Presentato in concorso al Festival del Cinema di Venezia 2019, Martin Eden di Pietro Marcello è un film dai forti accenti sperimentali e di non immediata comprensione. Liberamente tratto dal famoso romanzo di Jack London, regala a Luca Marinelli il ruolo principale del marinaio che sogna di diventare scrittore, ad ogni costo. Questa la nostra recensione
TITOLO ORIGINALE: Martin Eden. GENERE: drammatico. NAZIONE: Italia. REGIA: Pietro Marcello. CAST: Luca Marinelli, Carlo Cecchi, Jessica Cressy, Denise Sardisco. DURATA: 127 min. DISTRIBUTORE: 01 Distribution. USCITA CINEMA: 04/09/2019.
Trailer e sinossi | Recensione Martin Eden
Liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Jack London, Martin Eden è un personaggio fittizio, nato in una famiglia di umili origini, si guadagna da vivere facendo il marinaio. Dopo un fortuito incontro con il giovane Arturo Orsini, inizia a frequentare la famiglia di quest’ultimo. La famiglia Orsini fa parte dell’alta borghesia e quella che sembrava un’occasione di miglioramento diventa un bisogno nel momento in cui Martin si innamorata della sorella di Arturo, Elena. Eden si impegna anima e corpo per migliorare la propria cultura e diventare uno scrittore, vivendo delle sue opere nonostante un’istruzione basilare. La strada è tutt’altro che semplice, ma mano a mano che riesce a trovare editori interessati alle sue opere, sente di star tradendo le proprie origini. La corruzione dell’anima passa attraverso il successo.
Avanguardia, meta-cinema, flusso di coscienza | Recensione Martin Eden
Martin Eden non è un film semplice e nemmeno immediato. Pietro Marcello ha diretto una pellicola potente, che prende a schiaffi lo spettatore e al contempo lo conduce per mano verso una corruzione irreversibile dell’anima del protagonista. Immagini di repertorio mostrate in punti strategici del film, sottolineano quali sono i momenti in cui di volta in volta Martin Eden strappa e lacera la propria anima nella ricerca di un ideale utopistico. L’aver trasposto la storia da San Francisco nei primi anni del ‘900 a Napoli ha portato un realismo calzante alla storia, che permette ad un pubblico contemporaneo di calarvisi senza troppe domande. L’intero film si porta dietro un’atmosfera antica, quasi dimenticata, con richiami alla scuola Veneziana per quanto riguarda l’utilizzo dei colori nei costumi e nella scenografia. I colori principali, infatti, sono l’azzurro e il rosso che pongono l’accento sulla classe sociale cui appartengono i personaggi che li indossano. Il blu sottolinea l’aristocratico, l’eleganza e la leggerezza della controparte femminile di Eden, Elena. Il rosso fa riferimento al socialismo e di conseguenza alle origini di Eden e alla ragazza che ha conosciuto quando era ancora un umile marinaio, Margherita.
Il protagonista unico e incontrastato è però Martin Eden, nella sua evoluzione da disgraziato a borghese tenta di cambiare il suo modo di vestire e infatti passa da camicie con tonalità calde a vestaglie blu di seta. Compare in ogni scena e che in ogni scena perde un pezzo di sè stesso man mano che “migliora” la sua posizione sociale. Passa dall’essere un marinaio che seduce giovani ragazze al porto ad uno snob che disprezza la poca istruzione delle stesse ragazze che prima corteggiava. La cultura anziché innalzarlo lo corrompe al punto di diventare una sorta di ombra di sè stesso. Il richiamo ad una sorta di patto col diavolo che lo consuma e lo rende più indolente ad ogni desiderio che esaudisce.
La metafora della nave che affonda accompagna lo spettatore | Recensione Martin Eden
Martin Eden viene dal mare e il mare lo accompagna per tutta la vita. Pietro Marcello ha scelto di creare una sorta di metafora con immagini di repertorio fra Eden e un veliero. Finché Martin rimane fedele a sè stesso il veliero naviga tranquillamente, man mano che la scrittura diventa una fissazione, una malattia, il veliero inizia ad avere problemi, fino a quando l’anima di Eden ormai disillusa e lacerata si affianca alle immagini del veliero che affonda.Â
La regia è criptica e sperimentale, non è sicuramente limpida e immediata come nei blockbuster americani. Va compresa e sviscerata e probabilmente necessita di più di una visione. Ciò che veramente colpisce è la fotografia. Idilliaca. Calcolata come un colpo di pennello, ogni inquadratura potrebbe essere fermata e utilizzata come quadro. Ci sono forti richiami ai dipinti del 1600, in particolare la giovane Elena Orsini in molte scene ricorda La ragazza con l’orecchino di perla, una bellezza quasi angelica, intoccabile, elevata.Â
Luca Marinelli istrionico salva un cast discutibile
Luca Marinelli si cala completamente nelle vesti di Martin Eden, recitando con un accento napoletano decisamente credibile nonostante sia romano. Una performance gigantesca in cui padroneggia ogni inquadratura da quelle più intimistiche a quelle più cariche. Un crescendo di pathos che si legge negli occhi dell’attore. Talmente bravo da far sembrare pessimi tutti gli altri esponenti del cast. In particolare l’attrice che interpreta Elena Orsini risulta poco credibile con una recitazione ai limiti del ridicolo e che ha un picco in negativo nell’ultima scena che la vede protagonista in cui dovrebbe essere disperata e afflitta ma risulta quasi comica per l’incapacità di sostenere il confronto con l’exploit di Marinelli. La sceneggiatura certo non la aiuta, poiché al suo personaggio sono state riservate battute impostate e banali, al limite della prevedibilità .Â
Martin Eden è sicuramente un film d’autore, non per tutti i palati, ma di grande impatto. Una visione impegnativa che potrebbe premiarlo a Venezia76 e anche al Toronto Film Festival di cui è entrato in selezione ufficiale. Questa era la nostra recensione di Martin Eden, voi lo avete visto? Cosa ne pensate? Fatecelo saper nei commenti e continuate a seguire tuttoteK per le ultime novità dal Festival di Venezia e non solo!
Punti a favore
- Luca Marinelli istrionisco
- Avanguardia e metafore ispirate
- Fruibile nella società contemporanea nonostante l'ambientazione nei primi del '900
- Fotografia idilliaca
Punti a sfavore
- Protagonista femminile non all'altezza
- Immagini di repertorio troppo numerose
- Messaggio finale di non facile comprensione
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