L’Academy ha annunciato importanti modifiche in vista di una maggiore inclusività. Questi cambiamenti partiranno dagli Oscar 2024 e riguarderanno la categoria miglior film
Nella notte, l’organizzazione degli Oscar ha rilasciato un’importante documento che sicuramente farà molto discutere. Nell’ottica di una maggiore inclusività, sono stati infatti aggiunti quattro “standard” che devono essere rispettati per concorrere nella categoria “Miglior Film” degli Oscar. Precisamente non è necessario soddisfare tutti e quattro i requisti ma ne bastano almeno due. Questi quattro “standard” sono in realtà delle macro-categorie che contengono una serie di clausole da rispettare. A volte è sufficiente soddisfare una sola clausola, altre volte è richiesto il soddisfacimento di più clausole. In generale, comunque, i quattro requisiti generali riguardano, rispettivamente: ciò che è davanti alla macchina da presa, la troupe, lo studio cinematografico e tutte le aree legate ad altri aspetti dello sviluppo e uscita del film.
Scopo di questa importante riforma è appunto aumentare l’inclusività, ovvero promuovere film che hanno un equa rappresentazione in termini di identità di genere, orientamento sessuale, etnia e disabilità. I nuovi requisiti entreranno in vigore definitivamente dagli Oscar 2024 e riguarderanno soltanto la categoria di “miglior film”. Tuttavia, già a partire dall’edizione 2022, sarà richiesto, a coloro che vogliono partecipare alla categoria “miglior film”, la compilazione di un questionario riguardante proprio gli standard sopra citati. In quest’ultimo caso però gli standard non saranno vincolanti ma solo presi in considerazione. David Rubin, presidente dell’Academy, e Dawn Hudson, CEO, hanno commentato così l’annuncio della riforma:
Dobbiamo ampliare il nostro sguardo per riflettere la popolazione globale sia nella creazione di film che nel pubblico che li guarda. Crediamo che questi standard di inclusione saranno catalizzatori di un profondo e duraturo cambiamento nella nostra industria
Oscar: le clausole per rientrare nella categoria miglior film
Andiamo a guardare meglio qualche clausola che dovrà essere rispettata per l’eleggibilità a miglior film. Se ad esempio si volesse rispettare il primo standard, riguardante ciò che è davanti alla macchina da presa, dovremmo avere almeno un attore protagonista o non protagonista appartenente ad etnia sotto-rappresentata. Oppure almeno il 30% degli attori secondiari deve essere di sesso femminile o appartenere a gruppo etnico sotto-rappresentato oppure rientrare nel c.d. LGBTQ+ o avere una qualche disabilità. Infine, ultima condizione “alternativa”, è che la trama si concentri su un gruppo sotto-rappresentato come certe etnie, il mondo femminile o ancora LGBTQ+ e le disabilità.
Questa “inclusività” caratterizza poi anche tutti gli altri tre standard generali. Le produzioni, come già detto, dovranno rispettare almeno due di questi standard generali. La domanda che ci chiediamo, è questa: siamo sicuri che questa sia la giusta strada? Il rischio è che grandi opere cinematografiche non vengano nemmeno considerate poichè appunto “poco inclusive” per l’Academy.
Oscar: una riforma che farà discutere
Lo scopo di questa riforma è sicuramente da lodare ma forse sono i mezzi ad essere fin troppo rigidi. Magari sarebbe stato meglio promuovere un sistema di incentivazione piuttosto che precludere l’accesso in questo modo. Va poi considerato, per quanto riguarda la sotto-rappresentanza di certe etnie, che il problema non è solo razziale ma anche culturale ed economico.
Il motivo per cui gli Oscar hanno sempre premiato film americani deriva semplicemente dal fatto che Hollywood è a Los Angeles e i membri votanti sono per lo più statunitensi. In questo senso sono sicuramente da apprezzare le recenti riforme in tema di diversificazione etnica del gruppo votante. Rimane però appunto il problema culturale ed economico. Ne è un esempio l’Italia che non è più sicuramente la stessa potenza cinematografica che era durante gli anni del boom economico. Dietro a questa flessione non vi è sicuramente un discorso di pregiudizi razziali ma piuttosto una questione culturale e di mercato cinematografico. Flessione che peraltro è da imputare non soltanto al sistema statunitense ma anche a quello italiano, ovviamente.
Sarebbe più bello, insomma, che l’Academy si concentrasse anche sull’eccessiva produzione hollywoodiana, a discapito di altri Stati, piuttosto che esclusivamente sulla diversificazione nei film. La tematica rimane in ogni caso scottante e foriera di numerose discussioni. Speriamo quindi che l’Academy continui sulla strada dell’inclusività, senza però arrivare a questi eccessi, anche ipocriti, di “politically correct”.
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