Ecco pronta per voi la recensione di Woman of the Photographs, film giapponese presentato in anteprima al Ravenna Nightmare Film Fest 2020. Un’opera perturbante ed ipnotica
TITOLO ORIGINALE: Woman of the Photographs. GENERE: commedia, horror, sentimentale. NAZIONE: Giappone. REGIA: Takeshi Kushida. CAST: Hideki Nagai, Itsuki Otaki, Toki Koinuma, Toshiaki Inomata. DURATA: 89 min. DATA DI PRESENTAZIONE: 31 Ottobre 2020.
Con questo recensione andremo a guardare una delle opere più attese del Nightamare Film Fest 2020, il film giapponese Woman of the Photographs, diretto dall’esordiente Takeshi Kushida. L’opera, già acclamata in diversi altri festival, si è rivelata un’ottima sorpresa, seppur con certe sbavature, totalmente giustificabili alla luce dell’inesperienza del regista. Andiamo a scoprirla meglio.
Prima di addentrarci nella recensione vogliamo però ricordare come il Ravenna Nightmare Film Fest sia, assieme al Trieste Science+Fiction, tra i più importanti appuntamenti italiani per il Cinema di genere Horror e Fantastico. In particolare questo festival si pone da diversi anni l’obbiettivo di indagare il “lato oscuro dell’arte cinematografica“. Perchè, come dice la scheda di presentazione del Ravenna Nightmare, “Il lato oscuro, se si guarda bene, è ovunque…”.
Trama | Recensione Woman of the Photographs
Kai (Hideki Nagai), fotografo misogino di mezza età e artista di ritocco, incontra Kyoko (Itsuki Otaki), una bellissima modella con una fastidiosissima cicatrice sul corpo. Sfruttando l’abilità di manipolazione digitale dell’uomo, Kyoko vorrebbe cancellare la cicatrice nelle sue fotografie e creare un corpo perfetto e impeccabile. Abbagliata dal suo nuovo look, è tuttavia esitante nel mostrare al mondo e ai suoi fan le fotografie, diverse dal suo vero sé, senza cicatrici e tutto il resto. Combattuta, cade nella confusione più disperata.
Un esordio promettente | Recensione Woman of the Photographs
Woman of the Photographs costituisce un perfetto esempio di esordio “promettente”. Il regista Takeshi Kushida confeziona un’opera perturbante ed ipnotica, perennemente sospesa in un’atmosfera surreale. Gli attori in scena non alzano mai la voce, i dialoghi sono sempre pacati, così come la fotografia si adagia su colori tenui. In particolare, la messa in scena è sempre molto luminosa ma appunta caratterizzata da sfumature leggere, mai forti.
A ciò combacia un ritmo lento, evidente soprattutto nella prima parte del film. Il risultato, per quanto riguarda queste fasi iniziali, è qualcosa di estremamente lento e curato, elemento che ovviamente potrebbe potrebbe scontentare alcuni spettatori. D’altronde un incipit di questo tipo si rivela poi necessario ad esprimere adeguatamente l’animo di Kai. Dopo alcuni traumi, l’uomo si è trasformato in un misogino sociopatico; non una persona “cattiva”, più semplicemente un uomo non più in grado di rapportarsi normalmente con le persone, in particolare con le donne.
Un rapporto atipico | Recensione Woman of the Photographs
Con Kyoko però si instaurerà una relazione speciale che porterà la coppia a una convivenza silenziosa e rispettosa. Il rapporto atipico che si crea viene quindi descritto con totale delicatezza, ben rappresentando le complicate psicologie dei due. Da una parte Kyoko, sempre più preda di dubbi e confusione sulla sua persona, dall’altra Kai, pauroso di qualsiasi contatto femminile. Kai, ormai, riesce a relazionarsi col sesso opposto solo tramite la sua fidata fotocamera, diventata strumento di protezione, oltre che mezzo professionale.
Kyoko invece è oggetto di momenti molto poetici, dove spesso il sogno si confonde con la realtà. Alcune sequenze con lei protagonista sono veramente degne di nota, tanto da costituire i momenti migliori di questa prima opera. Con il personaggio di Kyoko si introduce anche l’elemento di massima attualità del film: il rapporto tra social e persona fisica. Un tema ampissimo, in cui però il regista è bravo a districarsi, cercando di concentrarsi su poche ma fondamentali questioni; in particolare la differenza tra il “sé reale” e il “sé social“. Questioni che vengono affrontate in maniera mai banale, anche se alcune battute di sceneggiatura sembrano fin troppo simili ad aforismi confezionati.
Un’opera fortemente simbolica | Recensione Woman of the Photographs
Woman of the Photographs si riempe quindi di momenti simbolici e metaforici. In particolare, diverse inquadrature sono fisse su specchi, emblema della “società dell’apparire”. Specchi che però rappresentano anche ciò che siamo realmente, costituendo quindi un oggetto da evitare per coloro che ritoccano assiduamente le proprie foto. Altra metafora importante sta nella figura della mantide religiosa; in questo caso però l’elemento simbolico, seppur di difficile interpretazione, è fin troppo presente. Da menzionare poi alcune scelte registiche particolari; basti pensare alla sequenza dove Kyoko, un suo amico e Kai si trovano per cenare insieme. La mdp, in questo caso, continua ad ondulare tra Kyoko e gli altri due, proprio per evidenziare la solitudine (compresa la difficoltà nelle relazioni) del fotografo.
Un’epilogo giusto ma repentino | Recensione Woman of the Photographs
Infine, la parte finale, caratterizzata da un ritmo più alto, è al tempo stesso una delle parti migliori e peggiori del film. Se infatti la sequenza relativa alla confusione di Kyoko è totalmente ipnotica e perturbante, il successivo finale sembra fin troppo semplicistico. Abbiamo infatti un cambiamento abbastanza repentino nei pensieri dei protagonisti, elemento che manca di una certa realisticità. Se infatti Woman of the Photographs si presenta come un’opera a metà strada tra sogno e realtà, al tempo stesso viene data una certa importanza agli elementi “reali”. Tantissime le sequenze in cui suoni quotidiani (del mangiare, del bere, della penna che scorre…) vengono messi ben in evidenza (ciò ovviamente si nota anche per la scarsa presenza di colonna sonora esterna)
Conclusione
Concludiamo questa recensione dicendo che Woman of the Photographs costituisce sicuramente un’ottimo esordio per il regista Takeshi Kushida. Una personalità da tenere d’occhio e che infatti è già stata lodata in altri festival. Meriti vanno dati anche al cast in grado di regalarci una grande interpretazione, sicuramente atipica rispetto ai film “occidentali” a cui siamo abituati. Una volta spente le luci, questo film vi lascerà in un’intrigante stato di romantica inquietudine.
Punti a favore
- confezione tecnica
- momenti simbolici di alto cinema
- Ottima interpretazione
- Lascia una bellissima sensazione di incubo, sogno e realtà
Punti a sfavore
- Ritmo che potrebbe sembrare fin troppo lento nella prima parte
- Nel finale un cambiamento fin troppo meccanico
- Insistenza sulle metafore a volte eccessiva
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