Vi proponiamo la nostra recensione de Gli spiriti dell’isola, film complicato ma ricco di significati, da poco disponibile sul catalogo di Disney+
TITOLO ORIGINALE: The Banshees of Inisherin. GENERE: Drammatico. NAZIONE: Irlanda, UK, USA. REGIA: Martin McDonagh. CAST: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Pat Shortt, Gary Lydon, Sheila Flitton, Jon Kenny, David Pearse, Aaron Monaghan. DURATA: 114 minuti. DISTRIBUTORE: Walt Disney Studios. USCITA AL CINEMA: 21/10/2022.
Se avete visto Gli spiriti dell’isola potrete convenire che si tratta di un film complicato, e quindi in questa recensione proveremo a fare un po’ di chiarezza e a suggerire delle interpretazioni alle allegorie dalle quali è tempestata la proiezione. Il nuovo straordinario lavoro di Martin McDonagh fa infatti seguito al grande successo di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri e segna il ritorno del pluripremiato commediografo, regista e sceneggiatore britannico-irlandese sul grande schermo con un altro film di eccellente qualità. Non a caso il film, presentato al Festival di Venezia, è stato candidato a 9 premi Oscar (anche se rimasto a bocca asciutta durante la cerimonia) e ha vinto ben 3 Golden Globe. Nel cast la coppia di attori Colin Farrell (The Batman) e Brendan Gleeson (la saga di Harry Potter), che aveva già incontrato il regista McDonagh nel grottesco In Bruges nel 2008. Allo stesso modo Gli spiriti dell’isola è un dramma grottesco con venature di commedia, che dalla premisi di una storia di amicizia infranta lascia scorrere una lunga serie di simboli e metafore che spaziano nell’Irlanda di inizio novecento.
Sul mercato italiano Gli spiriti dell’isola è stato distribuito nei cinema dal 2 febbraio 2023 e, successivamente, è stato reso disponibile in streaming su Disney+ dalla fine di marzo. Prima di addentrarci nella recensione de Gli spiriti dell’isola vogliamo darvi un piccolo consiglio: vedere il film in lingua originale, magari sottotitolata, permetterà una immersione ancora maggiore in questa bizzarra storia.
Trama e trailer | Recensione Gli spiriti dell’isola
Siamo nel 1923, sull’immaginaria isola di Inisherin (letteralmente «isola irlandese») al largo della costa occidentale dell’Irlanda. Il mansueto allevatore Pádraic Súilleabháin (Colin Farrell) rimane sconvolto quando scopre che il suo migliore amico, l’inquieto Colm Doherty (Brendan Gleeson), ha deciso, di punto in bianco, di non volerne più sapere di lui. Pádraic, confuso e devastato, tenta goffamente di ricucire un rapporto intorno al quale gira praticamente tutta la sua vita, ma Colm è irremovibile.
Alla base dell’ostilità non sembra esserci alcuna logica spiegazione: l’uomo riferisce al suo ex amico che semplicemente non gli sta più a genio, e che vorrebbe dedicare la sua vita ad altro rispetto alle loro chiacchierate. In particolare alla musica, sua grande passione che coltiva suonando (e insegnando) violino. A nulla servono i tentativi di rappacificazione da parte di Siobhan (Kerry Condon), sorella di Pádraic, e di Dominic (Barry Keoghan), ragazzo semplice e figlio del poliziotto del villaggio. La decisione, apparentemente insignificante, propaga in realtà il caos nella piccola comunità, in particolare quando Colm decide di minacciare Pádraic con uno scioccante ultimatum: ogni volta che lo infastidirà o proverà anche solo a parlargli, si taglierà un dito dalla mano con la quale suona il violino.
Una costruzione teatrale | Recensione gli spiriti dell’isola
L’architettura narrativa de Gli Spiriti dell’Isola mostra una costruzione in atti secondo lo schema tipico teatrale della tragedia. Una tragedia in cui sopravvive sempre una sorta di non-sense delle azioni e delle intenzioni. La premessa estremamente semplice e lineare, che sì dà una idea di rottura nella vita di una persona ma sembra non destinata e essere presa sul serio e ad avere effetti duraturi. Un intreccio che però mostra che anche un misero evento può portare a conseguenze catastrofiche nel giusto contesto. Una conclusione sempre più drammatica nonostante incredibilmente grottesca.
Il film è in realtà nella mente di McDonagh da trent’anni, quando non a caso l’acclamato regista era un autore teatrale che ancora non aveva conosciuto il cinema. Il che si vede non solo nella caratterizzazione dei personaggi, tutti straordinari, ma anche nella stessa premessa che fa perno su uno dei quattro tipi di amore che una persona può provare per un’altra, ossia l’amicizia, in quella che potrebbe essere una rappresentazione greca. Naturalmente Gli Spiriti dell’Isola è molto di più di un dramma esistenziale sull’intimità spezzata. Piuttosto, è un manifesto universale sugli archetipi umani, con dolorosi parallelismi tra due uomini semplici (per istruzione e per estrazione sociale) e degli interi popoli, e con numerosi interrogativi sulla genesi del conflitto. Il tutto contornato da un immenso simbolismo che, ancora una volta, richiama le rappresentazioni teatrali tradizionali.
Le origini del caos | Recensione Gli spiriti dell’isola
Il punto focale di Gli Spiriti dell’Isola, cioè la decisione di Colm di mettere fine alla sua amicizia con Pádraic, non ha conseguenze solo per quest’ultimo ma è un avvenimento straordinario che rompe l’equilibrio dell’intera isola, come se tutti i ruoli precostituiti fossero messi fuori posto. A fare i conti con l’amicizia infranta, infatti, sono anche altri due personaggi. Lo “scemo del villaggio” Dominic, che impara a cercare la propria indipendenza proprio grazie ai confronti con Pádraic, e la sorella di quest’ultimo Siobhán, che si ritrova a dover badare ad un fratello a cui è caduto il mondo addosso, riflettendo sul rinunciare al suo sogno di emanciparsi attraverso la sua passione per i libri e la letteratura e che alla fine sarà l’unico personaggio a uscire di scena positivamente, pur dovendolo fare andando letteralmente incontro alla guerra.
La guerra civile irlandese è infatti lo sfondo che permea tutta la proiezione. Stranamente non coinvolge mai la piccola isola con i suoi piccoli problemi, nonostante si trovi appena al di là di una piccola lingua di mare. La guerra civile è ben visibile, si vede e si sente dall’isola, eppure non spaventa i concittadini del piccolo villaggio che proseguono nelle loro vite normalmente. Però non può sfuggire il parallelismo tra la lotta sfrenata e totalmente autodistruttiva dei due amici e il conflitto tra popoli della stessa nazione che combattono una guerra di altri. «Perché sta succedendo? Non era meglio quando combattevamo insieme?» si chiedono due astanti del pub di Inisherin mentre leggono un quotidiano con le ultime notizie dall’Irlanda trucidata dal conflitto. La rottura tra Colm e Pádraic, tanto improvvisa quanto irrazionale, mette in scena proprio questa insensatezza che divide chi aveva un legame apparentemente insolubile.
Conclusioni
Degno di nota, alla fine di questa recensione de Gli spiriti dell’isola, è il modo in cui il regista decide di trasporre icasticamente il tema della natura profondamente autolesionista di un conflitto fratricida. Il paradosso delle dita tagliate è l’immagine di questo gioco in cui tutti perdono: Colm, tagliandosi le dita, si priverà della possibilità di dedicarsi al violino pur di tener lontano l’amico che lo distraeva, appunto, dal suonare mentre Pádraic finirà per danneggiare irrimediabilmente l’uomo di cui voleva solo il bene. Lo stesso movente, evidentemente velleitario, di Colm, ossia fare una musica che gli sopravviva, è una allegoria delle roboanti promesse che i potenti hanno sempre strumentalizzato per portare i popoli a uccidersi reciprocamente in guerra. Ed ulteriormente le persone e gli animali che ne fanno le spese, vittime innocenti di un conflitto voluto da altri. In questo film, infine, non manca nemmeno un riferimento alla magia e al folklore legato alle origini del regista, quello delle banshee citate nel titolo che si aggirano per i desolati paesaggi irlandesi presagendo il destino e la morte con i loro lamenti.
Punti a favore
- Lo splendido scenario irlandese
- L'ottimo intreccio, drammatico e grottesco
Punti a sfavore
- Ritmo lento, anche se inevitabilmente
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