L’apparenza delle cose si aggiunge ai prodotti a metà fra thriller e horror disponibili nel catalogo Netflix: ecco la nostra recensione
TITOLO ORIGINALE: Things heard & seen. GENERE: thriller, horror. NAZIONE: Stati Uniti. REGIA: Robert Pulcini, Shari Springer Berman. CAST: Amanda Seyfried, James Norton, Rhea Seehorn, Alex Neustaedter, Natalia Dyer, F. Murray Abraham. DURATA: 121 minuti. DISTRIBUZIONE: Netflix. USCITA: 29 aprile 2021.
L’affascinante mix fra thriller e horror si rivela spesso una carta vincente, capace di attirare le attenzioni dello spettatore alla ricerca di emozioni forti. La regina dello streaming Netflix ha deciso ultimamente di puntare molto su questo genere, soprattutto per quanto riguarda i suoi film originali. L’apparenza delle cose, sbarcato sulla piattaforma il 29 aprile 2021, diventa quindi un altro esperimento per sfruttare le potenzialità di un genere che si serve delle paure e della psicologia dell’essere umano.
Il lungometraggio diretto da Robert Pulcini e Shari Springer Berman, coppia sul lavoro e nella vita, è tratto dal romanzo All Things Cease to Appear di Elizabeth Brundage. Lo spunto de L’apparenza delle cose è sicuramente interessante, anche se ricalcato da tante e più fortunate opere precedenti. Sarà riuscito il nuovo film originale Netflix a inquietarci e lasciare il segno? Scopriamolo subito nella nostra recensione.
Trama e trailer | Recensione L’apparenza delle cose
Anni Ottanta. Catherine (Amanda Seyfried) è una giovane restauratrice sposata con l’affascinante George (James Norton), dal quale ha avuto una figlia, Franny. Quando lui ottiene la tanto desiderata cattedra in storia dell’arte nel college di Chosen, sperduto villaggio nello stato di New York, la famiglia è costretta a seguire le sue aspirazioni e trasferirsi definitivamente. Questo cambiamento non sarà semplice per Catherine, costretta a lasciare il lavoro dei suoi sogni e già di per sé insicura e soggetta a gravi problemi alimentari.
Una volta trasferiti nella nuova casa, cominceranno ad accadere fatti strani. Piano piano Catherine inizierà ad aprire gli occhi, soprattutto nei riguardi dell’uomo che le è sempre stato accanto.
Un mix poco riuscito | Recensione L’apparenza delle cose
Spesso trasporre una storia dalle pagine di un libro a uno schermo non è così semplice. La leggiamo, la viviamo nella nostra mente, e ci diciamo che sarebbe perfetta vederla riprodotta al cinema. Magari ha tutte le carte in regola, ma qualcosa va storto. Effettivamente è quello che accade con All Things Cease to Appear, romanzo di Elizabeth Brundage acclamato nientemeno che dal maestro del terrore Stephen King. Un buon punto di partenza non riesce però a soddisfare le aspettative che ci eravamo creati, per una serie di motivi.
Nonostante le due ore di durata, L’apparenza delle cose non riesce a sfruttare in maniera adeguata le dinamiche di una storia che aveva tutti i numeri per provocare tensione e angoscia nello spettatore. Thriller, horror e dramma familiare si fondono ad un contesto paranormale, senza però amalgamarsi realmente tra loro. In fin dei conti non proviamo mai davvero tensione, né paura, soprattutto perché sin dal principio riusciamo a prevedere perfettamente cosa accadrà in seguito. Pensate alla costruzione dei primissimi cinque minuti del film. Pochissime scene bastano per palesare quali saranno le dinamiche con cui ci dovremo confrontare da lì in poi. Un matrimonio non esattamente felice, una moglie insoddisfatta che sfoga le sue afflizioni nel rapporto con il cibo, una coppia che probabilmente non esisterebbe se non ci fosse un figlio di mezzo.
Identità mal celate | Recensione L’apparenza delle cose
Allo spettatore non è mai richiesta un’intuizione, una riflessione in più, anche a causa di una regia di stampo televisivo che toglie pathos all’intera vicenda. I continui movimenti di macchina – quasi diventati un marchio di fabbrica nei prodotti Netflix di un certo tipo – non fanno che asfissiare gli avvenimenti e gli stessi personaggi. Il montaggio non aiuta, con un inizio in medias res che toglie intrigo alla vicenda e un’eccessiva volontà di “spiegare” cosa accade, portando per forza di cose ad un mancato coinvolgimento.
L’apparenza delle cose tenta di attingere a piene mani dai topoi del cinema horror. Un trasferimento, una nuova vita, problemi familiari, una casa “macchiata” da orrendi fatti, spiriti legati ai luoghi, il male che cerca di vincere sul bene. Una miriade di film horror partono dal medesimo punto di partenza, ma questa volta non si riesce ad arrivare ai risultati sperati. La virata sulla spiritualità poteva rivelarsi un appiglio per dare carattere alla storia, ma nei fatti rimane sospesa, come i fantasmi che popolano la vecchia villa abitata da famiglie destinate all’infelicità .
Conclusioni
Se il film prosegue per tutto il tempo in acque piuttosto piatte, nel finale troviamo invece un cambio di rotta. Purtroppo però è proprio questo finale a far abbassare ancora di più il livello: la chiusura della vicenda si arena in qualcosa di insensato e – lasciatecelo dire – un po’ kitsch. Gli effetti speciali non si dimostrano all’altezza, estraniando ancora di più lo spettatore dalla vicenda.
Gli attori protagonisti fanno il possibile, e sicuramente non ci sentiamo di bocciare né lo sguardo allucinato di Amanda Seyfried né la luciferina inquietudine di James Norton. Il problema è che mancano delle basi solide a incorniciare la vicenda. La regia non riesce a sottolineare i passaggi importanti, lasciando tutto sulla medesima piattezza narrativa. Eppure sulla carta questa storia imperniata di segreti, bugie e spiriti benevoli poteva funzionare, e qualche giusta intuizione poteva farci ben sperare.
Voi lo avete visto? Siete d’accordo con la nostra recensione de L’apparenza delle cose? Fatecelo sapere con un commento e continuate a seguirci su questa pagina, con nuove recensioni di film e serie TV ogni settimana!
Punti a favore
- Spunto di partenza interessante
- Amanda Seyfried
Punti a sfavore
- Sceneggiatura fin troppo prevedibile
- Regia "televisiva"
- Il finale
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