Alice in Borderland è tornata, con una stagione in grado di mixare momenti di adrenalina, a scene di riflessione, ecco la nostra recensione
TITOLO ORIGINALE: 今際の国のアリス Imawa no kuni no Arisu. GENERE: survival game. NAZIONE: Giappone. REGIA: Shinsuke Sato. CAST: Kento Yamazaki, Tao Tsuchiya, Nijirô Murakami, Aya Asahina, Sho Aoyagi, Ayaka Miyoshi, Dori Sakurada, Riisa Naka, Tomohisa Yamashita, Tsuyoshi Abe, Yutaro Watanabe. DURATA: 8 episodi di circa 60 minuti. DISTRIBUTORE: Netflix. USCITA STREAMING: 22 dicembre 2022
Il 22 dicembre, Netflix ha pubblicato, dopo ben 2 anni di attesa, la seconda stagione di una delle serie giapponesi più amate degli ultimi anni, Alice in Borderland. I fan hanno avuto davvero tanta pazienza nell’attendere le nuove puntate, uscite tutte in blocco sulla piattaforma, e che in molti si sono divorati, fino all’inesorabile fine, ansiosi di scoprire chi si celava dietro i crudeli game.
Come per la prima stagione (qui la nostra recensione), anche la seconda non ha deluso gli spettatori, entusiasti di tornare a rivivere, con il fiato sospeso, le avventure di Arisu e dei suoi compagni.
La trama | Recensione Alice in Borderland
Dopo essere finito, non si sa come, in una Tokyo deserta, Arisu, un ragazzo nullafacente, si ritrova costretto, con i suoi due migliori amici, Karube e Chota, a partecipare ad una serie di game. Ogni sfida è rappresentata da una carta da gioco, il cui seme ne indica la tipologia (fisica, psicologica, di squadra o di intelligenza), mentre il numero, la difficoltà. Il premio in caso di vincita? Un visto della durata di alcuni giorni, che permette di rimanere in vita, fino a che non si è costretti a partecipare ad un nuovo game, per ottenerne un altro. Pena per una sconfitta? La morte. Convinto nel voler cercare delle risposte, ritroveremo Arisu nella seconda stagione, stavolta intento a giocare al livello successivo, quello che coinvolgono le figure, ossia re, fanti e regine. Riuscirà il ragazzo, insieme ai suoi malcapitati compagni di avventura a sconfiggerli e (forse) tornare nel mondo reale?
La seconda stagione riprende là, dove si era fermata la prima, le avventure raccontate nel manga scritto e disegnato da Haro Aso. Come preannunciato, anche le nuove puntate risultano essere un ottimo adattamento al fumetto. Sono in molti infatti a sostenere che Alice in Borderland sia uno dei migliori live action in circolazione. Questo grazie alla capacità di rappresentare i fatti narrati, riproponendo tratti tipici dello stile manga, ma senza strafare. Così personaggi dall’aspetto singolare, o dal comportamento marcato, portano lo spettatore a puntare l’occhio su di loro, ma senza percepirli troppo fuori luogo, anzi, facendo della loro estetica un punto di forza, oltre che uno strumento per esprimere il proprio stato d’animo.
Last Boss, un hikikomori che ripudia il mondo in cui è cresciuto. Trova nuova linfa vitale a Borderland, tanto da riempirsi il corpo di tatuaggi, a simboleggiare il rifiuto di tornare nel mondo reale, dove sono mal visti.
Tra azione e riflessione | Recensione Alice in Borderland
I giochi sono rimasti avvincenti. Sebbene sia chiaro che portare 12 game sullo schermo (uno per ogni figura), non sarebbe stato possibile, spiace un po’ non averli visti trasposti tutti. Per portare in scena quelli più avvincenti, è stato necessario dividere le strade dei personaggi, rendendo la storia un po’ più corale rispetto alla prima stagione. Nelle nuove puntate, game di pura azione si alternano ad altri d’intelligenza, comportando un continuo passaggio da scene adrenaliniche, a scene meno concitate, ma in grado comunque di tenere alta la tensione. Nota di merito va ai game d’astuzia, che hanno per protagonista il misterioso Chishiya che (ancora una volta) è in grado di rubare la scena agli altri personaggi, protagonista compreso.
Senza dubbio questa è una stagione che si prende i suoi tempi, soprattutto nel finale. Gli stessi game non sono più solo semplice spettacolo, ma un ulteriore mezzo per presentare tematiche molto profonde della natura umana. Anche i game master sono sfruttati per questo scopo, tanto da essere proprio loro ad innescare riflessioni. Sebbene sia una serie distopica, essa permette quindi allo spettatore di riflettere assieme ai personaggi su temi molto profondi; uno fra tutti, il valore e il senso della vita umana, che viene riproposto molte volte all’interno della serie. Questo tema centrale porta con sé ulteriori questioni che vengono sviscerate man mano che si procede. Tra questi: il valore del gioco di squadra, la fiducia riposta negli altri, la speranza e l’ingiustizia sociale. Insomma tutt’altro che temi superficiali.
Sviluppo e plot armor dei personaggi
Piccola nota dolente è la pesante plot armor che sembra non volersi staccare da alcuni dei personaggi principali. Sebbene la questione possa essere, almeno in parte, giustificata nel finale, questa continua capacità di sopravvivere anche dopo aver subito accoltellate e colpi di arma da fuoco multiple, porta lo spettatore a perdere quel senso di ansia e apprensione presente nella prima stagione, non reputando mai i personaggi davvero in pericolo.
Un’altro piccolo appunto di demerito, riguarda lo sviluppo dei personaggi, spesso fatti tornare senza un valido motivo e senza che scaturisca alcun tipo di evoluzione in loro, tradendo un po’ l’aspettativa che nel tempo ci siamo fatti riguardo alcune storyline. La sensazione che alcune dinamiche non siano state trattate come in molti si aspettavano, c’è. Tra questi, il conflitto che maggiormente ne ha risentito è probabilmente quello fra Niragi e Chishiya. Questione relegata a pochi minuti finali, attraverso una conclusione troppo rapida per un personaggio, come quello di Niragi, che si è mosso nelle retrovie per tutta la stagione. Al contrario, non esasperare eccessivamente la love story tra Arisu e Usagi sembra essere stata un’arma vincente. Del resto, riprendendo una citazione di Giovanni, dell’iconico trio: “Siamo qui per un altro motivo“. Se da una parte inoltre, viene dato ulteriore spazio a personaggi le cui storie sono già conosciute, come Usagi, in altri casi forse sarebbe stato necessario un maggiore approfondimento. Uno fra tutti, la Regina di Cuori.
Mira, la Regina di Cuori
Un finale di stagione che divide
Resta ancora da discutere il finale. La conclusione della serie ha infatti spaccato a metà il pubblico, tra chi lo ha ritenuto scontato, banale e privo di senso e chi invece lo ha descritto come la giusta conclusione, fedele alla versione originale. Certo, un finale simile potrebbe essere difficile da digerire per coloro che fino all’ultimo si sono commossi nel seguire le storie di amicizia nate in quel mondo distopico. Ma la serie ci aveva già ben abituato che non tutto va come previsto. Più comprensibile è invece l’idea di chi storce il naso nello scoprire il motivo per cui Arisu e gli altri sono stati catapultati in un’altra Tokyo. Una soluzione forse un po’ banale e poco credibile, ma che riesce comunque a trasmettere pathos ed emozione, nel capire, dopo ben 2 anni, cosa è realmente accaduto ai protagonisti.
Una caratteristica comune | Recensione Alice in Borderland
Sebbene possa sembrare solo un survival game, Alice in Borderland nasconde in sé molto più di questo. È una metafora della realtà, una rappresentazione per molti versi accurata della condizione in cui versano molti giovani di oggi. Per capirlo, è necessario soffermarsi su chi sono i personaggi catapultati in questo mondo. Che cos’hanno in comune?
- Arisu, il protagonista, è un ragazzo che non ha idea di cosa fare della propria vita, non studia, non lavora, il suo unico punto di riferimento sono i videogame che usa per estraniarsi dalla realtà e i suoi amici.
- Usagi, una ragazza che Arisu incontrerà sul suo cammino. Dopo il suicidio del padre, avvenuto a causa della disapprovazione sociale, ora è sola ed ha perso la voglia di vivere in un mondo che odia.
- Niragi, bullizzato nella vita reale, trova nel nuovo mondo la forza di diventare da vittima a carnefice, sfogando la sua rabbia repressa contro chiunque.
- Chishiya, il personaggio più enigmatico della serie, è completamente apatico alla vita, tanto da non avere paura della morte. Non prova compassione per gli altri, ne è interessato a loro. Per lui i game non sono altro che semplici giochi che riesce a vincere grazie alle sue incredibili capacità analitiche, manipolatorie e di osservazione.
Questi personaggi hanno una caratteristica in comune: sono considerati emarginati dalla società in cui vivono, non la comprendono e per questo la rifiutano. Questi però sono anche gli stessi personaggi che, nel nuovo mondo, riescono a sopravvivere. I loro difetti diventano armi che li portano alla vittoria in un mondo dove da perdenti quali erano, diventano leader.
Chishiya, distaccato e pragmatico, è uno dei personaggi più amati della serie.
Una metafora della società moderna
Questo tipo di rappresentazione non è casuale, ma è lo specchio di una società in cui i giovani dell’età dei protagonisti trovano molteplici difficoltà. Ecco perché Alice in Borderland è vista da molti come una metafora del mondo moderno.
In Giappone, Paese in cui la serie è ambientata, il livello di stress è alle stelle. I giovani in particolare, percepiscono la società quasi come un nemico, poiché essa vale più del singolo e se non sei in grado di adattarti ad essa, sei un emarginato. Sin da piccoli ai giapponesi viene insegnato ad essere i migliori, primeggiare nelle attività (scolastiche prima e lavorative poi), scansando la concorrenza.
L’Italia è poi così diversa? Forse no, se si pensa alla situazione in cui versano i giovani dell’eta dei protagonisti della serie. Da bambini pieni di sogni, che un tempo nutrivano la speranza di cambiare il mondo, si ritrovano ora a lottare per trovare un posto nella società. Il mondo del lavoro è uno dei pilastri di questo meccanismo. Accaparrarsi un posto è sinonimo di sacrificio e sfida; per averlo bisogna primeggiare sugli altri. Solo così potrai riuscire, dopo colloqui su colloqui, test attitudinali, psicologici e a volte anche fisici, a sbaragliare la concorrenza, risultando il migliore.
I game di Alice in Borderland non sono poi così diversi. Se vuoi sopravvivere sei costretto a metterti in gioco. È una costante lotta contro gli altri, ma anche contro te stesso, per dimostrare chi è il migliore. Non ti resta che continuare a lottare per poter vincere e sopravvivere in un mondo in cui non sei tu a decidere come vivere, perché le regole le fa qualcun altro e se ti fermi, sei comunque finito.
La serie però lascia anche una vena di speranza. Se il mondo reale è crudele, non devi esserlo anche tu. Coltivare la speranza, l’amicizia e la solidarietà è la chiave per vivere in un mondo che spesso non fa sconti. Del resto, sono proprio queste caratteristiche a dare senso alla nostra esistenza e a quella degli altri.
Punti a favore
- Trasposizione fedele al manga
- Scene d'azione coinvolgenti
- Buon alternarsi tra momenti d'azione e momenti di riflessione
- Buona fotografia e regia
Punti a sfavore
- Plot armor pesante
- Ritmo altalenante
- Personaggi che avrebbero meritato maggiore spazio
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