford
Nel 1971 il dottor Philip Zimbardo della Stanford University fu a capo di un esperimento psicologico: scelse 24 volontari, sani, di ceto medio, li divise in guardie e prigionieri e ne studiò i comportamenti.
L’esperimento voleva verificare la teoria della deindividuazione, che afferma che un individuo all’interno di un gruppo omogeneo perde autoconsapevolezza e autocontrollo. In questo caso l’assegnazione di divise identiche a tutte le guardie e a tutti i carcerati li deindividuava.
Risultati
Sin dal secondo giorno i detenuti mostrarono sintomi di violenza e inveivano contro le guardie. Queste approfittarono della loro condizione di superiorità per intimidirli e umiliarli, obbligandoli a cantare canzoni oscene, pulire latrine a mani nude, vietando loro di vuotare secchi pieni di feci. Al quinto giorno i prigionieri mostrarono seri disturbi emotivi e passività alle guardie, queste ultime dimostravano tutto il loro sadismo. L’esperimento fu interrotto.
Critiche
L’esperimento fu criticato per la sua metodologia non scientifica, per la scelta dei volontari (tutti maschi bianchi di ceto medio) e perché le guardie erano state appositamente istruite da Zimbardo a imporre il rispetto.
Opere derivate
L’esperimento di Stanford, affidabile o meno che fosse, ha ispirato numerose opere:
- nel cinema: La gabbia, di Carlo Tuzii del 1977; The Experiment – Cercasi cavie umane, di Oliver Hirschbiegel del 2001 (di cui parliamo nel presente articolo); The Experiment, remake statunitense di Paul Scheuring del 2010; Effetto Lucifero (The Stanford Prison Experiment), di Kyle Patrick Alvarez del 2015;
- nel teatro: Effetto Lucifero di Dario Merlini del 2010;
- nella letteratura: Black Box di Mario Giordano; Prigioni della mente. Relazioni di oppressione e resistenza di Adriano Zamperini; Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza di Salvatore Cianciabella;
- nella musica: Forever Jung di Caparezza.
Osservazioni su The Experiment
Naturalmente la pellicola non è totalmente fedele all’esperimento: questo durò 5 giorni, e la rivolta fu contenuta alla sola prigione, mentre nel film gli accadimenti precipitano. Col progredire della storia, il pubblico scende sempre più nell’inferno della crudeltà umana. Dalle nostre poltrone potremmo facilmente commentare “ma perché non la prendono come un gioco?”, tuttavia, a pensarci, gli interpreti delle guardie hanno l’obbligo di essere carcerieri che impongono le norme sui prigionieri. Non devono essere loro amici, e forse è la paura di perdere i soldi a ricordare loro di comportarsi correttamente -per l’esperimento-.
La pellicola è cruda e mostra la trasformazione di persone per bene, simpatiche e allegre, in sadici carcerieri e docili prigionieri. È un film affascinante ma non leggero, anche se alcune dinamiche solo facilmente intuibili per chi è avvezzo al genere drammatico.
Punti a favore
- Intenso
- Crudo
- Realistico
Punti a sfavore
- Per alcuni potrebbe essere troppo crudo
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